Partiamo dal quartiere Pigneto, esattamente da via Fanfulla da Lodi, dove si trova la fiaschetteria in cui l’Accattone di Pasolini si ritrova con gli amici, per spostarci in un altro bar, quello di viale Carso in cui il Nanni Moretti di Ecce bombo grida “Ve lo meritate Alberto Sordi!”.
Poi ecco piazza di Spagna, set del funerale di John Keats (che lì abitava) e di quello ricostruito da Jane Campion in Bright Star. Poco lontano si trova la Fontana di Trevi, magnifico teatro del bagno di Anita Ekberg ne La dolce vita, una delle sequenze più famose della storia del cinema. Ora siamo in piazza del Campidoglio: sulla statua di Marco Aurelio parla Erland Josephson prima di darsi fuoco in Nostalghia di Tarkovskji. Non lontano, in piazza Mattei, troviamo Palazzo Costaguti, sede dell’albergo in cui Nina interpretata da Liza Minnelli lavora come cameriera nel film diretto da suo padre Vincente Minnelli.
Attraversiamo il Tevere per arrivare in via di Santa Dorotea, dove ancora Fellini ambienta la festa in piazza nel monumentale Roma. Da via Garibaldi fino al fontanone del Gianicolo, immortalato da La grande bellezza di Sorrentino. Ci spostiamo all’Eur, quartiere prediletto da registi visionari e innovativi. Tra loro Peter Greenaway, che qui girò Il ventre dell’architetto soffermandosi sul Palazzo della Civiltà Italiana, e Michelangelo Antonioni che in L’eclisse sceglie il bivio tra viale della Tecnica e viale del Ciclismo come luogo in cui si danno appuntamento Monica Vitti e Alain Delon. Nessuno dei due si presenterà.
1. Via Fanfulla da Lodi, 68 (Pigneto)
VIA FANFULLA DA LODI: ACCATTONE DI PIER PAOLO PASOLINI (1961)
IL LUOGO
Così Pier Paolo Pasolini scrive il 16 ottobre 1960, ricordando il set di Accattone nel quartiere di quella periferia romana che definisce “la corona di spine che cinge la città di Dio”.
“Erano giorni stupendi, in cui l’estate ardeva ancora purissima, appena svuotata un po’ dentro, dalla sua furia. Via Fanfulla da Lodi, in mezzo al Pigneto, con le casupole basse, i muretti screpolati, era di una granulosa grandiosità, nella sua estrema piccolezza; una povera, umile, sconosciuta stradetta, perduta sotto il sole, in una Roma che non era Roma. L’abbiamo riempita: una dozzina di attori, l’operatore, i macchinisti, i fonici. Ma poiché non c’erano i “gruppi”– di cui io non ho mai voluto sentir parlare – l’operazione aveva un’aria tranquilla: sembravamo operai in mezzo agli altri operai che lavoravano nelle piccole officine del Pigneto”.
LA STORIA
Nel cuore del Pigneto, in via Fanfulla da Lodi 68, c’è il bar Necci, storico locale degli anni Venti, frequentato da Pasolini, ma troppo pulito e borghese per farne il punto di ritrovo di Accattone e dei suoi amici sottoproletari. Servirà a ospitare il cast del film e le riunioni del regista con i collaboratori, per il set invece occorre inventarsi un bar posticcio pochi metri più avanti, al civico 50 che, sia all’epoca che oggi, è un’abitazione privata. Vittorio Cataldi detto Accattone (interpretato da Franco Citti) abita in via Ettore Giovenale 101, una parallela di via Fanfulla da Lodi, come ricorda una targa affissa al muro (“Casa dell’Accattone edificata MCMXL restaurata MMV Accattone film Pasolini 1961”). La fontanella alla quale il protagonista beve è in via del Pigneto e in una traversa di questa, via Riccio da Parma, si trova la casa dello Scucchia (Giovanni Orgitano). E ancora via Formia e piazza Roberto Malatesta. Ma la sintonia perfetta tra l’anima popolare del film e il quartiere che ne fu la location naturale è dimostrata dal nome che è stato dato alla strada privata all’angolo di via Giovenale: vicolo dell’Accattone. Un esempio quasi unico di simbiosi indissolubile tra l’immaginario cinematografico e i luoghi veri, tra la fiction e la realtà. L’esordio nella regia di Pasolini, con l’intento di portare sullo schermo del cinema l’epica delle borgate romane già sperimentata nei romanzi, avrebbe dovuto essere prodotto da Fellini, che poi si tirò indietro per essere sostituito da Alfredo Bini. La fotografia di Tonino Delli Colli e le scenografie di Flavio Mogherini impaginano il degrado e la vitalità sublimati dalle musiche di Bach. L’aiuto regista è il giovane Bernardo Bertolucci, a doppiare Citti è la voce di Paolo Ferrari.
NELLE VICINANZE
In via Renzo da Ceri abita Nino Manfredi nel film di Nanni Loy Audace colpo dei soliti ignoti (1960), la cui visione è utile per misurare la trasformazione del Pigneto, dalle baracche dell’epoca allo sviluppo urbanistico attuale. In questo film il ponte tra via del Pigneto e la circonvallazione Casilina viene spacciato addirittura per una zona di Milano.
2. Viale Carso, 10 (della Vittoria)
VIALE CARSO: ECCE BOMBO DI NANNI MORETTI (1978)
IL LUOGO
La vittoria che dà il nome al quartiere è quella della Prima guerra mondiale, come dimostra la toponomastica della zona, ma ancor più famosa è la vittoria di Costantino su Massenzio nel 312 a Ponte Milvio, il luogo più importante di quest’area per lo più residenziale. Il quartiere che nell’antichità ospitava la villa di Marziale oggi è legato soprattutto alla Rai, per le sedi storiche di via Teulada, via Asiago e viale Mazzini. Viale Carso prende il nome dalla zona più combattuta dal fronte italiano nella Grande Guerra.
LA STORIA
In viale Carso 10 c’è il bar (oggi si chiama Irma Bistrò) dal quale Nanni Moretti-Michele Apicella viene buttato fuori per avere aggredito un cliente qualunquista (“Rossi o neri sono tutti uguali”) urlandogli contro: “Ma che siamo in un film di Alberto Sordi? Te lo meriti Alberto Sordi”. C’è anche un graffio polemico contro Nino Manfredi, accusato di ostentare sfacciatamente nei suoi film i pacchetti di Marlboro per una pubblicità non proprio occulta. È il 1978 e il giovane Nanni Moretti sferra l’attacco contro l’establishment della commedia all’italiana (celebre il suo scontro televisivo con Mario Monicelli nella trasmissione Match di Alberto Arbasino) in nome di un nuovo cinema. Che all’epoca sembrò rappresentativo di una generazione e il tempo ha invece dimostrato che era l’inizio di un’autoanalisi esistenziale attraverso il linguaggio filmico che avrebbe fatto procedere a braccetto la vita e l’arte di Moretti. Elzeviri in forma di film, come Caro diario e Aprile, o trasfigurazioni di paure, tic, nevrosi di un intellettuale con il senso dello spettacolo. Dal grido surreale di un robivecchi sulla spiaggia di Ostia, Ecce bombo è il titolo felice che corrisponde a un’esistenza buffa e disperata, critica verso la società, ma confusa rispetto a se stessa, ribelle ma disorientata. Il film riesce a rispecchiare tutto questo nella struttura frammentaria, nella novità dell’atmosfera di comica inquietudine, nel cast che miscela attori professionisti (Lina Sastri, Glauco Mauri) e amici o parenti (Giampiero Mughini, Paolo Zaccagnini, il padre Luigi Moretti). È un film di culto, entrato nell’immaginario collettivo al punto che molte battute sono citate ancora oggi come spie rivelatrici di atteggiamenti universali.
NELLE VICINANZE
In via Col di Lana 20 c’è lo storico Teatro delle Vittorie, tra i più famosi d’Italia: inaugurato nel gennaio 1944 dalla compagnia di Totò e Anna Magnani, poi palcoscenico dei successi di Erminio Macario, fu acquistato dalla Rai alla fine degli anni Cinquanta ed è stato la location dei grandi spettacoli di varietà del sabato sera, da Studio Uno a Canzonissima, da Teatro 10 a Milleluci, da Fantastico a Scommettiamo che?. Tutto il mondo dello spettacolo nazionale e internazionale si è esibito qui. Oggi è il set dei Soliti Ignoti con Amadeus.
3. Piazza di Spagna, 26 (Colonna)
PIAZZA DI SPAGNA: BRIGHT STAR DI JANE CAMPION (2009)
IL LUOGO
Cantata nei sonetti di Belli, è la piazza di Roma che più di ogni altra ha affascinato, oltre ai nostri Leopardi e Rossini, gli artisti internazionali che hanno visitato la città: dal poeta, narratore e drammaturgo tedesco Goethe allo scrittore francese Stendhal, dal danese Hans Christian Andersen, grande autore di fiabe, fino ai poeti inglesi Byron e Shelley. E. T. A. Hoffmann, che pure a Roma non mise mai piede, ambienta il romanzo fantastico La principessa Brambilla in una piazza di Spagna invasa dal Carnevale.
LA STORIA
John Keats si innamora a tal punto di piazza di Spagna da venire ad abitarci, al civico 26, ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti, sulla destra. Qui morirà nel 1821, a soli 25 anni. Oggi la casa è sede di un museo dedicato a lui e a Shelley. Così l’australiana Jane Campion viene a girare in piazza di Spagna le sequenze finali di Bright Star che racconta la vita di Keats, da allora sepolto nel cimitero acattolico di Roma del quartiere Testaccio, in via Marmorata, dietro la Piramide Cestia. Il grande poeta londinese è interpretato dall’ottimo Ben Whishaw, ma la vera protagonista è Abbie Cornish, straordinaria nel ruolo della fidanzata Fanny Brawne: è attraverso il suo sguardo che la cinepresa di Jane Campion vince la sfida di fondere la storia d’amore, l’origine dell’ispirazione poetica e il calvario della malattia. Come per dire che, senza l’amore della dolce Fanny, il poeta più travolgente del Romanticismo inglese sarebbe stato un freddo accademico. Perché l’arte nasce dal talento, ma si sviluppa con il vissuto. Quello di Keats è però anche un destino di morte precoce, doloroso e dunque perfetto per assicurare l’immortalità ai suoi versi. La fotografia di Greig Fraser e i costumi di Janet Patterson rievocano con rigorosa suggestione l’atmosfera ottocentesca, mentre la sceneggiatura, scritta dalla stessa regista, riprende alla lettera frasi dello stesso Keats estratte dal suo epistolario, oltre a far recitare molte composizioni del poeta, compreso il sonetto che dà il titolo al film: la “stella luminosa”, che nei versi di Keats, si riferiva proprio all’amata Fanny.
NELLE VICINANZE
Il Caffè Greco in via Condotti 86, a due passi da piazza di Spagna, è il più celebre caffè storico di Roma, fondato nel 1760. I tavoli di marmo sono sempre quelli ai quali si sono seduti, oltre che Keats e Shelley, artisti e celebrità di ogni tempo e provenienza (Baudelaire, D’Annunzio, Joyce, Schopenhauer, Liszt, perfino Buffalo Bill). Nel Novecento viene frequentato anche dai grandi nomi del cinema, come Orson Welles, Ennio Flaiano, Mario Soldati, Pier Paolo Pasolini, Lea Padovani, Krzysztof Zanussi.
4. Piazza di Trevi (Trevi)
FONTANA DI TREVI: LA DOLCE VITA DI FEDERICO FELLINI (1960)
IL LUOGO
La più grande e famosa fontana di Roma costituisce la mostra terminale dell’Acqua Vergine, acquedotto voluto da Marco Vipsanio Agrippa nel 19 a.C. unico degli acquedotti romani in uso fino ai nostri giorni. La realizzazione della fontana inizia nel 1453 per essere poi inaugurata da papa Clemente XII nel 1762, passando nei secoli attraverso i progetti di Leon Battista Alberti, Bernardo Rossellini, Gian Lorenzo Bernini, Nicola Salvi e Giuseppe Pannini. Il gruppo statuario, opera di Pietro Bracci, rappresenta Oceano sulla conchiglia trascinata dai cavalli alati (uno placido e uno agitato, a significare la doppia natura del mare), affiancato da statue dell’Abbondanza e della Salubrità. La tradizione del lancio della monetina da parte dei turisti garantisce una cifra annuale intorno al milione e mezzo di euro, che il Comune elargisce alla Caritas.
LA STORIA
Il bagno di Marcello Mastroianni e Anita Ekberg nella Fontana di Trevi è una delle sequenze più celebri della storia del cinema. Girata tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo 1959, richiede una settimana di lavorazione durante la quale il set notturno è sempre circondato da una folla di curiosi che si accalca sulla piazza. La temperatura fredda e l’acqua gelata costringono Mastroianni a indossare sotto i vestiti una muta da sub e a ubriacarsi di vodka prima di entrare nella fontana. La scena sarà rievocata da Ettore Scola in C’eravamo tanto amati, con Fellini e Mastroianni chiamati a recitare loro stessi sul set intorno alla fontana.
Capolavoro del cinema e fenomeno di costume, fotografia di un’epoca e profezia visionaria della società futura, critica spietata di un mondo vuoto e testimonial turistico di una Roma magica, “La dolce vita” – scrisse Pasolini – “è troppo importante perché se ne possa parlare come si fa di solito di un film”. Ha inventato il mito di via Veneto (peraltro mai ripresa dal vero, ma ricostruita nel Teatro 5 di Cinecittà), ha creato neologismi, come ‘paparazzo’ (nome del personaggio del fotografo interpretato da Walter Santesso e da lì diventato sostantivo comune) e lo stesso ‘dolcevita’ (poi maglione girocollo), ha segnato il debutto cinematografico di Umberto Orsini, Adriano Celentano e Valeria Ciangottini, ha costituito uno spartiacque tra il Fellini ‘realista’ e quello ‘onirico’. Scritto da Fellini insieme a Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, musicato dalla celebre colonna sonora di Nino Rota, è un affresco corale che racconta la decadenza morale ed esistenziale sul palcoscenico delle antiche bellezze romane (significativa anche la sequenza del night dentro le Terme di Caracalla).
NELLE VICINANZE
In via delle Vergini 7 c’è il teatro Quirino, costruito nel 1871 e ristrutturato nel 1914 da Marcello Piacentini. Il suo storico palcoscenico è stato calcato dai più grandi registi e attori dello spettacolo italiano: Ettore Petrolini ed Eduardo De Filippo, Giorgio Strehler e Luca Ronconi, Paolo Stoppa e Carlo Giuffrè, Carmelo Bene e Vittorio Gassman, al quale il teatro è stato dedicato dal 2004.
5. Piazza del Campidoglio (Campitelli)
PIAZZA DEL CAMPIDOGLIO: NOSTALGHIA DI ANDREJ TARKOVSKJI (1983)
IL LUOGO
Il Campidoglio è uno dei sette colli sui quali Roma fu fondata, sede di un antichissimo villaggio e di numerosi templi. Nel 1536, per l’arrivo in città di Carlo V, papa Paolo III affida a Michelangelo la ristrutturazione della piazza, che da allora ha al centro la statua di Marco Aurelio ed è raggiungibile attraverso la Cordonata, scalinata a gradoni larghi progettata dallo stesso Michelangelo. L’artista, in seguito, realizza anche la facciata del Palazzo Senatorio con la fontana, restaura Palazzo dei Conservatori e progetta il Palazzo Nuovo. Dopo la sua morte, i lavori vengono affidati a Giacomo della Porta e Carlo Rainaldi e terminano nel 1655. Oggi la piazza è il cuore della città: Palazzo Senatorio, affacciato sui Fori, è la sede del Consiglio Comunale e Palazzo Nuovo ospita i Musei Capitolini che, aperti dal 1734, sono considerati il primo museo pubblico mondiale.
LA STORIA
“Qualcuno deve gridare che costruiremo le piramidi: non importa se poi non le costruiremo, bisogna alimentare il desiderio”. Così Erland Josephson, nel ruolo del folle Domenico, arringa un pubblico di matti e di emarginati durante una manifestazione sulla piazza del Campidoglio. Grida il suo discorso accorato seduto a cavallo della statua di Marco Aurelio, in un luogo fortemente significativo della storia e della cultura occidentale. Marco Aurelio è ricordato come il più colto e saggio degli imperatori e Domenico rappresenta il fool shakespeariano, l’idiota di Dostoevskij, cioè il pazzo portatore di saggezza, il diverso ancora capace di avere fede, di alimentare il senso del sacro e di spronare gli altri alla conversione. È l’artista, il poeta nel quale Andrej Tarkovskji e Tonino Guerra – che hanno scritto insieme il film – si identificano. “Non sono matti ma sono seri”, proclama uno striscione tra la folla che assiste all’estremo sacrificio di Domenico che, concluso il suo monologo, accompagnato dalle note dell’Inno alla Gioia di Beethoven, si cosparge di benzina e si dà fuoco. L’incontro tra il regista russo (che dà al poeta protagonista del film, interpretato da Oleg Jankovskij, il suo stesso nome Andrej) e lo sceneggiatore romagnolo si accende proprio nella sequenza del rogo sul Campidoglio, a rafforzare col martirio l’appello disperato per la salvezza del mondo, che soltanto la fede potrà procurare. Domenico è il profeta di un cinema di poesia, intriso di misticismo slavo e di arte cristiana occidentale (ci sono Piero della Francesca e l’Abbazia di San Galgano), profondamente suggestivo e affascinato dalla ritualità.
NELLE VICINANZE
Di fronte a piazza del Campidoglio, a Palazzo Muti Bussi, in via dell’Aracoeli 2, abitava Ennio Morricone. Proprio nel suo attico, con vista panoramica sul Campidoglio e piazza Venezia, il maestro ha scritto gran parte delle 500 colonne sonore da lui composte in settant’anni di carriera e Giuseppe Tornatore vi ha ambientato l’intervista del film Ennio (2021).
6.Piazza Mattei (Sant’Angelo)
PALAZZO COSTAGUTI: NINA DI VINCENTE MINNELLI (1976)
IL LUOGO
Al civico 10 di piazza Mattei c’è Palazzo Costaguti, dal nome della famiglia di banchieri liguri che lo acquistò nel 1578: costruito agli inizi del Cinquecento sul sito di un antico tempio romano, il palazzo è decorato da preziosi affreschi di Guercino, Federico Zuccari, Poussin e del Cavalier d’Arpino. Nelle tragiche giornate dell’ottobre 1943, funestate dai rastrellamenti nazisti nel ghetto, il marchese Achille Costaguti e la moglie Giulia Florio nascosero all’interno del palazzo decine di ebrei, salvandoli dallo sterminio.
LA STORIA
Oggi all’interno del palazzo c’è un albergo di lusso, il Costaguti Experience. In questo film del 1976 è la sede dell’Hotel Imperiale, nel quale la giovane Nina, interpretata da Liza Minnelli, trova lavoro come cameriera. L’albergo è decadente, come l’atmosfera crepuscolare dell’intera storia, l’ultima diretta da Vincente Minnelli (1903-1986). Liza interpreta il ruolo di una ragazza umile che, grazie al viaggio romano, diventerà una diva del cinema. Il grande regista hollywoodiano, padre dell’attrice, sembra attribuire a Cinecittà il primato della consacrazione cinematografica e gira, a 73 anni, la sua ultima opera, un ultimo gesto di amore per il cinema da condividere con la figlia Liza. Roma è insieme fatiscente e affascinante, incantata e terminale, in un film che nasconde sotto la superficie la complessità di una messinscena che spettacolarizza il rapporto tra arte e vita, l’importanza del travaso di esperienze tra generazioni e lo struggimento del passare del tempo medicato dal balsamo del cinema.
L’autobiografia si mescola con naturalezza al citazionismo cinefilo, il cast eterogeneo conferisce al film lo status di stracult, il corto circuito tra verità e finzione sprizza scintille: all’Hotel Imperiale Nina-Liza Minnelli incontra la contessa Lucrezia Sanziani-Ingrid Bergman, grazie alla quale diventerà un’attrice di successo, che spirerà tra le braccia di una suor Pia interpretata da Isabella Rossellini, figlia della Bergman. E poi un cast internazionale da tesi di laurea: Amedeo Nazzari e Charles Boyer, Fernando Rey e Anna Proclemer, Gabriele Ferzetti e Arnoldo Foà, Tina Aumont e Orso Maria Guerrini. Un omaggio al cinema come sogno che risarcisce il deficit della realtà, un testamento spirituale filmato a Roma.
NELLE VICINANZE
A pochi passi da piazza Mattei, in via Michelangelo Caetani, fu ritrovata il 9 maggio 1978 la Renault 4 rossa con il cadavere dell’onorevole Aldo Moro, ucciso dalle Brigate Rosse. La scena è stata ricostruita nel punto esatto di quella strada da Marco Bellocchio nel film Esterno notte (2022)
7. Via di Santa Dorotea (Trastevere)
VIA DI SANTA DOROTEA: ROMA DI FEDERICO FELLINI (1972)
IL LUOGO
La via prende il nome dalla chiesa di Santa Dorotea, le cui origini risalgono all’VIII secolo, quando era dedicata a San Silvestro. Nel 1500 vi viene collocata la salma della martire Dorotea, decapitata in Cappadocia sotto Diocleziano. A metà del Settecento la chiesa viene ristrutturata dall’architetto Giovan Battista Nolli. Ma la via è famosa soprattutto per la casa al civico 20, all’angolo con via di Porta Settimiana: secondo la tradizione, all’inizio del Cinquecento era l’abitazione di Margherita Luti, la Fornarina di Raffaello, figlia di un fornaio che aveva la bottega a pianoterra e amante e musa del pittore, che la ritrasse più volte. Ancora oggi è visibile la finestra ad arco dalla quale la leggenda dice che la ragazza si affacciasse per parlare con Raffaello. Quando lui morì, lei si fece suora nel vicino monastero di Santa Apollonia.
LA STORIA
“Voglio fare una ripresa in elicottero: vedere, da sopra, come si formano le nuvole su Roma, riprendere queste grandi masse d’ogni colore che si accumulano, si rompono, si sfilacciano”, così dice Federico Fellini allo sceneggiatore Bernardino Zapponi, che racconta la genesi del film che il regista riminese dedica alla Capitale. “Il Ponentino. Come nasce questo famoso venticello? Da dove parte? Ecco, mi piacerebbe coglierlo dall’inizio, seguirlo nella sua via verso Roma, riprendere la gente che se lo sente passare addosso, mentre è nei più diversi ambienti, al caffè, a letto, per la strada”. E la macchina da presa di Fellini sarà davvero un ponentino che attraversa la città, con la massima libertà narrativa, tra documentario visionario e scrigno di ricordi, la magia della bellezza e il tanfo di morte: Roma come un palcoscenico dove si mette in scena la ritualità del sacro e del volgare, officiata da preti e puttane, il film come un’autobiografia rispecchiata e sfaccettata nelle forme della romanità.
Nel cuore di Trastevere, durante una chiassosa festa popolare de ‘Noantri, la chiesa di Santa Dorotea appare coperta da un drappo rosso circondato da lucine da teatrino di quartiere e lo sguardo “ponentino” della cinepresa percorre piazza de’ Renzi e piazza Santa Maria in Trastevere. In una celebre sequenza il vento è rappresentato da un gruppo di motociclisti che parte da Castel Sant’Angelo, passa per piazza del Popolo e arriva al Colosseo. E poi la Stazione Termini, piazza di Spagna, il Foro Italico, la tomba di Cecilia Metella presidiata da una prostituta e San Giovanni in Laterano dove un pastore porta a pascolare le pecore. C’è tutto l’itinerario turistico, ma Fellini non cerca l’effetto cartolina: Roma è una mappa dell’anima.
NELLE VICINANZE
In via di Santa Dorotea 13, di fronte alla chiesa, abitava Lorenza Mazzetti (1927-2020), regista di prima fila del free cinema inglese degli anni Cinquanta (K, Together) e, insieme a Ferreri, Maselli, Risi, Vancini e altri, del film a episodi “Le italiane e l’amore” (1961), ideato da Zavattini. Dalla sua autobiografia “Il cielo cade” è stato tratto nel 2000 il film omonimo dei fratelli Frazzi. Nel suo appartamento trasteverino ospitava spesso gli amici Richard Harris e Malcom McDowell.
8. Via Garibaldi (Trastevere)
FONTANA DELL’ACQUA PAOLA: LA GRANDE BELLEZZA DI PAOLO SORRENTINO (2013)
IL LUOGO
In cima al colle del Gianicolo, la Fontana dell’Acqua Paola, detta a Roma “il Fontanone”, viene costruita nel 1612 dagli architetti Giovanni Fontana e Flaminio Ponzio con marmo ricavato dal Foro di Nerva, su commissione di papa Paolo V Borghese. È l’unica fontana romana con le insegne papali sulle colonne, tra raffigurazioni di draghi e aquile, mentre i due angeli sono scolpiti da Ippolito Buzio. Di fronte al Fontanone, la grande terrazza che si affaccia sulla città è uno dei punti panoramici più affollati dai turisti. Set molto amato di film, spot e foto per matrimoni.
LA STORIA
La prima sequenza inquadra il Fontanone, con il coro di donne sulla balaustra e il panorama mozzafiato che appare dalla terrazza. Talmente mozzafiato che un turista giapponese intento a scattare fotografie rimane vittima della sindrome di Stendhal al punto da morire di infarto di fronte alla “grande bellezza” della città. Il vincitore del Premio Oscar nel 2014 è, per molti versi, una versione degli anni Duemila di “Roma” di Fellini. Dopo questo inizio che coniuga bellezza e morte, l’occhio incantato e disgustato di Paolo Sorrentino si poserà sul Colosseo e su via Giulia, sul Lungotevere e su piazza Navona, sull’Aventino (con la cupola di San Pietro vista attraverso il buco nel Giardino del Priorato dei Cavalieri di Malta) e su San Pietro in Montorio, sulle Terme di Caracalla e sulla Fontana di Trevi, su Villa Giulia e su Palazzo Spada. Omaggio all’arte di Fellini e alla città di Roma, il film passa in rassegna tutte le location che il cinema ha visitato e che la fotografia di Luca Bigazzi impagina magicamente. Come La dolce vita negli anni Sessanta, la rappresentazione di una società in decadenza sullo sfondo di una Roma meravigliosa spreme i succhi più suggestivi dal corto circuito tra il vuoto interiore e il pieno esteriore, tra l’assenza di valori e l’eccesso di bellezza. Il protagonista Toni Servillo, nel ruolo di Jep Gambardella, è affiancato da due icone della romanità come Carlo Verdone e Sabrina Ferilli. Scritto dal regista con lo sceneggiatore Umberto Contarello e musicato da Lele Marchitelli mescolando canti sacri e Raffaella Carrà, il film ha diviso la critica tra entusiasti e detrattori, ma ha comunque il merito di aver riportato il cinema italiano a pensare in grande.
NELLE VICINANZE
Nei dintorni del Fontanone è ambientato Tutto quello che vuoi (2017) di Francesco Bruni: l’anziano poeta protagonista, interpretato da Giuliano Montaldo, abita in via Dandolo 63, mentre altre sequenze sono girate al Liceo Kennedy di via Nicola Fabrizi 7, in via Goffredo Mameli e in via Luigi Santini. A completare l’atmosfera romana molte location trasteverine dal bar S. Calisto di piazza San Calisto 3 alla tabaccheria di Donatella Finocchiaro in via del Moro 39.
9. Piazza Santi Giovanni e Paolo (Celio)
PALAZZO DELLA CIVILTÀ ITALIANA: IL VENTRE DELL’ARCHITETTO DI PETER GREENAWAY (1987)
IL LUOGO
In cima a una collina, alto 68 metri, strutturato attraverso 6 piani con 216 archi, il palazzo è chiamato dai romani il “Colosseo Quadrato” per il suo evidente tentativo di emulare il fasto architettonico dell’antichità romana aggiornando il modello dell’Anfiteatro Flavio all’estetica geometrica del ventennio fascista. Le 28 statue di marmo rappresentano arti e mestieri (poesia, filosofia, musica, pittura, agricoltura, commercio). Tra le opere moderne, nel museo all’aperto che è Roma, sembra quella più adatta a dialogare con i monumenti del passato.
LA STORIA
Peter Greenaway arriva a Roma a 17 anni per studiare la pittura del Rinascimento, ma rimane ancor più affascinato dall’architettura della città, “una incredibile successione di stili che copre 2500 anni”. Entusiasta per la scoperta che “tutte le epoche si trovano mescolate nell’architettura romana” e convinto che Roma sia “la città più antica e più viva d’Europa”, la sceglie per girarvi nel 1987 un film su questi temi, declinati sul versante mortuario. Il titolo si riferisce al ventre pronunciato dell’architetto americano Kracklite (Brian Dennehy), giunto a Roma per allestire al Vittoriano una mostra sull’architetto settecentesco Boullée. Mentre cresce il ventre della moglie incinta, quello di lui si gonfia per un tumore allo stomaco. Sarà la fotografa Flavia (Stefania Casini), per la quale posa per un servizio, a paragonare il ventre di lui a quello di un ritratto del Bronzino e a ritrarlo con degli scatti ispirati a esso.
L’incontro avviene all’interno del Palazzo della Civiltà Italiana. Quando il protagonista si affaccia alla finestra, Greenaway inquadra le statue dei Dioscuri e le facciate del palazzo, mentre all’interno passa in rassegna le foto appese al muro, scattate nei luoghi turistici romani (piazza Navona, Campidoglio, Fontana di Trevi). Quasi il Palazzo dell’Eur fosse a sua volta il ventre di una modernità che contiene il passato, ampiamente presente nel film: la festa per la mostra avviene al Pantheon, l’architetto visita il Mausoleo di Augusto e si sente male in piazza San Pietro. Il confronto tra la perfezione dell’arte classica e le responsabilità che tormentano un architetto contemporaneo si fondono nella Roma inedita del cinema di un genio eccentrico e visionario.
NELLE VICINANZE
In via Birmania 74 la villa che fu di Sergio Leone è oggi diventata la sede della Leone Film Group, società indipendente di produzione e distribuzione cinematografica fondata dal grande regista e oggi ereditata dai figli Andrea e Raffaella. Tra i molti successi La La Land, The wolf of Wall Street, Perfetti sconosciuti, Wonder, The Post, La pazza gioia.
10. Viale della Tecnica (Eur)
VIALE DELLA TECNICA: L’ECLISSE DI MICHELANGELO ANTONIONI (1962)
IL LUOGO
Nato alla fine degli anni Trenta per ospitare l’Esposizione Universale del 1942, nel ventennale della Marcia su Roma, ed esaltare il genio della civiltà italica, il quartiere dell’EUR doveva rappresentare la versione moderna della grandezza architettonica e artistica della Roma antica. Dopo il crollo del fascismo il quartiere diventa sede di uffici, enti e ministeri. L’atmosfera metafisica dei colonnati, dei lunghi viali e delle architetture geometriche crea un clima di malinconia e solitudine che il cinema ha spesso sfruttato.
LA STORIA
Il paesaggio deserto di una calda estate romana coincide con la tensione di Vittoria, una Monica Vitti “sola, stanca, avvilita, disgustata, sfasata” che cerca l’amore nel giovane agente di cambio Piero (Alain Delon). Contrapponendo i nervi ultrasensibili di lei allo spietato mondo della Borsa di lui, Antonioni sceglie l’eclisse di sole come simbolo dell’oscuramento dei sentimenti. Ambientato all’EUR, con una sequenza girata alla Borsa, il film converte il linguaggio del cinema a esprimere l’alienazione: la vera protagonista è la macchina da presa, che non segue i personaggi, ma rimane ferma a inquadrare uno sfondo sul quale essi entrano ed escono. Mentre il mondo sembra disumanizzarsi, l’occhio del regista lo documenta implacabilmente: è lui l’unico a muoversi in un modo adeguato a comprendere la realtà. La mamma di Vittoria, interpretata da Lilla Brignone, perde una fortuna nel crollo in Borsa e diventa debitrice di Piero, del quale nel frattempo la figlia è diventata l’amante. Nasce così l’imbarazzo tra i due giovani che la loro relazione possa essere stata originata dal tentativo di lei di sollevare la madre dalla restituzione del denaro. Ecco che Vittoria e Piero si danno appuntamento all’EUR, luogo delle loro passeggiate e quartiere emblematico per rappresentare lo smarrimento contemporaneo, e confermarci quanto lo sguardo di Antonioni sia attratto dall’architettura. Ma nessuno dei due andrà a quell’appuntamento: all’incrocio tra viale della Tecnica e viale del Ciclismo si presenterà puntuale solo il cinema. La cinepresa di Antonioni sarà lì a filmare l’assenza dei protagonisti e i luoghi vuoti di calore. Immagini degne dell’arte “informale” creano un’installazione di struggente lirismo.
NELLE VICINANZE
All’Eur è ambientato Il boom (1963) di Vittorio De Sica: in via dell’Arte 73, nella casa all’angolo con viale dell’Aeronautica, abita il protagonista Alberto Sordi, così oppresso dai debiti da decidersi a vendere un occhio. La clinica dove sarà operato è lì vicino, in viale Oceano.
(Testi a cura di Fabio Canessa, podcast a cura di Alessandra Accardo)
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