VIA DELL’ARCHEOLOGIA: LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT DI GABRIELE MAINETTI (2015)
IL LUOGO
Tor Bella Monaca è una città nella città. Caratterizzato da una forma simile a una banana, è il quartiere situato all’estremo limite orientale del territorio comunale di Roma.
Intorno al XIII secolo, per via di una torre di proprietà della famiglia Monaci, la zona inizia a essere chiamata Torre Pala Monaca e, successivamente, Torre Bella Monaca.
La borgata sorge tra gli anni Venti e Trenta del XX secolo, ma è nel secondo Dopoguerra che la zona inizia a prendere sembianze simili a quelle attuali, con i piani di edilizia regolarizzati e la costruzione di edifici economici e popolari.
LA STORIA
In un condominio popolare di via dell’Archeologia, al civico 71, dove la povertà e lo spaccio la fanno da padroni, abita il protagonista Enzo Ceccotti-Claudio Santamaria, uno spiantato che vive di espedienti.
Una notte, per sfuggire alla polizia dopo un furto, Enzo si getta nel Tevere, dove viene contaminato da sostanze radioattive e acquista dei superpoteri che lo rendono fortissimo e invulnerabile.
L’esordio alla regia di Gabriele Mainetti nasce dallo spunto geniale di innestare il canovaccio tipico dei supereroi della Marvel su un ladruncolo di borgata.
Il risultato è un’opera prima che rievoca il miglior cinema italiano di genere degli anni Settanta, quello ricco di idee e di umori oltre che di una tecnica di solido artigianato.
L’ambientazione in un contesto di crudo neorealismo, condito con tutti gli ingredienti che rendono un plot avvincente come thriller, noir, umorismo, commedia sentimentale, violenza e azione, completano questa brillante opera.
Il titolo richiama il manga giapponese Jeeg Robot d’acciaio di Go Nagai, lettura preferita della giovane Alessia, che confonde i fumetti con la realtà e scambia Enzo per l’Hiroshi Shiba che si trasforma nel supereroe Jeeg Robot. A interpretarla, un’esilarante Ilenia Pastorelli, qui in una delle sue prime prove.
E poi c’è l’azzeccatissimo villain con i tratti spigolosi di Luca Marinelli nei panni dello Zingaro, che conferisce alla storia la giusta vena di follia mista a ridicolo.