VIA RAIMONDO MONTECUCCOLI: ROMA CITTÀ APERTA DI ROBERTO ROSSELLINI (1945)
IL LUOGO
Zona prevalentemente rurale fino a metà Novecento, il quartiere Prenestino ha iniziato a svilupparsi sull’onda di un’urbanizzazione crescente dal 1950. Caratterizzato da ampie aree verdi come il Parco archeologico di Villa Gordiani e il Parco Casilino-Labicano di Villa de Sanctis, questo rione di impronta popolare è ricco di siti di interesse storico, come il Mausoleo di Sant’Elena. Via Montecuccoli è nota per essere stata set del cinema neorealista negli anni Quaranta e per la scoperta, nel 2003, del covo delle nuove Brigate Rosse al civico 3.
LA STORIA
Una delle sequenze più iconiche della storia del cinema è girata in via Raimondo Montecuccoli: quella in cui Anna Magnani corre inseguendo la camionetta che porta via il marito e viene falciata dalla mitragliata dei nazisti. Nel film si chiama Pina, ma nella realtà si chiamava Teresa Talotta, uccisa da un soldato tedesco di fronte alla caserma in viale Giulio Cesare mentre cercava di parlare col marito prigioniero, Girolamo Gullace (il Francesco del film). Così come il don Pietro Pellegrini di Aldo Fabrizi è modellato, anche nel nome, sulla figura di don Pietro Pappagallo, prete partigiano morto alle Fosse Ardeatine, il comandante Kappler è diventato il maggiore Bergmann e Marcello Pagliero nel ruolo di Manfredi non è altri che il direttore de “L’Unità” Celeste Negarville, sceneggiatore del film insieme a Sergio Amidei, Federico Fellini, Ferruccio Disnan e lo stesso Rossellini. Nata da un soggetto di Alberto Consiglio su padre Pappagallo, su cui Amidei innestò la vicenda di Teresa, l’opera considerata il manifesto del Neorealismo viene progettata nel settembre 1944 e finita di girare nel giugno 1945. Rossellini per primo fa uscire la macchina da presa per le strade di una Roma stremata, da pochi mesi libera dai nazifascisti e trova nel quartiere popolare del Prenestino la scenografia più adeguata a raccontare la verità di tragedie appena accadute: i grandi cortili, le trattorie dimesse, i caseggiati poveri devastati dai bombardamenti, i muri scrostati di via Montecuccoli (la casa di Pina e Francesco è al civico 17, il forno assaltato al civico 8), le strade polverose dell’Ostiense, i veri abitanti del quartiere usati come comparse. L’impasto tra cinema e realtà raggiunge il vertice dell’arte.
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