PONTE FLAMINIO: CARO DIARIO DI NANNI MORETTI (1993)
IL LUOGO
Il traffico automobilistico rende urgente la costruzione di un nuovo ponte sul Tevere: siamo nel 1930 quando l’architetto Armando Brasini progetta il ponte XXVIII Ottobre in omaggio alla marcia su Roma. I lavori sono interrotti per lo scoppio della guerra e ripresi nel 1947, quando viene ribattezzato ponte della Libertà in nome della liberazione dal nazifascismo. Dal 1961 si chiamerà ponte Flaminio. Formato da sette arcate in calcestruzzo rivestito da travertino, conserva tracce della monumentalità ispirata alla Roma imperiale.
LA STORIA
“Non lo so, non riesco a capire: sarò malato, ma io amo questo ponte. Ci devo passare almeno due volte al giorno”, afferma Nanni Moretti mentre passa su ponte Flaminio, durante il suo lungo viaggio in Vespa attraverso una Roma deserta, nel caldo ferragostano. Omaggio alla città e al suo personalissimo modo di fare cinema, ispirato a una forma autobiografica quasi diaristica (dichiarata fin dal titolo) e alla massima libertà narrativa.
“Che bello sarebbe un film fatto solo di case, panoramiche su case”, aggiunge Moretti con una frase che è l’apoteosi della location nel cinema: da sfondo che contestualizza la vicenda a protagonista assoluta di autonoma forza evocativa. “Trent’anni fa Roma era una città meravigliosa” è un’altra dichiarazione con la quale il regista ci guida dal Gianicolo ai Parioli, dalla Garbatella a Spinaceto, da Casalpalocco fino a terminare il viaggio all’Idroscalo di Ostia, nel luogo dell’assassinio di Pasolini. Insieme a “Roma” di Fellini, è l’opera più importante e rappresentativa sulla trasfigurazione cinematografica dell’anima della città, filtrata dall’occhio di un maestro del linguaggio filmico. L’immagine di Nanni Moretti in sella alla Vespa è diventata iconica, il marchio del suo cinema, al punto da essere immortalata nel logo della casa di produzione morettiana Sacher Film. Scandito quasi come un musical, con una comparsata di Jennifer Beals, un elogio a Flashdance e la citazione della Silvana Mangano che balla il mambo in Anna di Alberto Lattuada, il cinediario viene premiato per la migliore regia al Festival di Cannes 1994. La Vespa utilizzata nel film è stata donata dal regista al Museo nazionale del Cinema, dove oggi può essere vista nella Mole Antonelliana di Torino.