Iniziamo questo percorso dal quartiere di Primavalle, in via Gian Pietro Losana, dove c’è il condominio di Bastogi in cui abitano Paola Cortellesi e le sorelle gemelle di Come un gatto in tangenziale. Da qui proseguiamo verso il centro città: dopo quello di Vacanze romane, l’altro viaggio in vespa per le vie di Roma rimasto nella storia è quello di Nanni Moretti in Caro diario. Raggiungiamo ponte Flaminio, che l’autore e protagonista dichiara di amare e di attraversare almeno due volte al giorno. Ci spostiamo in piazza del Collegio Romano, dove abita la Caterina va in città diretta da Paolo Virzì, non lontano da via del Pellegrino, dove gli amici di Non ci resta che il crimine indicano a Massimiliano Bruno il luogo in cui era stato ucciso Renatino, leader della Banda della Magliana. Da qui proseguiamo fino ad arrivare in via Giulia, strada del Liceo Virgilio frequentato dal giovane protagonista di Scialla!
Oltrepassando il Tevere su ponte Sisto, in via della Scala c’è la bottega di olio e vino frequentata da Gianni Di Gregorio in Pranzo di ferragosto e, a pochi metri, il ristorante di piazza Santa Maria in Trastevere dove mangia Alberto Sordi nel suo ultimo film Incontri proibiti. Salendo sul viale delle Mura Gianicolensi vediamo la casa del professor Cagnato in Grande, grosso e Verdone.
Ci spostiamo a San Giovanni, nel bar The Place di via Gallia, nel quale è ambientato il film omonimo di Paolo Genovese. Ultima tappa a Roma sud, in piazza Bartolomeo Romano, nella quale il prete Alessandro Gassmann viene investito da un furgone in Se Dio vuole di Edoardo Falcone.
1. Via Gian Pietro Losana (Primavalle)
VIA GIAN PIETRO LOSANA: COME UN GATTO IN TANGENZIALE DI RICCARDO MILANI (2017)
IL LUOGO
Nato dagli sventramenti nel centro storico con il conseguente trasferimento di migliaia di persone, il rione periferico di Primavalle si sviluppa durante il fascismo. Tra Torrevecchia e Quartaccio il quartiere Bastogi, costituito nel 1989 da un complesso di sei palazzi di case popolari, è l’area più difficile e pericolosa. Tristemente noto per cronache di violenza e criminalità, è diventato sinonimo di emarginazione e degrado, di squallore architettonico e disagio esistenziale, di dispersione scolastica e abusivismo, di povertà, solitudine e delinquenza.
LA STORIA
Una delle commedie italiane più riuscite degli anni Duemila è anche una delle più romane, come indica la tangenziale nel titolo. La sfida è di ambientare il film non nel centro storico dal glamour turistico, ma nella periferia degradata, visitata dal cinema per opere drammatiche e documentari civili, non certo come contesto di una commedia divertente. Per questo Riccardo Milani rianima il genere con vivacità e freschezza, giocando sul contrasto tra i bravissimi protagonisti: l’intellettuale impegnato nel sociale Antonio Albanese (Giovanni) e l’ex-cassiera borgatara Paola Cortellesi (Monica). Lui abita nel centro storico, lei in via Gian Pietro Losana, nel quartiere Bastogi: se due tipi umani così agli antipodi, destinati a non incontrarsi, incrociano le loro esistenze è perché i rispettivi figli si fidanzano tra loro.
Affrontare un tema bruciante come il disagio nelle periferie con l’arma dell’ironia si rivela una scelta vincente: il bravo Giovanni imparerà che un conto è schierarsi a favore dell’integrazione delle fasce più deboli e un altro immergersi nella loro vita quotidiana, mentre Monica aprirà la propria diffidenza iniziale fino a coinvolgersi sentimentalmente. Dunque, un uso originale di quel tipo di location romana che il neorealismo aveva consacrato per denunciare la povertà degli ultimi di fronte a un pubblico internazionale: miscelando realismo e buffoneria, il film racconta l’alienazione di quelli che Marc Augé definisce “non luoghi”, però lo fa in modo spassoso e popolare, riempiendo le sale (il film incassa al botteghino 10 milioni di euro). Le gemelle cleptomani Pamela e Sue Ellen sono Valentina e Alessandra Giudicessa, vere abitanti di Bastogi e arrestate come ladre anche nella realtà.
NELLE VICINANZE
Nel quartiere Primavalle, da via Federico Borromeo a via Pietro Gasparri, da via Pietro Bembo a via Giuseppe Mezzofanti, è girato Europa ’51 (1952), il capolavoro di Roberto Rossellini sulla solitudine delle borgate povere, interpretato da Ingrid Bergman e Giulietta Masina.
2. Ponte Flaminio (Flaminio)
PONTE FLAMINIO: CARO DIARIO DI NANNI MORETTI (1993)
IL LUOGO
Il traffico automobilistico rende urgente la costruzione di un nuovo ponte sul Tevere: siamo nel 1930 quando l’architetto Armando Brasini progetta il ponte XXVIII Ottobre in omaggio alla marcia su Roma. I lavori sono interrotti per lo scoppio della guerra e ripresi nel 1947, quando viene ribattezzato ponte della Libertà in nome della liberazione dal nazifascismo. Dal 1961 si chiamerà ponte Flaminio. Formato da sette arcate in calcestruzzo rivestito da travertino, conserva tracce della monumentalità ispirata alla Roma imperiale.
LA STORIA
“Non lo so, non riesco a capire: sarò malato, ma io amo questo ponte. Ci devo passare almeno due volte al giorno”, afferma Nanni Moretti mentre passa su ponte Flaminio, durante il suo lungo viaggio in Vespa attraverso una Roma deserta, nel caldo ferragostano. Omaggio alla città e al suo personalissimo modo di fare cinema, ispirato a una forma autobiografica quasi diaristica (dichiarata fin dal titolo) e alla massima libertà narrativa.
“Che bello sarebbe un film fatto solo di case, panoramiche su case”, aggiunge Moretti con una frase che è l’apoteosi della location nel cinema: da sfondo che contestualizza la vicenda a protagonista assoluta di autonoma forza evocativa. “Trent’anni fa Roma era una città meravigliosa” è un’altra dichiarazione con la quale il regista ci guida dal Gianicolo ai Parioli, dalla Garbatella a Spinaceto, da Casalpalocco fino a terminare il viaggio all’Idroscalo di Ostia, nel luogo dell’assassinio di Pasolini. Insieme a “Roma” di Fellini, è l’opera più importante e rappresentativa sulla trasfigurazione cinematografica dell’anima della città, filtrata dall’occhio di un maestro del linguaggio filmico. L’immagine di Nanni Moretti in sella alla Vespa è diventata iconica, il marchio del suo cinema, al punto da essere immortalata nel logo della casa di produzione morettiana Sacher Film. Scandito quasi come un musical, con una comparsata di Jennifer Beals, un elogio a Flashdance e la citazione della Silvana Mangano che balla il mambo in Anna di Alberto Lattuada, il cinediario viene premiato per la migliore regia al Festival di Cannes 1994. La Vespa utilizzata nel film è stata donata dal regista al Museo nazionale del Cinema, dove oggi può essere vista nella Mole Antonelliana di Torino.
NELLE VICINANZE
In via Giosuè Borsi 25 abitava Sergio Sollima (1921-2015), definito da Quentin Tarantino uno dei più grandi registi di spaghetti western, ma anche autore di noir come Città violenta (1970) con Charles Bronson e della celeberrima serie tv Sandokan (1976).
3.Piazza del Collegio Romano (Pigna)
VIA DEL COLLEGIO ROMANO: CATERINA VA IN CITTÀ DI PAOLO VIRZÌ (2003)
IL LUOGO
Il rione prende il nome dalla scultura dell’enorme pigna, qui ritrovata, oggi visibile nel Cortile della Pigna in Vaticano. In questo quartiere i Gesuiti costruiscono i loro centri religiosi più importanti: la Chiesa del Gesù, la Chiesa di Sant’Ignazio e il Collegio Romano che intitola la piazza. Si tratta di un palazzo voluto da Sant’Ignazio di Loyola, costruito nel 1584 da Bartolomeo Ammannati come edificio scolastico per i figli delle famiglie romane più importanti. Di fronte troviamo il seicentesco palazzo Doria Pamphilj.
LA STORIA
Roma vista dallo sguardo lucido e straniato di chi viene dalla provincia. Ed è quindi in grado di notare anomalie e contraddizioni della borghesia che vive accanto ai palazzi del potere. È lo sguardo del regista livornese Paolo Virzì (e dello sceneggiatore Francesco Bruni), trasferitosi giovanissimo a Roma, ma anche della protagonista, la tredicenne Caterina (Alice Teghil).
Dalla cittadina di Montalto di Castro, al confine tra il Lazio e la Toscana, la famiglia Iacovoni si trasferisce nel centro della Capitale, in piazza del Collegio Romano. Il padre Giancarlo (Sergio Castellitto in una delle sue migliori interpretazioni) è un insegnante di ragioneria frustrato che condivide le due ambizioni dell’italiano medio negli anni Duemila: pubblicare un romanzo e apparire in televisione. La madre Agata (Margherita Buy, vincitrice per questo film del David di Donatello e del Nastro d’Argento) è una casalinga insoddisfatta di fragile emotività, che finirà con il tradire il marito.
Ma a disorientare Caterina sono le fazioni politiche che agitano il liceo che frequenta e la Roma della ZTL: due compagne di scuola, una di sinistra e l’altra di destra, tradiscono entrambe la sua fiducia, mentre le loro famiglie dimostrano disinteresse e cinismo. Al punto che il padre della prima, l’intellettuale di sinistra Flavio Bucci, e quello della seconda, il ministro della destra Claudio Amendola, rivelano una sostanziale complicità, alle spalle del popolo ingenuo. Dopo la satira del bipolarismo nell’epoca berlusconiana di Ferie d’agosto (1996), Virzì conferma di essere l’unico vero erede della grande commedia all’italiana di Monicelli e Risi, riuscendo a raccontare il presente castigandone (ridendo) i vizi. Il film viene elogiato da Massimo Fini nel libro Sudditi (2004).
NELLE VICINANZE
Tra via del Corso e piazza San Lorenzo in Lucina passeggia inquieto l’onorevole Giulio Andreotti, impersonato da un magistrale Toni Servillo, nel film di Paolo Sorrentino Il divo (2008): il civico 26 della piazza era la sede del vero studio del “divo” Giulio.
4. Via del Pellegrino (Parione)
VIA DEL PELLEGRINO: NON CI RESTA CHE IL CRIMINE DI MASSIMILIANO BRUNO (2018)
IL LUOGO
A pochi passi da Campo de’ Fiori, via del Pellegrino deriva il suo nome da un’antica osteria qui collocata, denominata così per gli avventori, perlopiù pellegrini diretti a San Pietro. Al civico 19 l’Arco degli Acetari, i venditori di acqua acetosa, immette in un cortile di atmosfera medievale. Più avanti, all’Arco di Santa Margherita, c’è un’Edicola settecentesca con la Madonna della Concezione e il busto di San Filippo Neri. Al civico 58 il palazzo quattrocentesco di Vannozza Cattanei, amante di papa Alessandro VI e madre di Lucrezia Borgia.
LA STORIA
Il 2 febbraio 1990, di fronte al civico 65, viene ucciso Enrico De Pedis, detto Renatino, boss della banda della Magliana. A sparargli, da una motocicletta, due suoi ex-complici per un regolamento di conti all’interno della malavita romana. Il film immagina che tre amici senza arte né parte (Marco Giallini, Alessandro Gassmann e Gianmarco Tognazzi) si inventino un tour criminale attraverso i luoghi della banda della Magliana. Ma dopo essere andati in via del Pellegrino, nel luogo esatto dell’attentato, si apre un varco spazio-temporale che li scaraventa nel 1982. Così si trovano alle prese con il terribile Renatino, interpretato da un Edoardo Leo in gran forma, e tentano di fare soldi con le scommesse sulle partite dei Mondiali di Spagna, di cui naturalmente già conoscono i risultati.
Applicare il meccanismo di Ritorno al futuro e Non ci resta che piangere (citato già nel titolo) a una commedia italiana del 2019 costituisce un’operazione insolita, felicemente riuscita grazie alla sceneggiatura (cui ha collaborato Nicola Guaglianone), a un montaggio veloce da action movie e alla migliore prova come regista di Massimiliano Bruno (qui anche attore). Puntando sull’effetto nostalgia per gli anni Ottanta, il film gioca, grazie al lavoro sui costumi e le scenografie, con le location romane, sfruttando il divertito spaesamento dei protagonisti che si sentono tornati nella città della loro adolescenza, quarant’anni prima. Il gusto vintage si allarga all’atmosfera di certi poliziotteschi d’epoca, ma si sfiora anche la parodia di Romanzo criminale: un guazzabuglio di generi arrangiato in chiave pop. Il successo del film ha generato due sequel: Ritorno al crimine (2021) e C’era una volta il crimine (2022).
NELLE VICINANZE
In via di Monserrato 107 la videoteca “Hollywood Tutto sul cinema” è un piccolo ma fornitissimo negozio specializzato nel cinema d’autore, dalle origini del muto fino a oggi: vhs, dvd, blu-ray, locandine, poster, foto di scena e qualsiasi gadget per la gioia di cinefili e studiosi.
5. Via Giulia (Regola)
VIA GIULIA: SCIALLA! DI FRANCESCO BRUNI (2011)
IL LUOGO
Una delle strade più antiche e più belle di Roma, lunga più di un chilometro, prende il nome da papa Giulio II che la creò all’inizio del Cinquecento. Collega ponte Sisto alla chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini. Da segnalare la fontana del Mascherone, costruita nel Seicento, l’Arco Farnese e la chiesa di Santa Maria dell’Orazione e Morte, fondata da una compagnia con il compito di raccogliere e seppellire i morti sconosciuti trovati nelle campagne o nel Tevere (singolari le macabre decorazioni esterne con teschi e clessidre). Al civico 38 il liceo Virgilio, costruito dall’architetto Marcello Piacentini nel 1936 nella sede del cinquecentesco Collegio Ghislieri, ha avuto tra i suoi studenti la scrittrice Elsa Morante, il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli, il cantautore Francesco De Gregori e il cardinale Matteo Maria Zuppi.
LA STORIA
Il professor Bruno Beltrame (l’ottimo Fabrizio Bentivoglio) scopre a cinquant’anni che il quindicenne Luca (Filippo Scicchitano al suo esordio nel cinema) al quale dà lezioni private è suo figlio. Glielo rivela la madre del giovane, la quale, dovendo andare in Africa per lavoro, affida il ragazzo allo sconcertato insegnante. Padre e figlio sono entrambi piuttosto sbandati: il primo stanco e disilluso, l’altro inquieto, svogliato e traviato dalle cattive compagnie.
Luca frequenta il liceo Virgilio e quando la scuola informa Bruno dei pessimi risultati del figlio, destinato a ripetere l’anno, la relazione tra i due si rafforza, risvegliando energie insospettate in entrambi. Così il film diventa un doppio Bildungsroman di due personaggi che riescono a rimettersi in sesto a vicenda, un romanzo di educazione leggero ma non superficiale, che attraversa varie tematiche che il cinema italiano contemporaneo fatica a gestire e ancor di più a intrecciare: il disagio giovanile, l’apatia esistenziale degli adulti, le responsabilità familiari, il dialogo tra generazioni, l’incapacità di amare, il potere della poesia come balsamo capace di medicare i mali dell’anima.
Francesco Bruni, sceneggiatore per vent’anni delle opere di Paolo Virzì da La bella vita a Il capitale umano (ma a lui si deve anche la scrittura assai felice dei primi quattro film di Ficarra e Picone e di fiction televisive di successo come Il commissario Montalbano), esordisce nella regia vincendo subito il David di Donatello e molti altri premi minori per questa commedia decisamente azzeccata, scritta insieme a Giambattista Avellino, in grado di mescolare umorismo, dramma, sentimenti e un pizzico di noir (quando entrano in scena i narcotrafficanti).
NELLE VICINANZE
A fianco del liceo Virgilio, nella piccola traversa via di Sant’Eligio, nasce il 2 novembre 1940 Luigi Proietti. Morirà esattamente ottant’anni dopo, il 2 novembre 2020, celebrato come uno dei maggiori artisti che il mondo dello spettacolo italiano abbia mai avuto. Geniale mattatore del teatro, del cinema e della tv, icona della migliore romanità, ha lasciato alla sua città il Globe Theatre di Villa Borghese.
6.Via della Scala (Trastevere)
VIA DELLA SCALA: PRANZO DI FERRAGOSTO DI GIANNI DI GREGORIO (2008)
IL LUOGO
La strada collega via Garibaldi a piazza Sant’Egidio. Nel Cinquecento vi abita una Cornelia che, pregando l’immagine di una Madonna (oggi ancora visibile nella cappella della chiesa) che si trovava sotto una scala, provoca il miracolo di far parlare la figlia muta. Papa Clemente VIII fa costruire in quel luogo, meta di pellegrinaggi, la chiesa di Santa Maria della Scala, da cui prende il nome la via. Nel 1976 il cantautore Stefano Rosso (1948-2008) incide Letto 26, canzone dedicata a questa via, nella quale era nato e abitava.
LA STORIA
Al civico 64 “Da Biagio vini e oli” è una bottega di antica tradizione trasteverina. La frequenta il protagonista Gianni Di Gregorio, che viene servito nel film dal vero proprietario Biagio Ursitti. La commedia è interamente ambientata nel cuore di Trastevere: Gianni abita in viale Glorioso 8 e percorre ogni giorno col suo passo indolente via Garibaldi, via di Porta Settimiana, via Santa Dorotea e ponte Garibaldi.
Di Gregorio esordisce come regista e attore alla soglia dei sessant’anni con un’operina prodotta da Matteo Garrone, così fresca e gustosa che riesce subito a conquistare la simpatia della critica e del pubblico (l’incasso supera i due milioni di euro), facendo incetta di premi a cominciare dal David di Donatello e i Nastri d’Argento, inaugurando una filmografia che vanta già cinque titoli.
Il segreto della sua ricetta romanissima risiede nella semplicità e nella naturalezza con le quali Di Gregorio mette in scena soggetti esili ma con il dono della grazia e intrisi di una sensibilità umanissima e scanzonata. L’impressione, chissà quanto rispondente al vero, è che il regista-attore interpreti se stesso (in quasi tutti i suoi film, il suo personaggio si chiama anche lui Gianni) o che comunque gli assomigli molto quella buffa malinconia di anziano un po’ smarrito e sbandato che rivela risorse vitali e affettive inaspettate. Anche qui, squattrinato alle prese con l’anziana madre, costretto a ospitare a casa sua quattro vecchiette rimaste sole per Ferragosto, riesce a trasformare il disagio in una doppia opportunità: quella di alleviare la solitudine delle anziane e di procurarsi i soldi per l’affitto. Di Gregorio si affaccia al cinema con la sorridente affabilità che lo farà diventare un autore di culto.
NELLE VICINANZE
In vicolo del Buco 7 una targa ricorda che “In questa casa ha vissuto Lucio Dalla (1943-2012) protagonista della musica italiana”. E anche del cinema: sia come autore di moltissime colonne sonore (celebre quella per Borotalco (1982) di Carlo Verdone), che come attore, non solo di molti musicarelli degli anni Sessanta ma anche di importanti film d’autore, fra i quali I sovversivi (1967) dei fratelli Taviani e La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone (1975) di Pupi Avati.
7. Piazza Santa Maria in Trastevere (Trastevere)
PIAZZA SANTA MARIA IN TRASTEVERE: INCONTRI PROIBITI DI ALBERTO SORDI (1998)
IL LUOGO
Una delle piazze più antiche e più belle di Roma, nel cuore di Trastevere. La chiesa risale al III secolo, poi ristrutturata nel Medioevo da papa Innocenzo II. Al XII secolo risalgono i preziosi mosaici dell’abside, con Cristo e Maria in trono circondati dai santi. Datati intorno al 1200 sono i mosaici di Pietro Cavallini con le scene della vita di Maria. All’interno, un’icona della Madonna della Clemenza realizzata nel VII secolo. Di fronte alla chiesa, al civico 3, dal 1907 c’è il ristorante Galeassi, inaugurato qui nel 1907.
LA STORIA
L’addio al cinema di Alberto Sordi, nel 1998, non è memorabile: dei quasi duecento film della sua esaltante carriera, questo non è tra i migliori. Ma è singolare che una delle ultime sequenze da lui dirette e recitate sia ambientata in questa piazza, a pochi metri dal luogo in cui era nato, via di San Cosimato (poi trasferitosi nella vicina via Giacomo Venezian). “Un’isola felice piena di calore”, definirà Sordi la Trastevere della sua infanzia, con “la tipica atmosfera di un paese”. E nella basilica di Santa Maria in Trastevere scopre, da bambino, la vocazione a esibirsi. Qui il piccolo Alberto va a messa, gioca in cortile e fa il chierichetto: “Immaginavo che i fedeli in preghiera fossero il mio pubblico: agitavo l’incensiere, facevo piroette e cantavo a voce altissima. E ogni tanto il parroco scendeva dall’altare e diceva ‘ma che sta’ a fa’?’. E volavano sonori schiaffoni, con la gente che rideva”.
Nel suo ultimo film Sordi torna nella piazza, invitato al ristorante Galeassi dalla giovane Federica (Valeria Marini) innamorata di lui, ottantenne ingegnere delle Ferrovie dello Stato sposato da quarant’anni con Alessandra (Franca Faldini, che fu la compagna di Totò): la ragazza gli vuole far conoscere i genitori, che aspettano la coppia a un tavolo interno del locale. Ma l’incontro con i suoceri (più giovani del genero) non finisce bene: l’ingegner Armando Andreoli si alza e se ne va a litigare con la fidanzata sulla piazza, di fronte alla fontana, sullo sfondo della facciata della chiesa. Il cerchio della vita, anche artistica, di Sordi si chiude dove era iniziata. Così come una scena del film sembra richiamare quella celeberrima di Un americano a Roma, con i rigatoni all’amatriciana al posto dei maccheroni.
NELLE VICINANZE
Sul marciapiede di piazza Trilussa, una targa d’inciampo ricorda che nel 1982 è stato girato qui In viaggio con papà, diretto e interpretato da Alberto Sordi: “Il film si apre a Ponte Sisto, dove Cristiano (Carlo Verdone) e i suoi compagni stanno raccogliendo donazioni per la salvaguardia del gabbiano”. Di fronte al palazzo dove, dall’altro lato del ponte, abitava Verdone, sul lungotevere dei Vallati 2, e a poca distanza dalla casa natale trasteverina di Sordi, in via di San Cosimato.
8. Viale delle Mura Gianicolensi (Gianicolense)
VIALE DELLE MURA GIANICOLENSI: GRANDE GROSSO E VERDONE DI CARLO VERDONE (2008)
IL LUOGO
Il colle del Gianicolo prende il nome dal dio Giano, che vi avrebbe fondato un nucleo abitato. La Passeggiata offre una straordinaria panoramica sulla città vista dall’alto. È la zona dei combattimenti per la Repubblica Romana e sul viale sono collocati 84 busti di garibaldini, oltre ai monumenti a Giuseppe e Anita. Le Mura Gianicolensi vengono erette da papa Urbano VIII Barberini nel 1643, all’epoca della “guerra” tra le famiglie Barberini e Farnese. Dal 1904 ogni giorno alle 12 un colpo di cannone viene sparato dal Belvedere.
LA STORIA
In Bianco, rosso e Verdone (1981) si chiama Furio ed è un funzionario, in Viaggi di nozze (1995) si chiama Raniero ed è un medico, questa volta si chiama Callisto Cagnato, docente universitario di storia dell’arte. Ma è sempre lui: l’insopportabile personaggio pignolo, logorroico, maniacale e opprimente, con tanto di barbetta e tic, capace di rovinare l’esistenza di chi lo circonda. Vagamente parente del nevrotico ipocrita interpretato da Alberto Sordi nel memorabile Il moralista (1959) di Giorgio Bianchi, il petulante programmatore della vita propria e altrui torna a colpire nel quarto film in cui Carlo Verdone scatena il suo fregolismo moltiplicandosi in vari personaggi.
Il professor Callisto abita con il figlio in una villa al civico 98 di viale delle Mura Gianicolensi, zona residenziale altoborghese adatta a un barone universitario. Per tornare al clima della comicità originaria, a trent’anni dall’esordio di Un sacco bello, Verdone ricorre al fedele Piero De Bernardi, sceneggiatore anche dei film precedenti, e a Pasquale Plastino. Ripropone la coppia con Claudia Gerini, già collaudata in Sono pazzo di Iris Blond (1996) e Viaggi di nozze, e azzecca di nuovo la formula vincente, perché il film sarà uno dei suoi più grandi successi commerciali, oltre 12 milioni di euro di incasso. Ancora una volta, Verdone immerge gli episodi dei suoi buffi personaggi nelle location romane: dal cimitero del Verano all’Università La Sapienza, dalla chiesa di San Francesco a Ripa in Trastevere alla scalinata di via Orsucci alla Garbatella, dal Conservatorio di Santa Cecilia alle Catacombe di San Callisto. Nelle quali il figlio abbandona l’ossessionante professore nella vana speranza di liberarsene per sempre.
NELLE VICINANZE
“A Pier Paolo Pasolini per la sua creatività intellettuale e il suo rapporto con il quartiere di Monteverde”: così recita una targa in via Abate Ugone per ricordare l’artista che ha abitato nelle case vicine di via Fonteiana 86 e di via Giacinto Carini 45.
9. Via Gallia (Appio Latino)
VIA GALLIA: THE PLACE DI PAOLO GENOVESE (2017)
IL LUOGO
L’Appio Latino è stato, prima di Cinecittà, il quartiere del cinema: qui era la sede della casa di produzione cinematografica Scalera Film. È anche il quartiere della Resistenza: numerose targhe e pietre d’inciampo per le vittime dei campi di sterminio e martiri delle Fosse Ardeatine. Ieri caratterizzato dalla presenza della comunità ebraica, oggi è un rione multietnico capace di favorire l’integrazione. Il Sacco Bistrot in via Gallia 70, dall’atmosfera parigina, è un locale elegante adatto per colazioni, aperitivi o dopocena.
LA STORIA
Il Sacco Bistrot è ribattezzato The Place. E l’insegna gigante che vediamo nel film è rimasta nella realtà a segnalare il locale. A un tavolo sta seduto Valerio Mastandrea, un uomo misterioso che riceve all’interno del bistrot una serie di personaggi disperati che vogliono vedere esauditi i loro desideri. Il film è uno strano oggetto non identificato all’interno del panorama del cinema italiano: né comico né thriller né sentimentale né politico, ha l’ambizione di un conte philosophique interpretato da un cast da commedia nostrana (Marco Giallini, Sabrina Ferilli, Rocco Papaleo, Vittoria Puccini). Quella che viene posta è una questione etica: fino a che punto possiamo arrivare pur di realizzare i nostri obiettivi? Per salvare la vita a nostro figlio malato, accetteremmo di uccidere una bambina? Per guarire dalla cecità saremmo disposti a violentare una donna? Si tratta dell’ennesima variante del patto col diavolo, in un incastro di storie intrecciate tra loro come se una Provvidenza cattiva potesse orchestrare il mondo.
L’impianto teatrale di una messinscena immobile, il meccanismo narrativo studiato a tavolino e la dimensione metafisica dei dilemmi morali hanno bisogno di essere radicati in una location di concreta quotidianità e in un’ambientazione di connotazione universale: l’animata affluenza e l’aria internazionale del Sacco Bistrot risponde a entrambi i requisiti. Ma il pregio e il limite del film è quello di creare un ambiente astratto, sganciato da un preciso contesto sociale o politico: da un lato pone le sue domande esistenziali in una purezza priva di implicazioni contingenti, dall’altro raffredda un materiale potenzialmente incandescente ostacolando l’identificazione emotiva degli spettatori.
NELLE VICINANZE
In via Druso 45 la bellissima villa nella quale Alberto Sordi ha abitato dal 1955 fino alla morte è oggi il Museo Permanente Alberto Sordi, aperto al pubblico. La casa, rimasta intatta dal 2003, strutturata su quattro piani, contiene molte opere d’arte, un teatro, una palestra e una piscina.
10. Piazza Bartolomeo Romano (Ostiense)
PIAZZA BARTOLOMEO ROMANO: SE DIO VUOLE DI EDOARDO FALCONE (2015)
IL LUOGO
Tra i rioni Testaccio, Ostiense e la Garbatella, la piazza è al centro di una miscela di umori eterogenei ma ben amalgamati. Giganteschi murales della Street Art si affacciano su un panorama di archeologia industriale e di animazione popolare: da una parte il Gasometro e la Centrale Montemartini, dall’altra bistrot, ristoranti e discoteche. E poi la tradizione del pellegrinaggio di via delle Sette Chiese, le catacombe di Santa Commodilla fino alla Basilica di San Paolo fuori le Mura, la chiesa più grande di Roma dopo San Pietro.
LA STORIA
In piazza Bartolomeo Romano avviene l’incidente della scena chiave del film: un furgone investe lo scooter guidato da don Pietro Pellegrini, un prete non convenzionale interpretato da Alessandro Gassmann. A trepidare per la sorte del parroco, ricoverato in ospedale in gravissime condizioni, c’è il cardiochirurgo Tommaso De Luca, alias Marco Giallini, che fino a pochi giorni prima lo detestava. Don Pietro, infatti, era ritenuto responsabile di avere plagiato Andrea, figlio di Tommaso, già iscritto alla facoltà di Medicina e destinato a ereditare il mestiere del padre, fino a convincerlo a diventare sacerdote. Per l’intero film l’obiettivo dell’ateo Giallini è quello di smascherare la cialtroneria e la fasullaggine del prete: finirà al contrario per ammirare la profonda umanità di don Pietro, attraverso una schermaglia di situazioni divertenti tipiche di un buddy movie originale, aggraziato e tutt’altro che superficiale.
Edoardo Falcone esordisce nella regia con un’opera ispirata, scritta insieme a Marco Martani, che convince sia la critica che il pubblico, gli fa vincere il David di Donatello e il Nastro d’Argento, aprendogli le frontiere per un successo internazionale (Francia, Spagna, Giappone) raro per il nostro cinema. È l’inizio della carriera di uno dei registi più anomali e promettenti del panorama attuale, incline a percorrere strade insolite rispetto ai prodotti consueti, affascinato da temi spirituali venati di ironia e arrangiati in chiave fiabesca. La parrocchia di don Pietro è la Chiesa dei Santi Isidoro e Eurosia in via delle Sette Chiese 101: la medesima frequentata dal petulante compagnuccio della parrocchietta Alberto Sordi in Mamma mia, che impressione! (1951) di Roberto Savarese.
NELLE VICINANZE
Al civico 8 della piazza troviamo lo storico edificio del Teatro Palladium, nato nel 1926 come Cinema Garbatella e poi ristrutturato a cura dell’Università degli Studi Roma Tre.