Iniziamo questo itinerario da via Trionfale 151, più precisamente da Villa Miani, luogo dei ricordi d’infanzia, tutt’altro che sereni, di Jean-Louis Trintignant, Il conformista di Bernardo Bertolucci. Ci dirigiamo in piazzale Prenestino, dove abita Un borghese piccolo piccolo, interpretato da Alberto Sordi nel film diretto da Mario Monicelli per poi arrivare in viale XXI Aprile 29, sede del palazzone in cui è ambientato Una giornata particolare, il capolavoro di Ettore Scola interpretato dalla coppia Loren-Mastroianni.
Ci spostiamo in Piazza delle Cinque Lune, luogo di elezione del film politico di Renzo Martinelli, poi nella vicina piazza del Fico, dove c’è il ristorante che ospita Julia Roberts e Luca Argentero in Mangia prega ama. Da qui andiamo in via del Tempio, verso la sinagoga inquadrata da Elio Petri all’inizio di Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto: c’è il palazzo in cui Gian Maria Volonté entra per visitare (e uccidere) l’amante Florinda Bolkan.
Saliamo poi verso il Gianicolo per raggiungere via Giacomo Medici 1, la casa di Fabrizio Bentivoglio, protagonista di Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati, e proseguiamo fino a Monteverde, in via di Donna Olimpia 30, dove abitano i protagonisti de La finestra di fronte, di Ferzan Ozpetek. Seguiamo Ozpetek oltre il Tevere, in via della Piramide Cestia, dove Margherita Buy e Stefano Accorsi siedono a mangiare il gelato nel film Le fate ignoranti. L’ultima tappa di questo percorso ci conduce alla Garbatella, in piazza Damiano Sauli, inquadrata con razionalità metafisica da Brunello Rondi per l’incontro dei protagonisti di Una vita violenta.
1. Piazzale Prenestino (Prenestino)
PIAZZALE PRENESTINO: UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO DI MARIO MONICELLI (1977)
IL LUOGO
Il Prenestino nasce nel 1911 con un primo nucleo di case e viene riconosciuto ufficialmente nel 1921. È un quartiere ad alta densità abitativa: oltre 72.000 abitanti in meno di 5 chilometri quadrati. Da Porta Maggiore alle Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro, dal sepolcro romano del fornaio Eurisace all’architettura industriale dell’ex-Pastificio Pantanella e dell’ex Istituto Farmaceutico Serono, molti sono i luoghi di interesse artistico e culturale. Il cinema lo ha scelto come set per farci abitare i protagonisti del neorealismo, il ragionier Fantozzi e altri borghesi piccoli piccoli.
LA STORIA
Il modesto impiegato del ministero Giovanni Vivaldi abita in piazzale Prenestino e le finestre della sua casa si affacciano sulla tangenziale. Mario Monicelli gira quella che lui stesso ha definito “una pietra tombale sulla commedia all’italiana” e un Alberto Sordi al vertice della bravura spinge il suo consueto personaggio di borghesuccio cinico e servile verso i toni cupi di una società incattivita, nella quale colui che è stato l’interprete per eccellenza dell’italiano medio diventa un giustiziere di mostruoso sadismo. All’apice della sua popolarità, beniamino delle famiglie italiane, Sordi ha il coraggio di accettare un ruolo drammatico di efferata crudeltà e ne fa la sua interpretazione più memorabile, mentre Monicelli firma un’opera inquietante, insolita, tragica e grottesca, ricca di umori acri. L’ambientazione al Prenestino ha echi pasoliniani: del resto, la sceneggiatura di Sergio Amidei è tratta dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami che Pier Paolo Pasolini aveva ammirato fino a favorirne la pubblicazione presso l’editore Garzanti. Peccato non abbia fatto in tempo a vedere il film, uscito due anni dopo la sua morte: lo avrebbe sorpreso scoprire Monicelli e Sordi, la coppia campione di incassi della commedia all’italiana, aggirarsi nei luoghi periferici e nelle atmosfere di straziante violenza più affini ad Accattone che a I soliti ignoti. Negli anni Settanta del Charles Bronson “giustiziere della notte”, la storia dell’anziano travet che vendica l’omicidio del figlio torturando a morte l’assassino (e aggirandosi poi nel finale come una minaccia pronta di nuovo a colpire) diventa un monito contro una società gonfia di odio e frustrazione, tra sprazzi di ridicolo e il tanfo della morte.
NELLE VICINANZE
Tommaso Puzzili, interpretato da Franco Citti, il protagonista del film Una vita violenta (1962) di Paolo Heusch e Brunello Rondi, tratto dal romanzo omonimo di Pasolini, abita in una baracca di piazza della Stazione Prenestina.
2. Viale XXI Aprile (Nomentano)
VIALE XXI APRILE: UNA GIORNATA PARTICOLARE DI ETTORE SCOLA (1977)
IL LUOGO
Il viale, istituito nel 1920 e dedicato al giorno della fondazione di Roma, collega via Nomentana a piazza Bologna. Negli anni Trenta qui viene edificato, su progetto di Mario De Renzi, un grande complesso residenziale realizzato dall’impresa edile Federici. All’interno del gigantesco caseggiato di 12 piani, 26 scale e 650 appartamenti, c’erano 100 negozi, un asilo, un garage e il cinema XXI Aprile, ora diventato un supermercato. L’idea è quella di un palazzo-quartiere che soddisfi ogni esigenza di chi vi abita, senza dover uscire dall’isolato. Nati per gli impiegati del governatorato, gli appartamenti sono affittati “a persone oneste e incensurate, di condizioni economiche non agiate, che, avendo stabile residenza a Roma da 5 anni, e anche da più breve tempo quando si tratti di sfrattati o di trasferimento di pubblico servizio, ne faranno domanda”.
LA STORIA
6 maggio 1938: Adolf Hitler visita Roma. Tutti gli abitanti dei palazzi Federici affluiscono ai Fori Imperiali, mentre la radio trasmette la cronaca della grande parata. L’intero film è ambientato all’interno dell’imponente caseggiato di viale XXI Aprile 29. Progettato e realizzato pochi anni prima, è un esempio perfetto di architettura razionalista fascista: un alveare sociale strutturato da una panoramica di terrazzi affacciati su due cortili che tutti i condomini devono attraversare. Svuotato per l’occasione, il palazzo è l’occasione dell’incontro tra i due protagonisti, una donna e un omosessuale, entrambi emarginati dal regime: lei perché condannata alla reclusione domestica dell’“angelo del focolare”, lui destinato al confine dal mito fascista della virilità.
Le riprese avvengono al settimo piano della scala numero 6, dove nei due appartamenti sul medesimo pianerottolo abitano Antonietta (con il marito e sei figli) e Gabriele, e sulla terrazza. Mentre arrivano gli echi della radiocronaca, tra la retorica tronfia dello speaker e le note sinistre dell’inno delle SS, nasce un’intesa tra l’annunciatore licenziato dall’Eiar e la madre di famiglia relegata alle faccende domestiche. Definita da Ettore Scola una “commedia tragica”, offre l’occasione a Sophia Loren e a Marcello Mastroianni, una coppia collaudata da una quindicina di film girati insieme, di mettere a fuoco la loro interpretazione più matura e convincente. Il monumentale palazzone sulla Nomentana favorisce per contrasto l’intima solidarietà tra i due protagonisti che nasce dall’emarginazione e dalla solitudine. Alla rigorosa ricostruzione del clima del tempo risultano fondamentali i contributi dello scenografo Lucio Ricceri e della fotografia di Pasqualino De Santis.
NELLE VICINANZE
Nel 1995 Ettore Scola tornerà in viale XXI Aprile 29 per girare Romanzo di un giovane povero. Stavolta vi abitano, in due appartamenti vicini, Alberto Sordi e Rolando Ravello. “In questo caso”, afferma Scola, “volevo mettere a confronto un concentrato di contemporanea e varia umanità, mostrando ancora come si possa essere isolati da tutti anche vivendo gomito a gomito con un’infinità di persone”.
3. Via Trionfale (Trionfale)
VILLA MIANI: IL CONFORMISTA DI BERNARDO BERTOLUCCI (1970)
IL LUOGO
Costruita nel 1873 dalla Società di Monte Mario per la famiglia dei conti Miani, Villa Miani, in via Trionfale 151, è un elegante edificio di stile neoclassico, gioiello dell’età umbertina, sulla collina di Monte Mario. Immersa nel verde di un giardino curatissimo, offre oltre 3000 metri quadri di saloni, un parco secolare di notevole suggestione e un panorama mozzafiato sulla città, cupola di San Pietro compresa. Scelta come location di molti film importanti, oggi è un relais per ricevimenti, convention, matrimoni e cerimonie di prestigio.
LA STORIA
A Villa Miani è ambientato il flashback chiave del film, un ricordo d’infanzia che segnerà il destino del protagonista: l’autista Lino Semirama (Pierre Clémenti) tenta di abusare del giovane Marcello Clerici (Jean-Louis Trintignant), che reagisce sparandogli ed è convinto di averlo ucciso. Il passato che ritorna, riaffiorando alla memoria durante il viaggio in automobile, ha l’eleganza figurativa del parco verde e luminoso della villa, splendidamente fotografata da un maestro come Vittorio Storaro. Bernardo Bertolucci trasferisce sullo schermo il romanzo omonimo di Alberto Moravia in maniera assai libera e fornendone un’interpretazione personale, cioè d’autore, ma mantenendo centrali i temi principali, ricorrenti sia nello scrittore che nel regista: il fascismo, il sesso e il tradimento.
Ispirandosi al cinema francese e americano degli anni Trenta, Bertolucci mette in scena un thriller esistenziale, attraversato da brividi morbosi e languori decadenti. Il fascismo come mito di massa promette un ordine che potrebbe medicare il disordine interiore del conformista nel quale sembra rispecchiarsi la psicologia di una classe sociale e di una intera generazione. Da segnalare un cast eterogeneo che, oltre a Stefania Sandrelli e Dominique Sanda, mette insieme l’anziano Fosco Giachetti, che fu un divo del cinema fascista (L’assedio dell’Alcazar, Bengasi), e il giovane Pierre Clémenti, simbolo sessantottino dell’artista rivoluzionario e anticonformista, in questo senso utilizzato da Luis Buñuel, Pier Paolo Pasolini e Liliana Cavani (La via lattea, Porcile, I cannibali), la Yvonne Sanson dei melodrammi di Raffaele Matarazzo e il quasi debuttante Alessandro Haber, la cantante Milly e Gastone Moschin.
NELLE VICINANZE
Si trova nel vicino Monte Ciocci la baraccopoli di Brutti, sporchi e cattivi (1976) di Ettore Scola, interpretato magistralmente da Nino Manfredi, (nel film ribattezzato Borghetto dei Sorci), in via Domizia Lucilla.
4.Piazza delle Cinque Lune (Sant’Eustachio)
PIAZZA DELLE CINQUE LUNE DI RENZO MARTINELLI (2003)
IL LUOGO
La piazza prende il nome dallo stemma della famiglia Piccolomini, nel quale si vedono cinque lune crescenti. Lo stemma si trovava sulla facciata del palazzetto Piccolomini, attribuito ad Antonio da Sangallo, che si trovava tra via delle Cinque Lune (scomparsa quando venne inglobata in Corso del Rinascimento) e via Agonale. L’edificio venne demolito alla metà degli anni Trenta, quando si decise l’apertura di corso del Rinascimento. Fu poi ricostruito oltre il tracciato della nuova strada. Vi abitava papa Pio II quando era ancora il cardinale Enea Silvio Bartolomeo Piccolomini. La piazza è caratterizzata dalla facciata del Collegio Germanico Ungarico.
LA STORIA
La sera del 6 marzo 1979, nell’ufficio del colonnello dei carabinieri Antonio Varisco in piazza delle Cinque Lune, si incontrano il giornalista Mino Pecorelli, Giorgio Ambrosoli, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona, e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Dopo questa misteriosa riunione, tutti e quattro verranno uccisi nel giro di pochi mesi: Pecorelli il 20 marzo, Ambrosoli l’11 luglio, Varisco il 13 luglio e Dalla Chiesa il 3 settembre. Difficile che sia una coincidenza. Renzo Martinelli miscela il cinema italiano di denuncia civile alla Francesco Rosi al docuthriller americano d’azione stile JFK di Oliver Stone.
La riunione segreta e la serie di omicidi spettacolari dei personaggi di primo piano che vi avevano partecipato vengono collegate al rapimento di Aldo Moro nel marzo 1978, ricostruito con rigore nella prima parte del film, che alterna fiction e repertorio originale. La tesi è che la morte di Moro sia stata voluta dalla Cia per impedire che il Pci entrasse nel governo e che le Brigate Rosse siano state uno strumento di questo piano dei servizi segreti: è la rivelazione di una verità scottante o un’invenzione fantapolitica? Martinelli mette insieme un cast di stelle internazionali, da Donald Sutherland a Giancarlo Giannini, da Murray Abraham a Philippe Leroy e confeziona un “politiziesco” dal ritmo statunitense, con montaggio serrato e musiche roboanti. Conclude con un’inquadratura di Roma dall’alto, dove le vie si allontanano fino a formare una mappa che diventa una grande ragnatela, sopra la quale compare la frase di Solone “La giustizia è come una tela di ragno: trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi trafiggono la tela e restano liberi”.
NELLE VICINANZE
All’ultimo piano di via dei Coronari 44, in un attico con vista panoramica, abitava Mariangela Melato (1941-2013), una delle più grandi e versatili attrici dello spettacolo italiano. Dal teatro di Luchino Visconti, Dario Fo e Luca Ronconi ai grandi successi cinematografici internazionali, ha dimostrato un talento eclettico e straordinario.
5. Piazza del Fico (Ponte)
PIAZZA DEL FICO: MANGIA PREGA AMA DI RYAN MURPHY (2010)
IL LUOGO
A due passi da piazza Navona, la zona era famosa nel Rinascimento per le numerose botteghe di battiloro, cioè degli orefici che battevano l’oro fino a farne lamine sottilissime. Il nome deriva da un fico che vi si trovava nel Cinquecento, al tempo in cui il nobile bergamasco Giovanni Paolo Foppa acquistò il palazzo che si affaccia sulla piazza. Questa fu allargata nel 1634 dai fratelli Marc’Antonio e Battista Foppa, che fecero demolire le case intorno. All’interno del palazzo è ancora conservato uno stemma di marmo dei Foppa.
LA STORIA
Numerosi sono i film cartolina girati in una Roma turistica piena zeppa di stereotipi, nei quali star del cinema internazionale attraversano le tappe fondamentali della vacanza romana. Questo ne è uno degli esempi emblematici. Nasce dal bestseller omonimo scritto nel 2006 dalla giornalista americana Elizabeth Gilbert che, dopo aver divorziato, decide di lasciare New York e rimettere in discussione la propria vita con un viaggio intorno al mondo alla ricerca di se stessa e del senso dell’esistenza. Julia Roberts legge il libro e se ne innamora fino a convincere la produttrice Dede Gardner e il regista Ryan Murphy a coinvolgere la scrittrice per realizzare la sceneggiatura del film. Ai tre imperativi del titolo “Mangia, prega, ama” il primo corrisponde alla città di Roma (per gli altri due bisognerà trasferirsi a Delhi e a Bali).
Tra le fontanelle e i latin lover in Vespa, la protagonista, che abita a Palazzo Scapucci in via dei Portoghesi 18, visita piazza Navona e Campo de’ Fiori, Villa Borghese e piazza di Spagna. Ma il tour più importante è quello gastronomico, che tocca vari ristoranti tipici collocati tra le scenografie più pittoresche della città. Come la trattoria all’aperto in piazza del Fico dove Elizabeth-Julia va a pranzo con il Giovanni interpretato da Luca Argentero che, tra i fiori di zucca e un bicchiere di vino, la inizia ai piaceri della cucina italiana (infatti lei ingrasserà dodici chili), le insegna a godersi la vita nel dolce far niente e tenta di farla familiarizzare con la nostra lingua (ma “attraversiamo” sembra difficile da pronunciare). A metà tra la commedia romantica e l’apologo new age, il film riscuote un grande successo di pubblico e sonore stroncature della critica.
NELLE VICINANZE
Il palazzo di via della Pace 24 è l’abitazione di Alberto Sordi e del suocero macellaio Aldo Fabrizi nel film Mi permette babbo! (1956) di Mario Bonnard (aiuto regista Sergio Leone). Il negozio di macelleria della famiglia è a pochi passi, in via di Tor Millina.
6. Via del Tempio (Sant’Angelo)
VIA DEL TEMPIO: INDAGINE SU UN CITTADINO AL DI SOPRA DI OGNI SOSPETTO DI ELIO PETRI (1970)
IL LUOGO
La via prende il nome dal Tempio Maggiore, la sinagoga principale di Roma, tra le più grandi d’Europa, costruita dagli architetti Armanni e Costa nel 1901 sui resti dell’antico Ghetto ebraico (ricostruito in 3D in una sala all’interno del tempio) e inaugurata nel 1904.
All’alba del 16 ottobre 1943, il quartiere viene circondato dai nazisti e 1023 ebrei sono catturati e deportati in treno ad Auschwitz (di questi, solo 16 sono i sopravvissuti). Il Portico d’Ottavia, dedicato alla sorella di Augusto che lo costruì nel 27 a.C. (poi restaurato nel 203 da Settimio Severo), dal Medioevo fino all’Ottocento ospitava il mercato del pesce.
La zona, oltre all’importanza religiosa, storica e culturale e a numerosi siti archeologici (come il Teatro di Marcello), è ricca di ristoranti tipici di cucina kosher, di forni storici e pasticcerie di antica tradizione giudaica.
LA STORIA
Al primo piano del palazzo di fronte alla sinagoga, in via del Tempio, abita Augusta Terzi (Florinda Bolkan). Qui arriva, all’inizio del film, il capo della polizia Gian Maria Volonté: Augusta è la sua amante, ma la donna ha anche una relazione con l’anarchico Antonio Pace (Sergio Tramonti) che abita pure lui in quel palazzo. Il poliziotto la uccide e lascia volontariamente nell’appartamento di lei una serie di prove e indizi che potrebbero incriminarlo. Arroganza dell’impunità del potere o desiderio di essere smascherato? Il film, uscito dopo la morte di Giuseppe Pinelli e l’arresto di Pietro Valpreda per la strage di piazza Fontana, accende forti polemiche. Sulle colonne del Corriere della Sera il critico Giovanni Grazzini lo acclama in nome della libertà come il primo film italiano, dopo tanto cinema americano a base di poliziotti corrotti, che attacca l’istituzione della polizia, fatto che “costituisce un importante passo avanti verso una società più adulta, tanto sicura di sé e della democrazia da potersi permettere di criticare istituti tenuti per sacri”. Lotta Continua invita i lettori a identificare il protagonista del film con il commissario Luigi Calabresi.
Al di là delle intenzioni politiche, il film è uno dei capolavori del nostro cinema, dove ognuno ha dato il meglio di sé: la regia di Elio Petri fonde magistralmente thriller e grottesco, visionarietà e realismo, noir e impegno civile; l’interpretazione di Gian Maria Volonté tocca l’apice del virtuosismo e la musica celeberrima del maestro Ennio Morricone, con il suo ritmo incalzante da poliziesco nevrotico, è parte integrante del contenuto del film. Uscito nel gennaio 1970, vince il Premio Oscar e il Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes.
NELLE VICINANZE
Piazza Costaguti 14 è l’indirizzo della prima abitazione romana di Pier Paolo Pasolini, quando, nel 1950, insieme alla madre Susanna, arriva da Casarsa nella capitale. In un appartamento in affitto trovatogli dallo zio, Pasolini comincia a esplorare la città dal quartiere del Ghetto, che da allora lo affascinerà sempre.
7. Via Giacomo Medici, 1/a (Trastevere)
VIA GIACOMO MEDICI: UNA SCONFINATA GIOVINEZZA DI PUPI AVATI (2010)
IL LUOGO
La via inizia dalla Fontana dell’Acqua Paola, di fronte alla terrazza più spettacolare di Roma, e sale in direzione Monteverde Vecchio. Al civico 1 si trova Villa Spada, costruita nel 1639 dall’architetto Francesco Baratta e appartenuta al principe don Giuseppe Spada Varalli. Nel 1849 è sede del quartier generale di Garibaldi e sarà conquistata dai francesi con un attacco di cannonate e fucileria nel quale rimane ucciso Luciano Manara. Ricostruita secondo l’originale, la villa è ora l’Ambasciata d’Irlanda presso la Santa Sede.
LA STORIA
Dove può abitare una coppia formata dal giornalista sportivo Lino Settembre (Fabrizio Bentivoglio), che scrive sul Messaggero ed è spesso ospite televisivo dei programmi Rai come commentatore del calcio, e dalla moglie Chicca (Francesca Neri), docente di Filologia romanza all’università? Pupi Avati ha pensato che fosse perfetta la zona residenziale altoborghese vicino al Fontanone del Gianicolo e li ha messi in via Giacomo Medici 1/a, subito sopra Villa Spada, in un condominio che oggi ospita anche un relais di suites di lusso.
Sul matrimonio felice dei coniugi benestanti di successo si abbatte però la tragedia dell’Alzheimer, che colpisce lui e sconvolge la vita di lei.
Il film è uno dei migliori della nutrita filmografia di uno dei maestri del nostro cinema, autore di una sessantina di opere di generi disparati (dall’autobiografico all’horror, dal comico all’affresco storico, dal musical alle biografie di Bix Beiderbecke e di Dante), ma dalla cifra stilistica personalissima e inconfondibile. Etichettato spesso come il “cantore della memoria”, stavolta Avati affronta il collasso della memoria e sfiora il vertice della commozione più autentica rimanendone affascinato: l’idea che la degenerazione della mente faccia perdere al malato ogni ricordo del presente, ma lo colleghi direttamente al passato della sua infanzia, se non fosse la terribile malattia che sappiamo sembrerebbe l’invenzione fantastica di un film di Avati. Un regista che ha usato il cinema per viaggiare nel tempo col medesimo percorso dell’Alzheimer, per recuperare l’infanzia e strappare alla morte e all’oblio le persone e i ricordi del passato. Nel cast Lino Capolicchio e Gianni Cavina, ricorrenti nella filmografia avatiana.
NELLE VICINANZE
“Il mio modo di vedere le cose talvolta è ingenuo, un po’ infantile ma sincero come i bambini della scalinata di viale Glorioso”: è il testo della targa collocata sulla casa di viale Glorioso nella quale abitava Sergio Leone (1929-1989). A Trastevere il maestro del western all’italiana trascorse anche tutta la sua infanzia.
8. Via di Donna Olimpia, 30 (Gianicolense)
VIA DI DONNA OLIMPIA: LA FINESTRA DI FRONTE DI FERZAN OZPETEK (2003)
IL LUOGO
La via, tra il Gianicolo e Monteverde, ha un passato popolare e un presente chic. Nasce nel 1931 come borgata ai margini della città per bonificare l’area degradata e alloggiare i cittadini sfrattati dalle loro case per i cambiamenti dell’urbanistica fascista. È formata da casermoni ultrapopolari abitati dagli strati sociali più poveri. Negli ultimi decenni è diventata una zona residenziale in cui vivono borghesi e intellettuali. Al civico 152, il 16 marzo 1981 avviene un delitto che fece scalpore a opera della Banda della Magliana.
LA STORIA
Nei “grattacieli” di via di Donna Olimpia vivono nel 1955 i “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini. Vent’anni dopo ci abita il ragionier Fantozzi di Paolo Villaggio nei film diretti da Luciano Salce. Nel 2003 Ferzan Ozpetek utilizza gli stessi casermoni, appartenenti alle case popolari gestite dall’ ente Ater, come condominio dei protagonisti: due coniugi, Giovanna Mezzogiorno e Filippo Nigro, dai lavori precari e dalla vita difficile, e il loro vicino Lorenzo (Raoul Bova).
La location di via di Donna Olimpia 30 dialoga con quella del ghetto ebraico in un gioco di riflessi tra presente e passato, tra vivere e osservare le vite altrui: Giovanna spia la finestra di fronte dove abita Lorenzo e indaga sull’identità dell’anziano Simone, incontrato a Ponte Sisto in stato confusionale, ultima straordinaria interpretazione di Massimo Girotti. Scoprirà che il vero nome di quel signore è Davide Veroli e il suo trauma affonda le radici nel rastrellamento nazista del 1943 del ghetto: ebreo omosessuale, perde all’epoca l’amato Simone per salvare il maggior numero di persone possibile. Ozpetek, regista sensibilissimo alle atmosfere dei luoghi scelti per i suoi film, dichiara di essere stato ispirato da come “quelle case sessant’anni fa abbiano visto delle cose disumane, incredibili. E anche delle cose meravigliose. Credo che tutti i muri della città siano impregnati di questa incredibile energia”. Così le scenografie di Andrea Crisanti e la suggestiva fotografia di Gianfilippo Corticelli, cercano di evocare l’anima popolare della Roma di oggi e di ieri, sprigionando le emozioni rimaste impigliate nelle pareti di via del Portico d’Ottavia come nel muretto giallorosso del cortile di via di Donna Olimpia.
NELLE VICINANZE
“Com’era nuovo nel sole Monteverde Vecchio” sono i versi, tratti dalla poesia Récit della raccolta Le ceneri di Gramsci (1957), che si leggono nella targa appesa sulla casa di via Giacinto Carini 45 in ricordo di Pier Paolo Pasolini, che qui visse dal 1959 al 1963, insieme alla madre Susanna e alla cugina Graziella.
9. Viale della Piramide Cestia (San Saba)
VIALE DELLA PIRAMIDE CESTIA: LE FATE IGNORANTI DI FERZAN OZPETEK (2001)
IL LUOGO
Dopo la battaglia di Azio, nel 31 a.C., grazie alla quale Augusto sconfigge Cleopatra e conquista l’Egitto, a Roma vanno di moda le piramidi, che molti personaggi importanti scelgono come tomba: due erano al posto delle chiese gemelle di piazza del Popolo e una in via della Conciliazione. Tutte demolite, tranne quella del pretore Caio Cestio Epulone, costruita in marmo lunense tra il 18 a.C. e il 12 a.C., alta più di 36 metri, che ancora caratterizza l’area tra l’odierna Porta San Paolo e il Cimitero acattolico. Il quartiere prende il nome dall’antichissimo monastero di San Saba, risalente al VII-VIII secolo, dove si stanziarono dei monaci provenienti da Gerusalemme che seguivano gli insegnamenti del monaco eremita.
LA STORIA
Margherita Buy e Stefano Accorsi mangiano un gelato seduti su una panchina in viale della Piramide Cestia. Il momento è importante perché segna l’inizio dell’amicizia tra Antonia e Michele: lei ha scoperto che lui era l’amante del marito defunto; prima il dolore della perdita, poi lo shock della verità su quello che la donna riteneva un matrimonio perfetto lasciano il posto a un’apertura verso il mondo, che poi è quello del quartiere in cui l’intero film è girato.
Si comincia con il Museo della Centrale Montemartini in via Ostiense, primo esempio di quell’archeologia industriale nel cui contesto è ambientata tutta la storia: dal Gazometro al Ponte dell’Industria. Poi il viaggio in auto tra Porta San Paolo e la Piramide Cestia per arrivare a casa di Michele-Accorsi in via del Porto Fluviale, con la terrazza vista Gazometro. Non il centro antico e carico di memoria che Ozpetek accarezzerà in “La finestra di fronte” ma una Roma moderna, proiettata verso il futuro, come si addice alla storia di Antonia che, anziché respingere la realtà e ripiegarsi in se stessa, cambia il suo punto di vista sulla coppia e sulla famiglia, sperimenta nuove conoscenze sull’allegra terrazza di Michele e impara ad apprezzare i vantaggi della diversità. Ecco che la zona tra San Saba, il Testaccio e l’Ostiense rappresenta nel film la dimensione più umana, aperta e multietnica della capitale: lontani dal turismo di massa e dai palazzi della politica, estranei all’alienazione del caos della metropoli, questi luoghi esprimono la vivacità, il calore, il senso dell’amicizia e la convivialità accogliente di una comunità popolare genuina e tollerante. Dal film uscito nel 2001 Ozpetek trarrà nel 2022 una serie televisiva in otto episodi.
NELLE VICINANZE
“In questa casa visse i suoi ultimi anni Vittorio De Sica (1901-1974) maestro e testimone del grande cinema italiano nel mondo”: così è scritto sulla targa appesa in via Aventina 19, dove abitò uno dei più importanti ed eclettici protagonisti del nostro spettacolo, regista del miglior neorealismo e attore della più popolare commedia all’italiana, cantante, teatrante e sceneggiatore di talento.
10. Piazza Damiano Sauli (Garbatella)
PIAZZA DAMIANO SAULI: UNA VITA VIOLENTA DI PAOLO HEUSCH E BRUNELLO RONDI (1962)
IL LUOGO
Poco distante dalle catacombe di Commodilla in direzione di via Cristoforo Colombo, tra via Passino e via Montuori, la piazza, con al centro un parco, è il cuore della Garbatella. Lo stile razionale e geometrico della perfetta forma rettangolare e delle linee parallele delle panchine e degli alberi è quello dell’architettura fascista, come dimostra la scuola elementare “Cesare Battisti”, costruita nel 1930 con le sue quattro aquile littorie. La chiesa di San Francesco Saverio è la parrocchia nella quale il giovane Karol Wojtyla svolgeva il ruolo di confessore nella seconda metà degli anni Quaranta, trent’anni prima di diventare papa Giovanni Paolo II. L’atmosfera ariosa e sospesa della piazza ricorda quella della pittura metafisica di Giorgio De Chirico. È stata il set della popolare serie televisiva I Cesaroni, tutta girata alla Garbatella.
LA STORIA
“Tutta la Garbatella brillava al sole: le strade in salita coi giardinetti in fila, le case coi tetti spioventi e i cornicioni a piatti cucinati, i mucchi di palazzoni marone con centinaia di finestrelle ed abbaini, e le grandi piazzette con gli archi e i portici di roccia finta intorno”, così Pier Paolo Pasolini descrive il quartiere nel romanzo omonimo da cui è tratto il film e nel quale veniva spesso per scegliere tipi dalle facce proletarie da scritturare per i suoi set. In piazza Damiano Sauli, proprio di fronte alla scuola elementare Cesare Battisti, si incontrano per la prima volta i protagonisti del film, Tommaso e Irene, ed è nell’attigua via Francesco Passino che lui uccide il rivale Shangaino. La coppia è interpretata da Franco Citti e Serena Vergano. Citti, ex-manovale che ha appena esordito come attore in Accattone, si ritrova di nuovo su un set pasoliniano; il suo terzo film sarà Mamma Roma per poi diventare una presenza fissa nella filmografia del maestro, che in questo caso collabora alla sceneggiatura ma lascia la regia a Paolo Heusch, un artigiano di grande professionalità di cui però il produttore Morris Ergas non doveva fidarsi del tutto se gli affianca Brunello Rondi, più accreditato artisticamente visto che era lo sceneggiatore di Rossellini e di Fellini.
La fotografia di Armando Nannuzzi rispecchia bene l’atmosfera primitiva della borgata dai muri scrostati e dalle strade sterrate. Lo stile quasi documentaristico deriva dalla lunga attività in questo genere di Paolo Heusch (che in seguito diventerà uno dei registi di Totò). Le belle musiche di Piero Piccioni contribuiscono non poco alla suggestione di certe sequenze. Tra gli attori da segnalare la prova di Enrico Maria Salerno.
NELLE VICINANZE
“In questa casa ha vissuto gli anni della gioventù fino al 1941 Alberto Sordi (1920-2003) attore e regista” recita la targa apposta in via Vettor Fausto 34, dove Sordi abitò e lì vicino, in via delle Sette Chiese, girò Mamma mia, che impressione! (1951) di Roberto L. Savarese: lì ci sono la Chiesoletta dei Santi Isidoro ed Eurosia e l’Oratorio di San Filippo Neri frequentati dal petulante compagnuccio della parrocchietta protagonista del film.
(Testi a cura di Fabio Canessa, podcast a cura di Alessandra Accardo)
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