Dalla conquista dell’Egitto all’invasione dei Visigoti
In questo percorso conosceremo luoghi che hanno fatto la storia della Roma imperiale, alcuni celebri, altri quasi sconosciuti. Del primo gruppo fa parte l’Ara Pacis, voluta da Augusto per celebrare la prosperità raggiunta dalla città durante il suo regno. È il periodo in cui Roma conquista l’Egitto e viene affascinata dalla sua cultura, come dimostra la Piramide Cestia, che ancora oggi svetta imponente su piazzale Ostiense. A poca distanza da qui ci fermeremo ai piedi dell’Edicola della Separazione, dove San Pietro e San Paolo si scambiarono l’ultimo saluto prima di essere giustiziati dai soldati di Nerone. Assisteremo proprio all’ascesa di questo imperatore arrivando sul Colle Oppio, che conserva parte della sua immensa residenza, la Domus Aurea, per poi raggiungere la Villa di Faonte, luogo del suo suicidio.
Impossibile poi immaginare una passeggiata nella Roma imperiale senza passare davanti al suo simbolo, il Colosseo, luogo di spettacoli e violente esecuzioni capitali. Qui vennero giustiziati anche i primi seguaci del cristianesimo, che divenne religione ufficiale dopo la vittoria di Costantino nella celebre battaglia di Ponte Milvio, nel 312 d.C. Di testimonianze della vita dei primi cristiani Roma è piena, e StoryWalk ci porterà a visitarne alcune tra le più affascinanti e misteriose, come le catacombe di San Sebastiano e il Mausoleo di Elena.
Arriveremo poi davanti a Porta Salaria, dalla quale nel 410 entrarono i visigoti di Alarico, dando inizio a una serie di invasioni barbariche che hanno portato alla caduta dell’Impero d’occidente.
1. Il Mausoleo di Elena – via di San Marcellino (Torpignattara)
Una tomba per la madre di Costantino
IL LUOGO
Siamo lungo il tratto della via Casilina che divide il quartiere Tuscolano da Torpignattara, nel quadrante sud-est di Roma. Superato il civico 649, svoltando a sinistra arriviamo in via di San Marcellino e, entrati nel parco di Villa de Sanctis, ci troviamo davanti un’imponente struttura in muratura. È il mausoleo di Elena, madre dell’imperatore Costantino.
Costruito tra il 326 e il 330 d.C., è costituito da un basamento cilindrico sovrastato da un alto tamburo, per buona parte crollato, sul quale si aprono ampie finestre ad arco. Guardando in alto, nella parete interna, si scorgono i resti delle anfore inserite nella struttura per alleggerire il peso della cupola che originariamente completava il monumento. Sono proprio queste anfore, dette pignatte, a dare il nome alla zona, un tempo nota come Torre delle pignatte e oggi come Torpignattara.
LA STORIA
Il luogo in cui ci troviamo, nell’antichità era conosciuto col nome di ad duas lauros (ai due allori), per la presenza nelle vicinanze di due grandi alberi di alloro, o di qualche monumento perduto con una decorazione a doppio ramo di alloro. Durante la prima età imperiale qui sorgeva la necropoli utilizzata dai cavalieri della guardia imperiale, gli equites singulares.
A partire dal III secolo l’area cimiteriale inizia a essere sfruttata anche dai cristiani, che qui scavano le catacombe in cui nel 304 d.C. vengono sepolti i corpi di Marcellino e Pietro, due martiri uccisi durante le persecuzioni dell’imperatore Diocleziano.
Pochi anni dopo, precisamente il 28 ottobre del 312 d.C., a Ponte Milvio va in scena la battaglia che decide le sorti dell’impero, della cristianità e, in misura minore, anche del luogo in cui siamo. A fronteggiarsi sono Costantino, imperatore d’occidente, e Massenzio, usurpatore autoproclamatosi imperatore. Secondo la leggenda, Costantino sconfigge il suo avversario grazie alla visione di una croce che gli annuncia l’imminente trionfo. Da quel momento il cristianesimo inizia a uscire dalla clandestinità finché, l’anno seguente, l’editto di Milano sancisce la libertà di culto di tutti i cittadini dell’impero.
Dopo la vittoria a Ponte Milvio, Costantino scioglie il corpo degli equites singulares, colpevoli di essersi schierati dalla parte di Massenzio e, per cancellarne il ricordo, distrugge la loro necropoli. Al suo posto fa edificare una basilica dedicata alla memoria dei martiri Marcellino e Pietro (oggi perduta) affiancata dal mausoleo destinato a custodire le spoglie di sua madre Elena, che verrà considerata santa dalla religione cristiana.
NELLE VICINANZE
Ritornando sulla via Casilina, basta fare pochi passi per raggiungere il civico 641, dove si trova l’ingresso per accedere alle catacombe dei santi Marcellino e Pietro. Scavate tra la seconda metà del III e gli inizi del V secolo, sono le terze più estese di Roma, con una superficie di quasi 20.000 metri quadrati. Grazie alla loro ricchissima decorazione pittorica sono considerate un vero tesoro della Roma sotterranea. Da non perdere la cripta dei martiri, monumentalizzata da papa Damaso (366-384) e trasformata nel VI secolo in una vera e propria basilica ipogea.
INFORMAZIONI UTILI
Metro C: fermata Parco di Centocelle
Autobus: 105, 558
Tram Roma-Giardinetti: fermata Berardi
ZTL: NO
Tappa successiva: Catacombe di San Sebastiano 8,5 km
Info di servizio: Prenotazione obbligatoria (santimarcellinoepietro@gmail.com)
Tour guidati ore 10:00, 11:00, 15:00, 16:00
Chiuso il giovedì e ad agosto
2. Le catacombe di San Sebastiano – via Appia Antica 136 (Ardeatino)
L’ufficiale che sfidò Diocleziano
IL LUOGO
Siamo sulla via Appia Antica, la regina viarum, realizzata a partire dal 312 a.C. per congiungere Roma con i territori della Magna Grecia. Lungo il suo tracciato sono sorti, nei secoli, decine di monumenti e luoghi straordinari, compreso quello dove siamo diretti: le catacombe di San Sebastiano. Appena superato l’incrocio con il vicolo delle Sette Chiese, alla nostra destra si apre un piazzale con una chiesa che a prima vista sembra una delle tante che si possono vedere in città. Eppure, proprio sotto i nostri piedi, si cela un mondo straordinario.
Attraversata la sala che espone decine di sarcofaghi antichi, si scende una ripida scala che porta nei sotterranei: ben 12 chilometri di gallerie scavate nel tufo, sulle cui pareti sono state ricavate, tra il III e il V secolo, migliaia di tombe destinate a ospitare le spoglie dei cristiani.
LA STORIA
Originariamente la località in cui ci troviamo viene chiamata ad catacumbas (dal greco katà e kymbe, presso le cavità) per la presenza di cave di pozzolana che dal II secolo iniziano a essere sfruttate come luogo di sepoltura pagano. Il cimitero cristiano si sviluppa solo a partire dal 258 d.C., quando qui vengono trasferite le spoglie di San Pietro e San Paolo per metterle al sicuro dalle persecuzioni dell’imperatore Valeriano. Grazie alla presenza dei corpi degli apostoli, questo diventa uno dei principali luoghi di culto e di sepoltura per i cristiani, tanto che Costantino nella prima metà del IV secolo fa costruire sopra al cimitero una chiesa nota come Basilica apostolorum. Ma il nome con cui conosciamo oggi sia la basilica (ricostruita su quella originale) che le catacombe si deve ad un altro martire qui sepolto: San Sebastiano.Alto ufficiale dell’esercito imperiale, Sebastiano viene condannato a morte da Diocleziano quando questi lo scopre cristiano e, nonostante venga trafitto da decine di frecce, riesce miracolosamente a sopravvivere. Secondo la tradizione, una volta guarito Sebastiano si ripresenta davanti a Diocleziano proclamando la propria fede cristiana e chiedendo di far cessare le persecuzioni. Per tutta risposta Diocleziano ordina di farlo giustiziare e di gettare il suo corpo nel Tevere. Ma una notte il martire appare in sogno a una donna, indicandole il luogo in cui è approdato il suo cadavere e le ordina di seppellirlo nel cimitero ad catacumbas sull’Appia.
Nel corso del tempo, i pellegrini che giungono qui attirati dalla memoria apostolorum, iniziano a venerare anche la tomba di Sebastiano, il cui culto diventa tanto importante da dare, a partire dal V secolo, il nome sia alle catacombe che alla basilica.
NELLE VICINANZE
All’interno della basilica sono conservate le reliquie di San Sebastiano, tra cui una delle frecce estratte dal suo corpo e la colonna alla quale fu legato durante l’esecuzione. Nella chiesa si trova anche il Salvator Mundi, la statua di Cristo considerata l’ultima opera del Bernini, e un ex-voto pagano che la tradizione cristiana considera le impronte di Gesù, lasciate durante l’incontro con San Pietro nel luogo dove oggi si trova la chiesa del Domine Quo Vadis, qui vicino, al bivio tra l’Appia Antica e la via Ardeatina, appena dopo le catacombe di San Callisto.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Arco di Travertino
Autobus: 118, 218, 660
ZTL: NO
Tappa successiva: L’Edicola della separazione 4,0 km
3. L’edicola della Separazione – via Ostiense 106
Il villaggio di capanne all’origine di Roma
IL LUOGO
Tra le strade più antiche di Roma, c’è la via Ostiense. Nata ai tempi di re Anco Marzio per collegare Roma al porto di Ostia, è proprio su questa via ricca di storia che ci troviamo ora. Arrivati al civico 106, sulla sinistra, c’è una lastra di marmo con un’iscrizione. È stata affissa per ricordare ai passanti che fino al 1915 qui sorgeva la piccola Cappella del Santo Crocifisso, costruita nel Medioevo per indicare il luogo in cui il 29 giugno del 67 d.C. gli apostoli Pietro e Paolo si sono scambiati l’ultimo saluto prima di essere messi a morte. Il bassorilievo sopra l’iscrizione, una copia dell’originale, raffigura proprio i due discepoli nell’atto di abbracciarsi. Le iconografie sono quelle tradizionali: Pietro è rappresentato con una folta chioma e la barba arrotondata, mentre Paolo è stempiato e con la barba a punta.
LA STORIA
Dopo questo fraterno saluto, Pietro è condotto nel circo di Nerone, dove oggi sorge la basilica di San Pietro in Vaticano, venendo crocifisso a testa in giù. È stato proprio lui a chiederlo, perché ritiene di non essere degno di morire come Gesù Cristo. A Paolo, invece, in quanto cittadino romano, viene riservato un trattamento più dignitoso, almeno secondo i parametri del tempo: la decapitazione.
Mentre Paolo viene condotto al patibolo (dove oggi si trova l’abbazia delle Tre Fontane, all’Eur) lungo la via Ostiense, secondo quanto riportato negli Atti di Pietro e Paolo, una donna gli si fa incontro commossa e disperata nel vederlo in catene. Si chiama Plautilla, è la vedova di un senatore romano ed è cieca da un occhio. Si è convertita da poco al cristianesimo, proprio dopo aver ascoltato le prediche dei due apostoli in città, ricevendo il battesimo da Pietro in persona. Nel vederla piangere, Paolo la conforta e le chiede in prestito il suo velo, assicurandole di restituirglielo in un secondo momento. La donna fa per consegnarglielo, ma i soldati di Nerone le consigliano di tenere per sé l’indumento, perché se lo consegnerà al condannato di certo non lo rivedrà più. Ma Plautilla è ferma nelle sue intenzioni e prega i soldati affinché gli occhi dell’apostolo siano bendati con il suo velo al momento della decapitazione, e così accade. Avvenuta l’esecuzione, il sudario intriso del sangue dell’apostolo viene restituito alla donna che lo avvicina all’occhio malato che, miracolosamente, riprende a vedere.
Ancora oggi il 29 giugno è un giorno di festa per i romani, il giorno dedicato ai santi patroni della città, Pietro e Paolo, che si abbracciarono per l’ultima volta proprio nel luogo in cui ci troviamo ora.
NELLE VICINANZE
Proprio dal civico 106 di via Ostiense si può entrare nel Museo della Centrale Montemartini dove, accanto ai giganteschi macchinari del vecchio impianto termoelettrico, sono esposti capolavori di arte classica, in un sorprendente gioco di contrasti tra antichità e modernità. Risalendo la via Ostiense per circa un chilometro, invece, raggiungiamo Porta San Paolo, al cui interno è allestito il Museo della via Ostiense, dove sono conservati i reperti rinvenuti nei secoli lungo l’antica strada, tra i quali anche il bassorilievo originale di Pietro e Paolo.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Garbatella
Autobus: 23, 769, 792
ZTL: NO
Tappa successiva: La Piramide Cestia 1,2 km
4. La Piramide Cestia – piazzale Ostiense (Ostiense)
La sepoltura egizia per un tribuno di Roma
IL LUOGO
Siamo nel cuore del quartiere Ostiense, sul piazzale omonimo, crocevia dei traffici della città fin da tempi immemori. Proprio da qui passava il primo tracciato della via Ostiense, realizzata nel VII secolo a.C. per congiungere Roma con il Mar Tirreno. In antichità il luogo in cui ci troviamo era poco fuori dalle mura della città, dove le consuetudini del culto pagano permettevano di seppellire i morti. Per questo motivo ai lati della via Ostiense sorsero varie tipologie di tombe, tra le quali la più celebre e monumentale è sicuramente la Piramide Cestia.
Alta più di 36 metri e perfettamente conservata nonostante abbia più di duemila anni, svetta bianchissima con il suo rivestimento in marmo di Carrara accanto a Porta San Paolo, l’ingresso costruito tre secoli più tardi per permettere il passaggio della via Ostiense attraverso le mura Aureliane.
LA STORIA
Ma cosa ci fa una piramide al centro di Roma? Per scoprirlo bisogna tornare indietro nel tempo fino al 30 a.C., quando l’Egitto entra a far parte ufficialmente dei possedimenti romani, dopo la sua conquista da parte di Ottaviano Augusto. Da quel momento la cultura millenaria del popolo egiziano inizia a penetrare in città, affascinando e influenzando soprattutto le mode delle classi più agiate. Comprese le usanze funerarie.
La piramide, infatti, è la tomba di un ricco e importante uomo politico vissuto durante l’epoca augustea, la cui identità è stata ricostruita da un’iscrizione presente su una delle facce del monumento. Si chiama Caio Cestio, pretore, tribuno della plebe e membro del Collegio dei septemviri epulones, i magistrati che hanno il compito di organizzare i banchetti sacri in occasione delle festività religiose. Un’altra iscrizione, sulla faccia opposta, ricorda un fatto curioso, secondo il quale gli eredi sono obbligati a costruire la piramide, pena la perdita dell’eredità, entro 330 giorni dalla morte del pretore. Pare ne abbiano impiegati anche meno, tanto il timore di perdere il ricco lascito. Da altre iscrizioni rinvenute a ridosso del monumento, invece, gli archeologi sono risaliti al periodo della costruzione, collocato tra il 18 e il 12 a.C., in piena età augustea. Tra i beneficiari del testamento, infatti, è nominato anche Marco Vipsanio Agrippa, amico, collaboratore e genero di Augusto. Conoscendo l’anno della sua morte, il 12 a.C., la piramide deve essere stata costruita necessariamente prima di quella data e comunque dopo il 18 a.C., anno della legge che proibisce l’ostentazione del lusso, a causa della quale gli eredi di Caio Cestio devono rinunciare a collocare nella tomba alcuni preziosi ornamenti come il defunto avrebbe voluto.
NELLE VICINANZE
Dietro la piramide, in via di Caio Cestio 6, si trova uno dei luoghi più suggestivi della città, il cimitero acattolico, uno spazio intimo e romantico impreziosito da bellissime sculture e lapidi di personaggi illustri, come John Keats, Antonio Gramsci e Andrea Camilleri. A due passi, in via Nicola Zabaglia 50, si entra invece nel Rome War Cemetery, dedicato alla memoria dei militari del Commonwealth caduti nella Seconda guerra mondiale. Se ci si vuole fermare per una pausa ristoratrice, invece, basta raggiungere il caratteristico mercato di Testaccio, in via Franklin.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Piramide
Autobus: 77, 769, 775
Treno Roma-Lido fermata Roma Porta San Paolo
ZTL: NO
Tappa successiva: Colosseo 1,8 km
5. Il Colosseo – piazza del Colosseo (Celio)
Un imponente anfiteatro per dimenticare Nerone
IL LUOGO
Ci troviamo nel centro archeologico della città moderna e nel cuore pulsante di quella antica, dove si è letteralmente fatta la storia. Arrivati a piazza del Colosseo, si rimane letteralmente sbalorditi dalla magnificenza del monumento che ci si para davanti agli occhi, il più celebre di Roma, e probabilmente del mondo intero.
Geograficamente ci troviamo nel mezzo della valle formata da tre dei mitici sette colli – il Celio, l’Esquilino e il Palatino – occupata, appena prima della costruzione del Colosseo, dal lago artificiale della magnifica residenza privata di Nerone, la Domus Aurea. Fino all’inizio del Medioevo su questa piazza si trovava ancora la gigantesca statua in bronzo voluta da Nerone per la sua reggia, un colosso appunto, motivo per cui quello che era originariamente conosciuto come Anfiteatro Flavio è diventato famoso col nome di Colosseo.
LA STORIA
Alla morte di Nerone, suicidatosi il 9 giugno del 68 d.C., segue una sanguinosa lotta per la successione, durante la quale in un solo anno si avvicendano ben tre imperatori: Galba, Otone e Vitellio. Alla fine a spuntarla è un quarto personaggio, il fondatore della dinastia Flavia, Vespasiano. Come prima mossa politica, il nuovo imperatore restituisce alla popolazione il vasto territorio al centro della città che Nerone aveva riservato solo per sé e per la sua corte. Parte della Domus Aurea viene demolita e, proprio al posto del lago artificiale della residenza, viene costruito il più grande anfiteatro del mondo. Per cancellare definitivamente il ricordo di Nerone, Vespasiano cambia anche i connotati alla sua statua colossale, trasformandola in un’immagine del dio sole. L’anziano imperatore non fa in tempo a vedere l’inaugurazione dell’Anfiteatro Flavio, avvenuta nell’80 d.C. sotto il figlio maggiore Tito, con cento giorni di festeggiamenti. Sarà suo fratello minore, Domiziano, a completare definitivamente l’opera, nel 90 d. C., aggiungendo scudi dorati sull’attico e realizzando i sotterranei dell’arena.
Il risultato è di un’imponenza senza pari, con numeri impressionanti: un edificio ellittico alto 50 metri, di un bianco scintillante, costruito con oltre 100mila metri cubi di travertino. L’anello esterno, lungo 188 metri e largo 156, è composto da quattro piani sovrapposti, sui primi tre dei quali si aprono 80 archi, mentre l’ultimo ha un muro pieno decorato con lesene e finestre. Le arcate al piano terra rappresentano l’accesso alle gradinate e alla cavea, i cui spalti possono accogliere più di 50.000 spettatori. Praticamente la stessa capienza dello Stadio Olimpico della Roma odierna, ma con quasi 2000 anni di anticipo.
NELLE VICINANZE
Ci troviamo in un luogo talmente ricco di meraviglie che è davvero difficile elencarle tutte. Acquistando il biglietto del Parco Archeologico del Colosseo, valido 24 ore, si può accedere sia all’anfiteatro che alle aree archeologiche del Palatino, del Foro Romano e dei Fori Imperiali. Una full immersion nella storia di Roma. Da qui si può raggiungere poi viale Serapide, all’interno del vicino Parco di Colle Oppio, per calarsi nelle meravigliose sale affrescate della Domus Aurea.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: Colosseo
Autobus: 51, 75, 85, 117, 118
Tram 8 (prolungato)
ZTL Tridente (A1)
Diurna: lun – ven dalle 6:30 alle 19:00 (esclusi festivi)
sab dalle 10:00 alle 19:00 (esclusi i festivi)
Tappa successiva: Domus Aurea 260 m
Info di servizio: Biglietti durata 24h per Parco Archeologico Colosseo (parcocolosseo.it)
6. La Domus Aurea – viale Serapide (Colle Oppio)
La reggia sorta dalle ceneri di un incendio
Per raggiungere questo luogo si deve entrare nel parco di Colle Oppio dal grande ingresso che si apre sull’angolo di piazza del Colosseo che dà su via Labicana. Fatti pochi passi su via della Domus Aurea, basta girare a sinistra per trovarsi su viale Serapide, sul fondo del quale c’è un modesto cancelletto da cui si può accedere a un mondo sotterraneo straordinario.
Si trova qui sotto, infatti, l’unica porzione che si è conservata della grandiosa residenza di Nerone, la Domus Aurea, riscoperta casualmente in epoca rinascimentale. Si tratta dell’edificio dedicato ai banchetti, probabilmente quello più sfarzoso, che custodisce sale decorate con dipinti e stucchi originalissimi per l’epoca, che spaziano dalle scene mitologiche ai paesaggi onirici, dagli animali fantastici a elementi puramente decorativi.
LA STORIA
La notte tra il 18 e il 19 luglio del 64 d.C., mentre Nerone si trova nella sua villa di Anzio, un terribile incendio devasta il centro di Roma. Quando le fiamme si estinguono, i superstiti si trovano davanti a una catastrofe. Stando allo storico Tacito, Nerone – tornato in città – si prodiga per aiutare la popolazione in ogni modo possibile. Tuttavia i suoi provvedimenti non bastano a placare le voci, sempre più insistenti, secondo le quali l’imperatore stesso avrebbe ordinato di dare alle fiamme la città. Come siano andate veramente le cose nessuno può dirlo con certezza.
Sta di fatto che Nerone approfitta dell’occasione per riedificare la zona distrutta dall’incendio secondo i propri gusti e nel giro di quattro anni – nel 68 d.C. – viene inaugurata la residenza più grande e lussuosa mai sorta a Roma: la Domus Aurea. Per avere un’idea delle sue smisurate dimensioni basta dire che tutto il complesso copre una superficie che abbraccia un settore del Palatino, la Velia, il Colle Oppio e parte di Esquilino e Celio. Più che una reggia, una piccola città, con tanto di saloni per le feste e dépendance per gli ospiti, circondata da giardini, fontane, vigne e boschi. La megalomania di Nerone non finisce qui, perché nel grande vestibolo d’ingresso, tra Palatino e Celio, fa innalzare una statua di bronzo alta 35 metri a sua immagine e somiglianza che si specchia nelle acque di un lago artificiale. Sarà proprio lì che pochi anni più tardi sorgerà l’Anfiteatro Flavio, ribattezzato nel medioevo Colosseo proprio per la vicinanza con questa colossale statua di Nerone.
L’imperatore però non avrà tempo per godersi la sfarzosa residenza: braccato dai nemici, il 9 giugno del 68 d.C. si toglierà la vita.
NELLE VICINANZE
Ci troviamo in una zona ricchissima di testimonianze, molte delle quali visibili ancora oggi, costruite sulle rovine della Domus Aurea. Vespasiano fa erigere il Colosseo al posto del lago artificiale; anche il Palazzo di Domiziano sul Palatino viene edificato sulle strutture neroniane. Sull’altro versante del colle sorgono le Terme di Tito, oggi scomparse, e le Terme di Traiano, i cui resti sono visibili passeggiando su Colle Oppio. Sull’atrio d’ingresso della Domus Aurea, di fronte al Colosseo, Adriano edifica il Tempio di Venere e Roma, il più grande della città.
INFO
La Domus Aurea è visitabile dal lunedì al giovedì dalle 9:15 alle 17:15; dal venerdì alla domenica dalle 9:45 alle 17:00.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Colosseo
Autobus: 51, 85, 87, 117
Tram 8 (prolungato)
ZTL: NO
Tappa successiva: Ara Pacis Augustae 2,8 km
Info di servizio: Apertura lun-giov dalle 9:15 alle 17:15; ven-dom dalle 9:45 alle 17:00
7. Ara Pacis Augustae – lungotevere in Augusta (Campo Marzio)
Un simbolo di pace nella Roma di Augusto
IL LUOGO
Passeggiando su lungotevere in Augusta non si può fare a meno di notare, dal lato opposto del fiume, la grande struttura a vetrata realizzata nel 2006 dal celebre architetto statunitense Richard Meier. Al suo interno è custodito uno dei monumenti più rappresentativi dell’arte romana antica, l’Ara Pacis Augustae. Originariamente non si trovava qui ma in un’area dell’antico Campo Marzio consacrata alla celebrazione delle vittorie, corrispondente all’odierna zona di piazza San Lorenzo in Lucina, accanto a via del Corso.
Dopo il ritrovamento e il restauro dei frammenti, alcuni dei quali ritrovati in varie parti d’Italia e del mondo, il monumento venne ricostruito in questo luogo per volontà di Benito Mussolini – proprio accanto al grande mausoleo di Augusto – e inaugurato nel 1938, in occasione dei duemila anni dalla nascita dell’imperatore.
LA STORIA
È il 4 luglio del 13 a.C. quando il Senato vota la costruzione di un altare per celebrare la pacificazione dell’area mediterranea e la prosperità raggiunta da Roma dopo il ritorno di Augusto dalle vittoriose campagne di Gallia e Hispania. La cerimonia di consacrazione ha luogo solo quattro anni più tardi, il 30 gennaio del 9 a.C., con solenni cerimonie alle quali interviene tutta la famiglia imperiale, nonché i più alti personaggi della religione e della politica.
L’Ara Pacis è costituito da un recinto rettangolare con una scalinata d’accesso che porta verso l’altare vero e proprio, collocato in posizione sopraelevata all’interno del recinto stesso. Sono i bassorilievi che decorano tutta la struttura a rendere questo monumento il simbolo della politica augustea e più in generale di Roma, rappresentando scene, personaggi e simboli che alludono alle origini, alla potenza e alla perenne prosperità della città. In particolare, ai lati della scalinata d’ingresso, si trova la scena di Enea che offre un sacrificio ai Penati, le divinità protettrici della casa e della famiglia, e quella di Romolo e Remo che vengono allattati dalla lupa alla presenza di Marte, dio protettore di Roma. Sul lato opposto del recinto, invece, ci sono le rappresentazioni allegoriche della Terra e di Roma, circondate da simboli e figure che richiamano di continuo la pace e la prosperità raggiunta dal mondo sotto il dominio della città. Sulle altre due pareti è riprodotta una lunga processione, probabilmente la stessa sfilata davanti all’Ara Pacis il giorno della sua inaugurazione, in cui figurano i più importanti personaggi della famiglia imperiale – disposti secondo un rigido ordine gerarchico – e le massime autorità religiose della città.
NELLE VICINANZE
Proprio dietro il Museo dell’Ara Pacis, in piazza Augusto Imperatore, si trova il Mausoleo di Augusto in cui vennero tumulati, oltre l’imperatore a cui è intitolato, diversi esponenti della dinastia Giulio-Claudia. Trovandoci qui, possiamo fare una passeggiata lungo via del Corso, e magari approfittare per fermarci ad ammirare la colonna di Marco Aurelio, proprio davanti al Palazzo di Montecitorio. Prendendo la stessa strada nella direzione opposta, invece, arriviamo in pochi minuti a piazza del Popolo, ai piedi della meravigliosa terrazza del Pincio.
INFO
Visitabile tutti i giorni 9.30-19.30 (24 e 31 dicembre 9.30-14.00)
Ultimo ingresso: un’ora prima della chiusura
Giorni di chiusura: 1° gennaio, 1° maggio, 25 dicembre
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Barberini
Autobus: 119, 628
ZTL centro storico
Diurna: lun – ven dalle 6:30 alle 18:00 (esclusi festivi)
sab dalle 14:00 alle 18:00 (esclusi festivi)
Notturna: ven e sab dalle 23:00 alle 3:00 (esclusi i festivi e agosto)
Tappa successiva: Porta Salaria 2,3 km
Info di servizio: Tutti i giorni 9:30-19:30 (24 e 31 dicembre 9:30-14:00)
Chiusura 1° gen, 1° mag, 25 dic
8. Porta Salaria – piazza Fiume (Sallustiano)
I visigoti di Alarico e la fine dell’Impero
È una di quelle tappe che non esiste più fisicamente ma, se facciamo attenzione ai particolari, possiamo vederne ancora il ricordo. Arrivati in piazza Fiume, dobbiamo raggiungere la banchina dei bus situata proprio all’inizio di via Piave, la strada che taglia le Mura Aureliane, ben visibili e imponenti ai suoi lati. Sull’asfalto, tra le linee gialle della corsia preferenziale dei mezzi pubblici, è inserita una lastra in marmo che reca la scritta “Porta Salaria”. Proprio in questo punto, infatti, in antichità si trovava l’ingresso che consentiva alla via Salaria il passaggio attraverso le mura. La porta venne seriamente danneggiata il 20 settembre del 1870, durante l’assedio che aprì la breccia nella vicina Porta Pia. Demolita l’anno seguente e ricostruita nel 1873, nel 1921 fu deciso di rimuoverla definitivamente per realizzare piazza Fiume.
LA STORIA
Siamo all’inizio del V secolo e ormai da tempo le popolazioni barbariche premono lungo i confini dell’impero. È solo questione di tempo prima che i barbari arrivino presto anche a Roma. Sebbene non sia più capitale dell’impero da oltre un secolo, infatti, la città ne resta comunque il simbolo, sede del Senato e custode di ricchezze enormi. L’imperatore Onorio corre ai ripari, ristrutturando le Mura Aureliane costruite solo 130 anni prima ma non più adeguate a difendere la città dalla minaccia che incombe. In soli due anni, tra 401 e 403, la loro altezza massima viene quasi raddoppiata, mentre molte delle porte che si aprono lungo la cinta vengono rinforzate, compresa Porta Salaria.
Questi accorgimenti non basteranno tuttavia a fermare l’avanzata dei visigoti guidati da Alarico i quali, dopo essere stati respinti per ben due volte, nel 408 e nel 409, l’anno successivo si ripresentano sotto le mura della città, bloccando tutte le porte e con esse la possibilità di rifornimenti dall’esterno. Dopo giorni di assedio, la popolazione è decimata, stremata dalla fame e dalle malattie. Alla fine, il 24 agosto del 410, i visigoti riescono a entrare in città proprio da Porta Salaria, dando inizio a un saccheggio sfrenato che si protrae per tre lunghi giorni, funestati da massacri e violenze di ogni genere.
Una tragedia simile non accadeva dal 390 a.C., dal sacco dei galli guidati da Brenno, ben 800 anni prima. Diversi storici moderni considerano il sacco del 410 come il principio della fine dell’Impero romano. Un evento con un impatto di gran lunga maggiore rispetto alla cosiddetta “caduta senza rumore” del 476, anno in cui viene deposto l’ultimo imperatore Romolo Augustolo e con il quale si fa iniziare convenzionalmente il Medioevo.
NELLE VICINANZE
Nell’angolo situato tra via Piave e via Sulpicio Massimo c’è la tomba di Quinto Sulpicio Massimo, morto a soli 11 anni dopo aver partecipato al terzo agone di poesia greca organizzato da Domiziano nel 94 d.C., suscitando entusiasmo per la sua giovane età. Da qui, proseguendo lungo corso d’Italia, si arriva in pochi minuti a Porta Pia, dove si trova il Museo storico dei bersaglieri, mentre se prendiamo via Nizza, al civico 138 possiamo visitare il Macro, il Museo di arte contemporanea di Roma, realizzato nello stabilimento storico della birra Peroni.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B1: fermata Castro Pretorio
Autobus: 63, 83, 92
ZTL: NO
Tappa successiva: Ponte Milvio 4,4 km
9. Ponte Milvio (Tor di Quinto)
Costantino sconfigge l’usurpatore Massenzio
IL LUOGO
Questo ponte si trova al confine di quattro quartieri, poiché collega piazzale Cardinal Consalvi – a metà tra Flaminio e Parioli – a piazzale di Ponte Milvio, diviso tra il quartiere Della Vittoria e quello di Tor di Quinto. Il ponte oggi è famoso per la sua movimentata frequentazione, punto di ritrovo per appuntamenti o per una birra tra tifosi prima dell’inizio delle partite di calcio nel vicino Stadio Olimpico. Ma è ancora più celebre per la battaglia che porta il suo nome, decisiva per le sorti di Roma e della cristianità.
LA STORIA
Siamo nell’autunno del 312 d.C. quando Costantino marcia verso Roma sulla via Flaminia per rovesciare l’usurpatore Massenzio – autoproclamatosi imperatore sei anni prima – e si accampa con il suo esercito poco lontano da qui, in località Malborghetto, dove ha la celebre visione della croce accompagnata dal motto in hoc signo vinces, “sotto questo segno vincerai”. Combattendo in nome del dio cristiano, riuscirà infatti a sconfiggere Massenzio.
Anche quest’ultimo ha ricevuto responsi favorevoli dalle sue divinità pagane, tanto da azzardare una mossa a sorpresa: distrutto Ponte Milvio, per non offrire una via di accesso in città a Costantino, fa allestire un ponte di barche, facilmente smontabile all’occorrenza, e ordina ai suoi di attraversare il Tevere per andare incontro all’esercito nemico e attaccarlo. Una mossa che si rivela ben presto disastrosa. Lo scontro finale ha luogo qui vicino, nella zona di Saxa Rubra, dove la cavalleria di Costantino si lancia con violenza contro le ali dello schieramento nemico che non riesce a contenere l’attacco. Gli uomini di Massenzio indietreggiano, ritirandosi in modo scomposto verso il Tevere e venendo in gran parte inghiottiti dalle sue acque tumultuose, perché il ponte di barche allestito per la ritirata non regge il peso dei soldati. Lo stesso Massenzio, in sella al suo cavallo, cade in acqua, venendo trascinato sul fondo dalla pesante armatura. Morirà annegato.
È il 28 ottobre del 312 d.C., e a Ponte Milvio è appena iniziata una nuova era. Soltanto un anno dopo, infatti, Costantino firma l’editto di Milano, con il quale concede a tutti i cittadini la libertà religiosa, gettando le basi della cristianizzazione dell’impero.
NELLE VICINANZE
Prendendo il lungotevere Maresciallo Diaz, si arriva in pochi minuti al Foro Italico, il luogo dove si sono tenuti e si tengono ancora oggi i più importanti eventi sportivi della capitale, sede dello Stadio dei Marmi, dello Stadio Olimpico e dello Stadio centrale del tennis. Se raggiungiamo viale delle Olimpiadi, possiamo passeggiare sulla Walk of Fame delle leggende dello sport italiano, un percorso in cui sono incastonate cento targhe dedicate ad altrettanti nomi di atleti che hanno scritto la storia dello sport italiano.
INFORMAZIONI UTILI
Metro NO
Autobus: 32, 69, 188, 200, 226, 301, 446, 911, C2, G03, G07
ZTL NO
Tappa successiva: La Villa di Faonte 8,9 km
10. La Villa di Faonte – via Passo del Turchino (Montesacro)
Nerone: un epilogo drammatico
IL LUOGO
Questa tappa ci porta in via Passo del Turchino, una strada senza uscita tra la zona di Montesacro alto e il quartiere popolare del Tufello, costeggiata da un’area verde conosciuta come Parco di Faonte. Il suo nome si deve ai resti di una villa romana che possiamo vedere raggiungendo la fine della strada.
Quelle strutture ad arco che si trovano alla nostra sinistra sono i ruderi di una grande cisterna per l’acqua, secondo alcuni studiosi appartenente alla villa di proprietà di un fedelissimo personaggio dell’imperatore Nerone, il liberto Faonte. L’attribuzione non è certa, poiché si basa sulla posizione che ne dà lo storico Svetonio, posizionandola al IV miglio tra le vie Salaria e Nomentana. Ma va detto che il ritrovamento nelle vicinanze di un’iscrizione che riporta il nome di Claudia Egloge, nutrice di Nerone, avvalora questa tesi.
LA STORIA
Nell’ultimo periodo del suo regno, Nerone, temendo di essere ucciso dalle continue congiure, si ritira nella sfarzosa residenza della Domus Aurea, dedicandosi all’arte e alla musica e abbandonando di fatto il governo dell’impero nelle mani del Prefetto del pretorio, il sanguinario Tigellino. Da sempre in pessimi rapporti con i senatori della città, l’imperatore viene abbandonato anche dall’esercito e dai pretoriani, finché il senato decide di deporlo, riconoscendo il generale Galba come nuovo padrone di Roma. È il 9 giugno del 68 d.C.
A questo punto Nerone si vede perduto. Non sa se fuggire, chiedere perdono oppure suicidarsi. Mentre valuta queste opzioni, un suo liberto, Faonte, gli propone di nascondersi nella sua villa tra la via Salaria e la via Nomentana, proprio dove ci troviamo ora. Non c’è un minuto da perdere e l’imperatore, salito a cavallo con indosso una tunica e un fazzoletto sul volto per non farsi riconoscere, corre verso la villa, accompagnato solo da quattro fedeli compagni. Svetonio racconta che, durante il tragitto, l’imperatore sente le urla di giubilo dei soldati che acclamano Galba e maledicono il suo nome. Giunto rocambolescamente nella dimora di Faonte, un biglietto recapitato dall’esterno gli comunica che il Senato lo ha dichiarato nemico pubblico e lo sta facendo cercare per punirlo secondo l’uso antico: bastonato fino alla morte dopo essere stato spogliato e bloccato in una forca. Sentendosi ormai perduto, Nerone ordina ai suoi compagni di scavare una fossa, dopodiché pronuncia la celebre frase Qualis artifex pereo (“Quale artista muore con me”) e si taglia la gola, proprio nel momento in cui le milizie di Galba lo hanno ormai raggiunto.
NELLE VICINANZE
Dal luogo in cui ci troviamo possiamo raggiungere in circa mezz’ora di cammino Ponte Nomentano, uno dei pochissimi ponti pedonali di Roma, la cui prima costruzione risale all’età repubblicana. Ricostruito dopo la distruzione degli ostrogoti guidati da Totila, è stato teatro di diversi eventi storici, dall’incontro tra papa Leone III e Carlo Magno, giunto a Roma nell’anno 800 per farsi incoronare imperatore, ai danneggiamenti subiti nel 1849, quando le truppe francesi ne fecero saltare la parte mediana per impedire l’accesso dei garibaldini in città.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B1: fermata Jonio
Autobus: 338, 341
ZTL: NO
(Testi a cura di Marco Eusepi, podcast a cura di Francesca Chiarantano)
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