La Roma di Giulio Cesare e della sua amante Cleopatra
Questo percorso ci porta in alcuni dei luoghi più iconici del periodo repubblicano (509 a.C. – 27 a.C.). Dal Ponte Sublicio, dove l’eroe Orazio Coclite si sacrifica in nome della neonata res publica, al Tempio dei Dioscuri, eretto nel Foro per ringraziare le divinità intervenute al fianco di Roma per aver sconfitto i popoli latini ostili, sancendo il dominio della città su tutto il territorio circostante. Dominio che più tardi viene messo a dura prova dal saccheggio compiuto dai galli senoni, in seguito al quale Roma rinforza le antiche Mura Serviane, ancora visibili. Una città che si difende, dunque, ma che allo stesso tempo accoglie la cultura del mondo greco grazie a famiglie illuminate, come quella degli Scipioni, della quale visiteremo il monumento funerario.
Cammineremo poi nello stadio più grande mai costruito dall’uomo, il Circo Massimo, che assume la sua forma definitiva nel periodo in cui la città è guidata da uno dei suoi figli più celebri: Giulio Cesare. Seguendo le sue tracce raggiungeremo gli Orti di Cesare, nel parco di Villa Sciarra – luogo in cui il dictator ospita Cleopatra durante il suo soggiorno romano – e la Curia di Pompeo, a largo di Torre Argentina, teatro del suo assassinio.
Non poteva mancare una tappa sulla via Appia, dove svetta il Mausoleo di Cecilia Metella, mentre l’insolita tomba di Eurisace ci condurrà al cospetto di Porta Maggiore. Sull’Esquilino, invece, entreremo nell’Auditorium di Mecenate, protettore di artisti per antonomasia e braccio destro di Ottaviano, il primo imperatore di Roma.
Ascolta “2 Età repubblicana” su Spreaker.
1. La Tomba di Eurisace – piazzale Labicano (Porta Maggiore, Prenestino)
L’insolito monumento a un fornaio
IL LUOGO
Arrivati a piazzale Labicano, basta guardare la facciata esterna di Porta Maggiore per notare ai suoi piedi un parallelepipedo con dei buchi tondi sulle tre facciate superstiti.
È la tomba di Eurisace, edificata intorno al 30 a.C. nel luogo chiamato in antichità ad Spem Veterem, per la presenza di un tempio dedicato alla dea Speranza. Notiamo subito che la tomba è troppo a ridosso di Porta Maggiore e ciò è dovuto al fatto che è stata edificata circa ottant’anni prima della porta, costruita per permettere all’acquedotto Claudio di scavalcare le antiche vie Praenestina e Labicana. Risparmiata dalla demolizione, la tomba viene inglobata all’interno di una delle torri difensive innalzate dall’imperatore Onorio nel 402. Resta nascosta per oltre 1400 anni per tornare alla luce nel 1838, quando papa Gregorio XVI fa demolire le torri.
LA STORIA
Questo monumento è conosciuto come tomba del fornaio, ma non dobbiamo pensare che qualunque fornaio di Roma potesse permettersi una tomba così importante. In realtà Marco Virgilio Eurisace, come riportato nell’iscrizione ripetuta per ben tre volte sul monumento, è fornaio, appaltatore e apparitore (gli apparitori nell’antica Roma erano dei subalterni al servizio di personalità di spicco: imperatori, magistrati o sacerdoti). Da queste definizioni e da altri particolari si è cercato di ricostruire la sua storia.
Eurisace, il cui nome è greco, è con ogni probabilità uno schiavo. Guadagnatosi la libertà, è così abile nel suo lavoro da riuscire a passare da un piccolo forno a una vera e propria attività imprenditoriale, probabilmente appoggiato da qualche personaggio influente, forse proprio il suo ex padrone. Diventa così un fornitore delle istituzioni statali (appaltatore), fino a ricoprire la carica di ufficiale subalterno (apparitore). Diventa ricco, Eurisace, tanto da potersi permettere un tomba in marmo decorato proprio sul ciglio della via Praenestina. Si tratta di un monumento veramente insolito, che celebra l’arte della panificazione sia nei suoi elementi architettonici che nelle sue decorazioni: i fori circolari presenti sulle facciate, infatti, rappresentano le bocche dei contenitori per la farina, mentre il fregio figurato scolpito sulla sommità del monumento ripropone il lavoro di preparazione del pane, dalla molitura del grano alla vendita del prodotto finito. Il tutto sotto lo sguardo attento di tre personaggi che si distinguono dagli operai per i loro vestiti e per i loro atteggiamenti. Uno dei tre sarebbe proprio Eurisace, ex schiavo che è riuscito a far ricordare il suo nome fino ai giorni nostri.
NELLE VICINANZE
Sul fondo di piazzale Labicano si trova la Basilica sotterranea di Porta Maggiore, raro esempio di edificio di culto neopitagorico, mentre dal lato opposto basta prendere via Eleniana per ritrovarci a piazza di Santa Croce in Gerusalemme. La basilica, edificata presso la Domus Sessoriana, residenza di Sant’Elena, madre di Costantino, conserva le reliquie della Passione, tra cui un pezzo della Vera croce. La struttura semicircolare addossata alla basilica è l’Anfiteatro Castrense, il cui anello esterno è per buona parte conservato perché incluso nelle Mura Aureliane.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Manzoni
Autobus: 19L, 3BUS
Tram 5, 14, 19
ZTL: NO
Tappa successiva: Auditorium di Mecenate 1,5 km
2. Auditorium di Mecenate – largo Leopardi (Esquilino)
Un ninfeo per i poeti di Augusto
IL LUOGO
Siamo all’incrocio tra via Mecenate e via Merulana, proprio davanti all’entrata del Teatro Brancaccio. Dall’altra parte della strada si scorge un edificio che si distingue da quelli che lo circondano per il suo aspetto antico. Avvicinandoci, notiamo che nell’angolo della struttura ci sono grossi blocchi di pietra. Sono i resti delle antichissime mura serviane, a ridosso delle quali – intorno al 30 a.C. – vengono realizzati gli Horti Maecenatis, la lussuosa residenza del braccio destro di Augusto, Gaio Cilnio Mecenate.
L’edificio è l’unico sopravvissuto degli Horti e vi si entra grazie a una rampa che porta in un’aula seminterrata, nella cui parete di fondo absidata si trova una gradinata. È proprio quest’ultima, immaginata inizialmente come una cavea teatrale, ad aver dato il nome a questo luogo: l’Auditorium di Mecenate.
LA STORIA
Mentre Ottaviano è impegnato nelle guerre che lo porteranno ad assumere il potere col nome di Augusto, affida l’amministrazione di Roma al suo consigliere Mecenate, il quale diventa uno dei personaggi più ricchi e influenti della città.
Dopo la vittoria di Augusto, Mecenate si ritira a vita privata e utilizza parte delle sue enormi ricchezze per realizzare una magnifica residenza sul colle Esquilino, nell’area precedentemente occupata da una necropoli. Qui, tra viali alberati, fontane e ninfei, accoglie un circolo di poeti e letterati di prim’ordine, fra i quali spiccano i nomi di Virgilio, Orazio e Properzio. Sono gli artisti che con le loro opere contribuiscono alla propaganda augustea, principale mezzo impiegato da Augusto per convincere l’opinione pubblica sull’ineluttabilità del proprio potere, voluto dagli dèi. L’esempio più celebre è rappresentato dall’Eneide, in cui Virgilio sottolinea le origini divine di Augusto, in quanto discendente di Enea, a sua volta figlio di Venere.
Poeti e scrittori della cerchia di Mecenate hanno sicuramente frequentato il luogo in cui ci troviamo ma, contrariamente a quanto si è pensato per lungo tempo, questo non era un auditorium. Gli archeologi, infatti, hanno notato come gli scalini nell’abside siano troppo stretti perché abbiano potuto ospitare persone sedute e quindi, considerati anche altri particolari – come la posizione seminterrata o il pavimento impermeabilizzato – sono giunti alla conclusione che si trattasse di un ninfeo. Uno spazio, insomma, dove fuggire dalla calura estiva, con tanto di giochi d’acqua, in cui la scalinata doveva servire per creare un suggestivo effetto cascata, ideale per i momenti di relax – o meglio di otium – dei suoi illustri ospiti.
NELLE VICINANZE
Mantenendo sulla sinistra il Teatro Brancaccio e proseguendo su via Merulana si giunge in piazza di Santa Maria Maggiore, dove sorge una delle quattro basiliche papali di Roma, la sola a conservare la primitiva struttura paleocristiana. Un’altra chiesa antichissima da visitare è quella di Santa Prassede, nell’omonima via di fronte alla piazza. A circa 200 metri, invece, su via di San Vito, si apre l’arco di Gallieno, una monumentalizzazione in travertino voluta da Augusto dell’antica Porta Esquilina, uno degli ingressi delle mura serviane.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Vittorio Emanuele
Autobus: 16, 714, C3,
ZTL: NO
Tappa successiva: Curia di Pompeo 2,4 km
Info di servizio: Ingresso consentito solo su prenotazione obbligatoria (06 0608, temporaneamente chiuso al pubblico)
3. Curia di Pompeo – largo di Torre Argentina (Campo Marzio)
Il villaggio di capanne all’origine di Roma
IL LUOGO
Come punto di riferimento per questa tappa prendiamo l’ingresso del Teatro Argentina, in via di Torre Argentina 49. L’area sacra che vediamo recintata al centro della piazza conserva i resti di quattro templi di età repubblicana edificati tra IV e I secolo a.C. nella zona del Campo Marzio. Tuttavia, non sono questi templi l’oggetto della nostra attenzione.
I resti dell’edificio che ci interessa, la Curia di Pompeo, si trovano sotto i nostri piedi e per vederne una piccola porzione dobbiamo attraversare la strada e affacciarci dal parapetto proprio all’altezza del pino che svetta davanti a noi. Guardando in basso, appena prima del tempio rotondo, si vede un muro che ingloba una nicchia. Secondo alcuni studi quella sarebbe la nicchia in cui si trovava la statua di Pompeo, ai piedi della quale Giulio Cesare cadde trafitto dalle pugnalate.
LA STORIA
La mattina delle idi di marzo – il 15 del mese – del 44 a.C. la moglie di Cesare, Calpurnia, si sveglia inquieta dopo aver sognato che la casa le crollava addosso mentre teneva tra le braccia il marito morto. Perciò, lo prega di non recarsi in Senato e di rimandare la riunione prevista per quel giorno. Cesare non ha mai preso troppo sul serio i sogni e le superstizioni, tuttavia, quella mattina l’insolito turbamento della moglie lo allarma. Decide quindi di annullare la riunione in Senato e di inviare Marco Antonio ad avvertire i senatori.
Ma ormai il piano per l’assassinio di Cesare è stato architettato e così uno dei congiurati, Decimo Bruto, uomo che gode della piena fiducia di Cesare tanto da essere uno dei suoi eredi, riesce a convincere il dittatore a partecipare alla riunione. Mentre percorre la via Sacra diretto verso la Curia di Pompeo, luogo dove temporaneamente si riunisce il Senato in attesa del completamento della Curia Iulia nel Foro Romano, l’insegnante di greco Artemidoro di Cnido gli si fa incontro porgendogli un piccolo rotolo di papiro che rivela il piano ordito contro di lui. Cesare, tuttavia, non riesce a leggerlo a causa della calca di persone che lo accerchia. Tra la folla c’è anche Spurinna, un indovino che in passato gli ha preannunciato un grande pericolo per le idi di marzo. Il dittatore così raggiunge la Curia infastidito dai presagi sfavorevoli e, mentre sta per prendere posto, i congiurati lo circondano con il pretesto di rendergli onore. A un segnale stabilito, la loro furia si abbatte sul corpo di Cesare che viene trafitto da ventitré fendenti. Si accascia proprio ai piedi della statua di Pompeo, in un lago di sangue, nel luogo in cui ci troviamo.
NELLE VICINANZE
Attraversando corso Vittorio Emanuele II e proseguendo su via di Torre Argentina si arriva al Pantheon, il tempio innalzato nel 27 a.C. per volere di Marco Vipsanio Agrippa, genero di Augusto. La sua cupola è la più grande del mondo e custodisce illustri sepolture, tra cui quella di Raffaello Sanzio. Appena dietro il Pantheon si trova piazza della Minerva, che conserva uno dei nove obelischi egizi di Roma. A due passi da Largo di Torre Argentina, in via delle Botteghe Oscure 31, c’è il Museo nazionale romano Crypta Balbi.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Barberini
Autobus: 30, 40, 46, 62, 64, 70, 81, 87, 190F, 492, 628, 916, 916F, C3
ZTL: NO
Tappa successiva: Il tempio dei Dioscuri 1,4 km
4. Il tempio dei Dioscuri – Foro Romano (Campitelli)
Le due divinità accorse in aiuto di Roma
IL LUOGO
Ci troviamo nel Foro Romano, l’immensa area archeologica situata tra Palatino, Campidoglio, via dei Fori Imperiali e Colosseo, costituita dalla stratificazione di edifici, monumenti e altre testimonianze che rappresentano il cuore pulsante della Roma antica. Tra le decine di eccezionali testimonianze che si possono vedere in questo luogo, i resti del tempio dei Dioscuri sono tra quelli più evidenti e facilmente riconoscibili: si tratta delle tre alte colonne corinzie che svettano su un podio rialzato proprio al centro del Foro. Le colonne che vediamo oggi appartengono alla ricostruzione voluta nel 6 d.C. dall’imperatore Tiberio di un tempio del V secolo a.C. dedicato ai gemelli divini Càstore e Pollùce, conosciuti come i Dioscuri. La sua edificazione originaria è dovuta a un evento prodigioso, decisivo per le sorti di Roma.
LA STORIA
Nel 509 a.C., con la cacciata dell’ultimo re Tarquinio il Superbo, cade la monarchia e viene proclamata la repubblica con l’elezione dei primi due consoli. Tuttavia Tarquinio non perde la speranza di riconquistare il suo trono e, pochi anni dopo, entra a far parte della Lega Latina, una coalizione delle più potenti città vicine, decise a contrastare l’avanzata di Roma.
Le due parti arrivano ben presto a un aperto conflitto, la cui battaglia decisiva ha luogo nel 496 a.C. sulle sponde del lago Regillo, nella zona dei Castelli Romani. Lo scontro è duro e quando il comandante dei romani Aulo Postumio si rende conto che il suo esercito sta per avere la peggio, invoca l’intervento divino. A quel punto, secondo il racconto leggendario dello storico Dionigi di Alicarnasso, appaiono due giovani “più belli e più alti di tutti gli altri uomini” che, in sella a due cavalli bianchi, si mettono alla testa della cavalleria, portando i romani alla vittoria e mettendo in fuga gli uomini della Lega Latina, per poi scomparire misteriosamente, così come erano arrivati.
I due giovani sono corsi a Roma dove, dopo aver fatto abbeverare i loro cavalli alla Fonte di Giuturna, nel Foro Romano, annunciano la notizia della vittoria al popolo. Poi spariscono magicamente e, proprio in quel momento coloro che assistono all’evento, capiscono che si tratta di due divinità. Sono proprio Càstore e Pollùce, i gemelli nati dall’unione di Giove con Leda, regina di Sparta.
Aulo Postumio, tornato trionfatore a Roma, fa erigere un tempio a loro dedicato proprio di fronte al luogo in cui erano stati visti, accanto alla Fonte di Giuturna. Gli storici riportano anche il giorno esatto della sua inaugurazione, il 27 gennaio del 484 a.C., più di 2500 anni fa.
NELLE VICINANZE
Siamo nel cuore del Foro Romano, circondati dalle testimonianze più antiche e importanti di tutta la storia di Roma. Per restare nelle immediate vicinanze, proprio ai piedi del nostro tempio si trova l’antichissima Fonte di Giuturna, all’interno della quale sono state rinvenute le statue frammentarie dei Dioscuri, raffigurati nell’atto di abbeverare i cavalli. Proprio qui accanto si trovano il Tempio di Vesta e la Casa delle vestali, l’area sacra dedicata una delle più importanti e antiche divinità di Roma, il cui culto sembra essere stato introdotto da Numa Pompilio.
INFO
Il tempio è raggiungibile acquistando il biglietto che permette l’ingresso al Foro Romano.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: Colosseo
Autobus: 85, 87
ZTL centro storico
Diurna: lun – ven dalle 6:30 alle 18:00 (esclusi festivi)
sab dalle 14:00 alle 18:00 (esclusi festivi)
Notturna: ven e sab dalle 23:00 alle 3:00 (esclusi i festivi, non attiva ad agosto)
Tappa successiva: Il Circo Massimo 1,7 km
Info di servizio: Visitabile con il biglietto per il Foro Romano
5. Il Circo Massimo – via del Circo Massimo (Ripa)
I giochi istituiti per sconfiggere Annibale
IL LUOGO
Arrivati su via del Circo Massimo, fa un certo effetto pensare che la vasta valle che abbiamo davanti venga utilizzata come luogo di manifestazioni pubbliche fin dalle origini della città. È qui, infatti, che avviene il famoso episodio del ratto delle Sabine, in occasione dei giochi organizzati da Romolo in onore del dio Conso. È qui che nel corso dell’epoca dei sette re, sfruttando la vicinanza con il portus tiberinus, si svolgono gli scambi commerciali, le cerimonie religiose e soprattutto i giochi e le gare, principali attività di socializzazione dell’antichità. La costruzione dei primi impianti stabili risalirebbe al 329 a.C., quando vengono edificati i carceres, i cancelli di partenza per le corse dei carri. Ma bisogna attendere il 46 a.C. per vedere i sedili in muratura, realizzati durante la dittatura di Giulio Cesare.
LA STORIA
I primi giochi a cadenza annuale che si svolgono al Circo Massimo sono i Ludi Romani, in onore di Giove, istituiti secondo la tradizione da re Tarquinio Prisco. Durante l’epoca repubblicana il grande spazio viene utilizzato per una serie di eventi legati a festività religiose, tra i quali i Ludi Apollinares, i giochi organizzati in onore del dio Apollo.
La prima edizione di questa manifestazione è collegata a un momento di grave pericolo per la città. Siamo nel 212 a.C., quando Roma è impegnata nella seconda guerra punica, il conflitto la cui posta in gioco è il dominio sul Mediterraneo. I cartaginesi guidati da Annibale sono riusciti a spingersi fino a Capua, in Campania, e Roma è in grave pericolo. Proprio in quell’anno vengono consultati i carmina marciana, una raccolta di profezie attribuite a un illustre vate di nome Marcio, una delle quali sostiene che i nemici venuti da lontano sarebbero stati sconfitti solo se i Romani avessero istituito dei giochi in onore di Apollo. Così, a partire dal 212 a.C., i Ludi Apollinares diventano una delle festività annuali del calendario romano. Inizialmente non si svolgono in una data fissa e durano solo un giorno, ma nel 208 a.C., a seguito di una pestilenza che colpisce la città, il Senato decide di protrarre il periodo festivo per otto giorni e precisamente dal 6 al 13 luglio.
I giochi vengono finanziati in parte con denaro pubblico, in parte dai cittadini più abbienti e consistono in spettacoli teatrali, giochi equestri e cacce agli animali selvatici. Sappiamo, per esempio, che il celebre poeta e drammaturgo Ennio, muore proprio mentre al Circo Massimo va in scena la sua ultima tragedia, il Tieste, durante i Ludi Apollinares del 169 a.C.
NELLE VICINANZE
Grazie al progetto Circo Massimo Experience, è possibile vedere questo luogo in tutte le sue fasi storiche grazie all’utilizzo di tecnologie come la realtà virtuale e la realtà aumentata. Se vogliamo fare un’esperienza più classica e analogica, invece, basta arrivare a piazza della Bocca della Verità e visitare la chiesa di Santa Maria in Cosmedin o ammirare gli antichi templi di Portuno e di Ercole Vincitore. Poco distante, inoltre, in via di San Gregorio 30, c’è l’ingresso per visitare il Palatino e il parco archeologico del Colosseo.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Circo Massimo
Autobus: 3NAV, 81, 118, 160
ZTL: NO
Tappa successiva: Gli Orti di Cesare 2,2 km
6. Gli Orti di Cesare – Villa Sciarra (Monteverde – Trastevere)
Il palazzo mutato in reggia da Cleopatra
IL LUOGO
Villa Sciarra è il grazioso parco situato alle pendici del Gianicolo, al quale si accede sia dall’ingresso principale situato su via Calandrelli 23, sia da quello di viale delle Mura Gianicolensi 11. Questo luogo era conosciuto in antichità come Lucus Furrinae, in quanto vi si trovava il bosco sacro della ninfa Furrina, una divinità arcaica legata al culto delle acque. È proprio qui che nel 121 a.C., braccato dai suoi oppositori politici, Caio Gracco si viene a nascondere per poi chiedere al suo schiavo Filocrate di ucciderlo.
Alcuni anni più tardi, intorno al 49 a.C., questa zona verde entra nelle proprietà di Giulio Cesare, il quale acquista una vasta tenuta che va dalle pendici del Gianicolo all’attuale lungotevere Portuense che comprende anche il luogo in cui ci troviamo ora: sono gli Horti Caesaris.
LA STORIA
È il 25 luglio del 46 a.C. quando Cesare, dopo aver pacificato l’Egitto, torna trionfalmente a Roma. Non è solo. Con lui ci sono anche Cleopatra e il figlio di appena un anno nato dalla loro unione, Cesare Tolomeo, noto come Cesarione.
La celebre regina d’Egitto è giunta a Roma desiderosa di vedere con i propri occhi la città di cui ormai tutto il mondo parla con ammirazione. Ma Cesare ha una moglie in città, Calpurnia, e perciò ritiene più prudente far alloggiare Cleopatra e Cesarione lontano da occhi indiscreti, nei suoi Horti privati.
Durante il suo soggiorno Cleopatra trasforma il modesto palazzo del Gianicolo in una residenza degna di una regina, una sorta di corte reale sul modello di quella di Alessandria d’Egitto. Le fonti antiche parlano di alti colonnati, marmi, meravigliosi affreschi e mosaici a tema mitologico. Gli spazi verdi, un tempo lasciati allo stato selvatico, diventano magnifici giardini che ospitano piante esotiche, adornati con tempietti, sculture e fontane con giochi d’acqua. Insomma, una trasformazione radicale, alla quale sembra aver voluto partecipare Cesare in persona, al punto da venir accusato di trascurare gli impegni pubblici. Insomma, la presenza di Cleopatra non passa inosservata e contribuisce a esacerbare i malumori verso il sovrano, soprattutto dopo che lui le fa innalzare una statua nelle vesti della dea Iside, all’interno del nuovo tempio di Venere Genitrice, un vero affronto per l’aristocrazia romana tradizionalista. Quei malumori avrebbero portato alla fatidica data delle Idi di marzo del 44 a.C., giorno dell’assassinio.
Cleopatra lascerà Roma nemmeno un mese più tardi, senza essere riuscita nemmeno a far riconoscere il piccolo Cesarione come erede legittimo di Cesare.
NELLE VICINANZE
Non possiamo perdere l’occasione di visitare il parco di Villa Sciarra, caratterizzato da una ricchissima varietà di flora mediterranea e da diverse fontane impreziosite da sculture a tema mitologico. Particolarmente interessanti sono il Casino Barberini, edificio principale della villa – sede dell’Istituto italiano di studi germanici – e l’Esedra Arborea, una siepe disposta a semicerchio in cui sono state ricavate delle nicchie dove state collocate dodici statue raffiguranti i mesi dell’anno. Di fronte, alcune siepi potate secondo forme fantasiose.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Circo Massimo
Autobus: 44, H
ZTL: NO
Tappa successiva: Ponte Sublicio 1,8 km
Info di servizio: Apertura Villa Sciarra dalle ore 7:00 al tramonto
7. Ponte Sublicio (Trastevere – Testaccio)
Coclite, l’eroe leggendario salvatore di Roma
IL LUOGO
Si può raggiungere sia provenendo da piazza dell’Emporio, a Testaccio, sia da piazza di Porta Portese, a Trastevere, in quanto fa da collegamento tra i due quartieri. Come possiamo notare, si tratta di un’opera moderna, ma il suo nome ricalca quello del ponte più antico di Roma. Costruito nel VII secolo a.C. sotto re Anco Marzio, il Pons Sublicius era situato poco più a monte di quello su cui siamo ora, anche se la sua posizione certa non è stata mai individuata.
Secondo regole sacre, coincidenti con la necessità di poterlo smontare rapidamente in caso di invasione, per la sua costruzione non doveva essere utilizzato altro materiale che il legno. Di metallo non aveva nemmeno i chiodi, sostituiti da cunei lignei. La sua fama è dovuta a un episodio leggendario avvenuto nel primo anno dell’instaurazione della repubblica.
LA STORIA
Siamo nel 509 a.C., anno in cui Tarquinio il Superbo, ultimo re di Roma, viene cacciato dalla città a causa del disprezzo verso i suoi concittadini e verso le istituzioni romane.
Re di stirpe etrusca, Tarquinio non accetta il suo esilio e così chiede aiuto ad alcuni re della sua terra d’origine per invadere Roma e riappropriarsi del suo trono. Trova un alleato in Porsenna, re della potente città etrusca di Chiusi. Mentre l’esercito etrusco marcia verso Roma, i romani organizzano le difese e si asserragliano al di là della riva sinistra del Tevere. Gli etruschi, nel frattempo, conquistano il Gianicolo e scendono verso Trastevere. L’ultimo ostacolo che trovano per penetrare in città è proprio il Ponte Sublicio, a quel tempo l’unico che attraversa il Tevere.
I romani si schierano a difesa del ponte, sul quale ha luogo la battaglia decisiva. Quando i romani stanno per soccombere, il valoroso soldato Orazio Coclite capisce che c’è una sola cosa da fare per salvare la città dall’invasione. Posizionatosi alla testa dei suoi compagni, ordina di abbattere il ponte dietro di lui mentre cerca di far indietreggiare i nemici. Eroicamente, tiene testa da solo agli etruschi e quando il ponte viene finalmente smontato, si getta nel Tevere. Gli Etruschi sono stati respinti. Della fine di Coclite ci sono due versioni principali. Secondo una, annega nel fiume vinto dal peso della sua armatura, secondo l’altra riesce invece a salvarsi venendo riconosciuto da tutti i romani come eroe e salvatore della città.
Questa leggenda è stata probabilmente creata ad arte dagli storici di parte romana per nascondere la disfatta contro Porsenna che, secondo altre fonti, occupa Roma e la domina per lungo tempo.
NELLE VICINANZE
Siamo nell’antica zona commerciale di Roma, ricordato dai nomi dei luoghi che ci circondano. Oltrepassato il ponte, il tratto di lungotevere che parte da piazza di Porta Portese si chiama ancora oggi Porto di Ripa Grande, perché era qui che in antichità attraccavano le imbarcazioni cariche di merci provenienti da Ostia. Lo stesso motivo per cui piazza dell’Emporio, sull’altra sponda del fiume, si chiama così. Mentre il Monte Testaccio – noto anche come Monte dei Cocci – si è formato con l’accumulo nei secoli delle anfore che qui venivano trasbordate.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Circo Massimo
Autobus: 3BUS, 3NAV, 8L, 44,
Tram: 8
ZTL: NO
Tappa successiva: Mura Serviane 1 km
8. Mura Serviane – piazza Albania (Aventino)
Il sacco di Roma e le oche del Campidoglio
IL LUOGO
Per raggiungere questa tappa bisogna arrivare nell’angolo recintato formato dall’incrocio di piazza Albania con via di Sant’Anselmo. Siamo alle pendici del colle Aventino, in una zona frequentata fin dall’VIII secolo a.C., agli albori della storia della città. Non a caso già nel VI secolo a.C. qui passava un tratto delle Mura Serviane, la cinta muraria più antica di Roma, portata a compimento durante il regno di Servio Tullio per difendere la città dagli attacchi dei nemici.
Il muro che vediamo protetto dalla recinzione davanti ai nostri occhi fa parte proprio di quella cinta muraria. Ad essere precisi, ci troviamo davanti ai blocchi relativi alla sua ricostruzione, ultimata intorno al 378 a.C., a seguito di un evento funesto che sarà ricordato per sempre negli annali e nelle cronache di Roma come Clades Gallica, la disfatta gallica.
LA STORIA
È il 18 luglio del 390 a.C. quando una torma di galli senoni, popolazione celtica che ha da poco fondato una città sulla costa adriatica (Sena Gallica, l’odierna Senigallia), avanza verso Roma guidati dal loro capo Brenno. L’esercito romano cerca di anticipare il nemico per non farlo avvicinare troppo e lo fronteggia lungo la via Salaria, circa 20 chilometri a nord dalle mura della città. Lo scontro è duro e i romani subiscono una pesantissima sconfitta, tanto che il 18 luglio sarà considerato dal calendario romano come dies nefastus, giorno di “lutto nazionale”.
Galvanizzati dalla vittoria, i galli inseguono i superstiti fin dentro le mura di Roma, che viene barbaramente saccheggiata e messa a ferro e fuoco. Nella città regnano solo morte e devastazione. L’unico luogo che si è salvato dal saccheggio è la roccaforte del Campidoglio, dove si è asserragliata l’ultima resistenza romana.
I galli decidono di attaccarla durante la notte, sicuri di sorprendere i romani nel sonno. Ma proprio quando stanno per sferrare l’attacco decisivo, i difensori del Campidoglio vengono svegliati dallo starnazzare delle oche, unici animali sopravvissuti alla fame dei romani perché sacri a Giunone. Comincia così un assedio che si protrae per sette lunghi mesi, fino a quando i romani propongono di trattare la pace. I galli avrebbero lasciato Roma dietro il pagamento di mille libbre d’oro, una quantità enorme.
Questa catastrofe fu una grande lezione per la città. Roma corse infatti subito ai ripari, riorganizzando l’esercito e ricostruendo le mura serviane più alte e forti di prima. Sono proprio le mura che abbiamo davanti agli occhi in questo momento, che resisteranno inviolate per ben 800 anni, fino al sacco dei visigoti di Alarico.
NELLE VICINANZE
Proprio in piazza Albania, al civico 35, c’è un condominio speciale, che apre le sue porte al pubblico ogni primo e terzo venerdì del mese. Al suo interno si può visitare una domus romana antica con diverse fasi edilizie che conserva ben sei strati di mosaici pavimentali, testimoni dei rifacimenti e del cambio dei gusti avvenuti nell’arco di due secoli. Grazie al progetto “la scatola archeologica”, curata tra gli altri da Piero Angela, si può fare un viaggio nel tempo guidati dalla narrazione storica e da immagini e suoni multimediali in un percorso entusiasmante.
INFO
La Scatola Archeologica è visitabile il primo e il terzo venerdì del mese con visite accompagnate per il pubblico esterno. Prenotazione obbligatoria sul sito www.scatolaarcheologica.it
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Circo Massimo
Autobus: 3BUS, 3NAV, 8L
Tram: 8
ZTL: NO
Tappa successiva: Il sepolcro degli Scipioni 2,3 km
Info di servizio: Scatola Archeologica visitabile il primo e il terzo venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria sul www.scatolaarcheologica.it
9. Il sepolcro degli Scipioni – via di Porta San Sebastiano 9 (Celio)
La famiglia che accolse la cultura greca
IL LUOGO
Arrivati al civico 9 di via di Porta San Sebastiano, ci troviamo di fronte a un portale di pietra, sulla cui sommità campeggia un’iscrizione in latino che recita Sepulchra Scipionum. Basta superare questa soglia per entrare nel Parco degli Scipioni, luogo di sepoltura di una delle più potenti famiglie di epoca repubblicana, tra le prime ad accogliere con entusiasmo la cultura greca a Roma.
Non è un caso che Scipione Barbato, console nel 298 a.C., abbia voluto costruire proprio qui il monumento funebre della sua famiglia. A quei tempi, infatti, questo era il tratto iniziale della via Appia, realizzata nel 312 a.C. con lo scopo di agevolare e di sostenere l’espansione del dominio di Roma sul mondo greco. Un’espansione che influenzerà non poco la cultura e i costumi di una città fino a quel momento molto tradizionalista e conservatrice.
LA STORIA
Dopo l’espansione nell’Italia centrale, il controllo romano si estende verso la Magna Grecia fino a coprire, nel II secolo a.C., quasi tutto il Mediterraneo. Con le conquiste delle ricche città greche di epoca ellenistica arrivano a Roma tesori preziosissimi, enormi quantità di denaro e soprattutto migliaia di schiavi greci, che portano con loro una tradizione e una cultura tra le più antiche. Inevitabilmente Roma resta affascinata dalla scultura, dalla pittura, dalla letteratura e dalla filosofia greca. Questa forte influenza viene sintetizzata perfettamente dal poeta Orazio alla fine del I secolo a.C. con queste parole: Graecia capta ferum victorem cepit, “la Grecia conquistata rapì il feroce vincitore”.
Tra la classe dirigente romana, però, non tutti accolgono queste novità con entusiasmo. Gli ambienti più conservatori trovano il loro portavoce in Marco Porcio Catone, convinto che l’ellenizzazione porti con sé corruzione dei costumi, indecenza e immoralità, mentre la corrente progressista si raduna intorno al cosiddetto Circolo degli Scipioni, sostenitori della cultura greca, considerata come un’occasione da non perdere per svecchiare la tradizione romana e per impadronirsi di un’eredità prestigiosa. La famiglia degli Scipioni conta tra le sue fila personaggi illustri come Scipione Africano, vincitore su Annibale nella seconda guerra punica nel 202 a.C., e Scipione Emiliano, che pone fine alla terza guerra punica nel 146 a.C. con la distruzione di Cartagine.
Una famiglia decisamente importante, che ha dato a Roma condottieri, generali e uomini politici di primo piano, le cui imprese vengono cantate dal poeta Ennio, considerato il padre della letteratura latina, anch’egli sepolto qui.
NELLE VICINANZE
A pochi metri di distanza da qui, in via di Porta San Sebastiano 7, si trova l’Oratorio dei Sette Dormienti, sorto su una casa romana del II secolo, che conserva pavimenti decorati a mosaico. Tornando indietro, superato il Parco degli Scipioni e camminando per un paio di minuti, incontriamo prima il cosiddetto Arco di Druso (in realtà uno dei segmenti residui dell’acquedotto Antoniniano, costruito per alimentare le terme di Caracalla), e pochi metri dopo Porta San Sebastiano, l’entrata monumentale delle Mura aureliane dalla quale inizia la via Appia antica.
INFO
L’ingresso al monumento è consentito previa prenotazione allo 060608 (tutti i giorni, ore 9.00-19.00).
INFORMAZIONI UTILI
Metro: Metro B: fermata Circo Massimo
Autobus: 118, 218, 360
ZTL: NO
Tappa successiva: Il mausoleo di Cecilia Metella 5,4 km
Info di servizio: L’ingresso consentito previa prenotazione allo 06 06 08
10. Il mausoleo di Cecilia Metella – via Appia Antica 161 (Appio Latino)
L’imponente tomba di una donna misteriosa
IL LUOGO
Siamo nel cuore della Regina Viarum, la sovrana tra le strade, celeberrima, magnifica, conservata in maniera eccezionale e custode di decine di monumenti e testimonianze della storia di Roma: l’Appia Antica. Più precisamente, ci troviamo poco prima del terzo miglio, circa 250 metri oltre il complesso della Villa di Massenzio. Ma non sarà difficile orientarsi perché il monumento oggetto di questa tappa è di quelli che non si può fare a meno di notare, tanto è maestoso.
È il mausoleo di Cecilia Metella, che svetta sul lato sinistro della strada, talmente famoso che una sua decorazione esterna ha dato il nome al tratto di strada su cui ci troviamo. Siamo infatti in località Capo di Bove, nome dovuto ai bucrani (crani di bue) che possiamo vedere alzando lo sguardo sul fregio a festoni che corre lungo la parte superiore del monumento.
LA STORIA
La tomba che abbiamo di fronte è davvero imponente. Innalzata sul finire dell’età repubblicana, è costituita da un poderoso basamento quadrato in calcestruzzo e da un corpo cilindrico rivestito di travertino di 11 metri di altezza e quasi 30 di diametro. L’interno è costituito da un’unica camera sepolcrale coperta da una volta sulla cui sommità c’è un’apertura per far penetrare la luce.
Ma chi è Cecilia Metella per avere una tomba così grandiosa in una strada così importante? In realtà le notizie che si hanno su questa donna sono davvero poche, e sono tratte unicamente dall’iscrizione latina apposta sulla parete del monumento, che tradotta recita: “A Cecilia Metella, figlia di Quinto Cretico (e moglie) di Crasso”. Un’iscrizione davvero sintetica, se rapportata alla maestosità del monumento. Il motivo è molto semplice. I nomi lì scritti sono talmente importanti che bastano da soli a far capire ai viandanti di chi si stia parlando. Cecilia, infatti, è la figlia di Quinto Metello Cretico, chiamato così per aver conquistato l’isola di Creta, ma soprattutto nuora di Marco Licinio Crasso, il ricchissimo e potente uomo politico che, dopo aver represso la rivolta degli schiavi capeggiata da Spartaco, forma il primo triumvirato insieme a Cesare e Pompeo.
Insomma, la tomba di Cecilia Metella è così grandiosa non tanto per celebrare la defunta, quanto per glorificare la storia della sua potente famiglia. Un’ulteriore conferma di ciò è data dalle decorazioni esterne del mausoleo: oltre al fregio con i bucrani, infatti, sul monumento figurano immagini di scudi e di nemici sconfitti, che sembrano decisamente riferirsi alle imprese dei suoi valorosi parenti, più che alle virtù di Cecilia, la cui storia rimane avvolta nel mistero ancora oggi.
NELLE VICINANZE
Quella che vediamo addossata al mausoleo è una struttura fortificata iniziata nell’XI secolo dai conti di Tuscolo e poi trasformata, nel XIII secolo, in un vero e proprio castello, il Castrum Caetani, dalla potente famiglia di papa Bonifacio VIII, che fa costruire di fronte anche la chiesa di San Nicola a Capo di Bove. L’Appia Antica è un vero museo a cielo aperto e da qui, solo per citare i monumenti più vicini in direzione di Roma, si possono visitare la Villa di Massenzio, le catacombe e la Basilica di San Sebastiano e le catacombe di San Callisto.
INFO
Visitabile dal martedì alla domenica dalle 9.00 alle 19.00
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Arco di Travertino
Autobus: 660
ZTL: NO
Info di servizio: Visitabile dal martedì alla domenica dalle 9:00 alle 19:00
(Testi a cura di Marco Eusepi, podcast a cura di Francesca Chiarantano)
SCOPRI: “Roma StoryWalk La Mappa – I percorsi della Storia”