Statue prodigiose, artisti e fantasmi
Lungo questo percorso seguiremo le orme di Michelangelo, che giunse sul Colle Oppio in seguito al rinvenimento della magnifica scultura del Laocoonte. A Piazza Pasquino faremo la conoscenza di un’altra statua, questa volta celebre non per la sua bellezza ma per la sua voce, quella del popolo che si fa beffa dei potenti affidando al monumento versi al veleno. Versi di tutt’altro tipo saranno composti sul Gianicolo, che raggiungeremo, dai poeti dell’Accademia d’Arcadia, i quali si riuniscono nel Bosco Parrasio, non distante dalla quercia dove un secolo prima Torquato Tasso si fermava a riflettere negli ultimi giorni della sua vita.
Seguiremo poi i passi di due celebri frati. Il primo, Filippo Neri, ci porterà davanti alla Chiesoletta della Garbatella per conoscere la storia del celebre Giro delle Sette Chiese. L’altro, Giordano Bruno, ci condurrà a Campo de’ Fiori, la piazza in cui venne arso vivo dopo essere stato accusato di blasfemia e di coltivare arti magiche. Forse arti simili a quelle che si praticano quasi un secolo più tardi sull’Esquilino, luogo in cui si trova la Porta magica.
Gli spettri di tre donne, poi, ci guideranno in altrettante tappe: quello della cortigiana Imperia ci porterà nella chiesa di San Gregorio al Celio, dove la sua salma venne espulsa perché considerata indegna di riposare in un luogo sacro; quello di Beatrice Cenci sulla piazza di Castel Sant’Angelo, luogo della sua decapitazione; e infine quello di Donna Olimpia. Con lei ci inoltreremo dentro Villa Pamphilj, alla scoperta dell’Arco di Tiradiavoli.
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1. La Chiesoletta – via delle Sette Chiese 99 (Garbatella)
San Filippo e il giro delle Sette Chiese
IL LUOGO
Via delle Sette Chiese è una strada lunga oltre tre chilometri che collega la Basilica di San Paolo con quella di San Sebastiano sull’Appia antica, tagliando da ovest a est la parte centrale del quartiere Ostiense e quella superiore dell’Ardeatino. La nostra meta si trova proprio lungo questa consolare, e più precisamente nel cuore del caratteristico quartiere della Garbatella, subito dopo aver oltrepassato piazza di Santa Eurosia, dove sorge quella che i romani chiamano “la chiesoletta”.
Sulla sua parete possiamo vedere una targa che ricorda un altro nome di via delle Sette Chiese: via Paradisi. Un nome che allude al percorso salvifico del pellegrinaggio istituito da San Filippo Neri (ritratto in uno dei tondi ai lati della targa insieme a San Carlo Borromeo) lungo questa strada, considerato una vera tradizione della città: il giro delle Sette Chiese.
LA STORIA
Fiorentino di nascita, Filippo Neri giunge a Roma da pellegrino nel 1534 a diciannove anni. In seguito a un’esperienza mistica, nel 1544 lascia il suo impiego di precettore e inizia a vagabondare fra strade e piazze, predicando la parola di Dio con fare bonario e allegro. Le sue passeggiate, che fanno spesso tappa nelle chiese più importanti della città, sono in un primo momento solitarie, ma presto molti giovani iniziano a seguirlo lungo il percorso, fino a formare un vero e proprio gruppo di seguaci. Si fa voler bene Filippo perché le sue lezioni, prevedendo spesso momenti dedicati al gioco e alla spensieratezza, non risultano mai noiose: per questo verrà ricordato come “il giullare di Dio”.
Divenuto sacerdote, Filippo decide di trasformare queste passeggiate in un vero e proprio pellegrinaggio ufficiale, da svolgersi in un preciso giorno dell’anno: il giovedì grasso. Così, da una semplice e spontanea consuetudine, nasce il pellegrinaggio più famoso di Roma: il giro delle Sette Chiese. È giovedì 25 febbraio 1552.
La scelta del giovedì grasso non è casuale ma è fatta con il proposito di distrarre i giovani dai festeggiamenti pagani e spesso trasgressivi del carnevale romano. Dopo aver visitato le basiliche di San Pietro e di San Paolo fuori le mura, il percorso originale ideato da Filippo prosegue sulla strada in cui ci troviamo fino a raggiungere la basilica di San Sebastiano. Si dirige poi verso San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme, San Lorenzo fuori le mura e, infine, Santa Maria Maggiore.
NELLE VICINANZE
Dal punto in cui ci troviamo, proseguendo per 800 metri su via delle Sette Chiese in direzione della Basilica di San Paolo, giungiamo nel parco che custodisce le Catacombe di Commodilla. Visitabili su richiesta, conservano un graffito che viene considerato tra le più antiche attestazioni scritte della lingua volgare in Italia. Risale alla prima metà del IX secolo e recita: Non dicere ille secrita abboce, frase traducibile come “non dire quei segreti a voce (alta)”, realizzato per ricordare ai visitatori del tempo di recitare le preghiere a bassa voce.
INFO
Contatti per le Catacombe di Commodilla:
Tel. 064465610 – 064467601
email: protocollo@arcsacra.va
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Garbatella
Autobus: 715
ZTL: NO
Tappa successiva: Arco di Tiradiavoli 5,8 km
Info di servizio per le Catacombe: Tel. 06 44 65 610 – 06 44 67 601, email: protocollo@arcsacra.va
2. Arco di Tiradiavoli – via Aurelia Antica (Gianicolense)
Olimpia Maidalchini: tra storia e leggenda
IL LUOGO
Per raggiungere la nostra meta dobbiamo entrare in uno dei parchi più belli e grandi di Roma: Villa Pamphilj. Si estende nell’angolo nord-ovest del quartiere Gianicolense e il suo confine settentrionale coincide con un tratto della via Aurelia Antica, dove si trova l’arco protagonista di questa tappa.
Per vederlo da vicino basta entrare dall’ingresso della villa situato al civico 9a di piazza San Pancrazio e proseguire lungo viale Bartolomeo Rozat fino a incontrare, sulla destra, la fila di arcate appartenenti alla ricostruzione dell’acquedotto Traiano, voluta nel 1612 da papa Paolo V. Appena superate le arcate, se ci affacciamo dal parapetto che dà sulla via Aurelia Antica, ecco apparire alla nostra vista l’arco di Paolo V, più noto come Arco di Tiradiavoli, nome dovuto a una leggenda legata a una delle figure più controverse della storia di Roma.
LA STORIA
Olimpia Maidalchini, nata a Viterbo nel 1592, è passata alla storia per essere stata una delle donne più avide e spregiudicate della storia di Roma. A soli 16 anni sposa un anziano proprietario terriero viterbese che, dopo tre anni, la lascia vedova e ricchissima. Ambiziosa e arrivista, nel 1612 sposa il nobile Pamphilio Pamphilj, lo stesso che realizza la villa in cui ci troviamo. Grazie agli aiuti economici di Olimpia, il fratello di Pamphilio scala i vertici ecclesiastici fino ad essere eletto papa nel 1644 col nome di Innocenzo X.
Da questo momento Donna Olimpia diventa il personaggio più influente di Roma, dalla cui approvazione passano tutte le decisioni prese dal nuovo pontefice, che la nomina erede di ogni suo possedimento. Tutta la città inizia a pensare che fra lei e il papa ci sia una relazione sentimentale e presto il suo nome diventa sinonimo di spregiudicatezza e avidità, tanto che la famosa statua parlante di Pasquino (a cui è dedicata la tappa 6 di questo percorso) dice di lei: “Olim pia, nunc impia” (“Un tempo pia, ora empia”), oppure: “Chi dice donna, dice danno/chi dice femmina, dice malanno/chi dice Olimpia Maidalchina, dice donna, danno e rovina”.
Quando, il 7 gennaio 1655, Innocenzo X muore, Donna Olimpia viene vista uscire dalle sue stanze con due casse piene d’oro. Poco dopo, quando le viene chiesto di partecipare alle spese del funerale, ha il coraggio di rispondere di essere solo una povera vedova. La leggenda dell’arco di Tiradiavoli è legata proprio a questo episodio: ogni 7 gennaio il fantasma di Olimpia appare nei pressi di Villa Pamphilj sulla sua carrozza piena d’oro, passa sotto l’arco, attraversa ponte Sisto e scompare nel Tevere, dove i diavoli vengono a prenderla per riportarla all’Inferno.
NELLE VICINANZE
Trovandoci a Villa Pamphilj non si può non approfittare per una passeggiata tra i viali e i sentieri immersi nella natura, che riservano sorprese inaspettate. Dall’altezza dell’Arco di Tiradiavoli, basta proseguire sul viale Bartolomeo Rozat per raggiungere il Casino del Bel Respiro, il gioiello architettonico edificato a partire dal 1644 su incarico della famiglia Pamphilj, come simbolo della propria magnificenza, all’esterno del quale si trova l’incantevole Giardino segreto, un labirinto di siepi sempreverdi modellate con forme fantasiose.
INFO
Per gli interni del Casino del Bel Respiro le visite guidate vengono effettuate, previa prenotazione, un sabato al mese, da novembre a luglio, con i seguenti orari d’ingresso: 10.00 – 10.30 – 11.30 – 12.00 – 13.00 – 13.30
INFORMAZIONI UTILI
Metro: NO
Autobus: 115, 710, 870
ZTL: NO
Tappa successiva: Bosco Parrasio 850 m
Info di servizio
Apertura Villa Pamphilj: dalle 7:00 al tramonto
Visita Casino del Bel Respiro: da novembre a luglio un sabato al mese dalle ore 9:30 alle 13:00 (calendario www.governo.it, prenotazione visitealgardi@palazzochigi.it).Cas
3. Il Bosco Parrasio – salita del Bosco Parrasio (Trastevere)
L’utopia bucolica all’ombra del Gianicolo
IL LUOGO
Per raggiungere questa tappa bisogna uscire da Villa Pamphilj dirigendosi verso Porta San Pancrazio e proseguire lungo via Garibaldi per circa 300, metri fino a raggiungere il piazzale in cui si trova la grande Fontana dell’Acqua Paola, il celeberrimo “Fontanone”. Alla destra del cancello dove inizia la Passeggiata del Gianicolo, si scende una scalinata che conduce su via di Porta San Pancrazio alla fine della quale, svoltando a sinistra, si giunge sulla stradina chiamata salita del Bosco Parrasio, in cima alla quale si apre un ingresso a forma di esedra con un’iscrizione che recita: “Accademia degli Arcadi”. Oltrepassando questo cancello possiamo ripercorrere un’avventura iniziata alla fine del XVI secolo, quando questo angolo del Gianicolo viene trasformato in un luogo idilliaco ispirato ai paesaggi bucolici dell’antica Grecia.
LA STORIA
È il 5 ottobre del 1690 quando, durante una riunione nel convento della chiesa di San Pietro in Montorio, quattordici letterati appartenenti all’Accademia reale di Cristina di Svezia, nata per diffondere il mecenatismo culturale della sovrana, decidono di fondare un movimento letterario che caratterizzerà tutto il Settecento italiano: l’Accademia dell’Arcadia.
Il loro obiettivo è quello di promuovere la semplicità del Classicismo, contrapponendola alla pomposità e al cattivo gusto del Barocco, allora imperante. Tutto ciò che gravita intorno all’Accademia si ispira alla Grecia classica, a partire dal nome, che riprende quello di una mitica regione greca, idealizzata fin dai tempi antichi nella letteratura come una terra in cui uomini e natura vivono in perfetta armonia. Come simbolo ufficiale viene scelto il flauto del semidio Pan e ogni membro dell’Accademia, detto Pastore, assume come pseudonimo un nome di ispirazione pastorale greca. Seguendo questi modelli, gli Arcadi si riuniscono inizialmente in giardini e parchi messi a disposizione di volta in volta dai nobili della città, per poi acquistare una sede propria, nel 1726. È l’Orto dei Livi, un’area verde alle pendici del Gianicolo che viene trasformata nel Bosco Parrasio, un angolo bucolico dominato da una graziosa palazzina neoclassica che si affaccia su un piccolo anfiteatro dove vengono declamati i versi e su una grotta che rievoca il mondo pastorale. Per tutto il XVII secolo questo luogo viene frequentato da illustri personaggi, fino a essere completamente abbandonato all’inizio del secolo successivo, a causa del declino dell’Arcadia e dei successivi danneggiamenti provocati nel 1849 dagli scontri tra i francesi e la Repubblica Romana durante l’Assedio di Roma.
NELLE VICINANZE
Riprendendo in discesa via Garibaldi e percorrendola per un centinaio di metri, dietro la prima curva che si incontra, una scalinata alla nostra sinistra ci porta nel complesso di San Pietro in Montorio, il luogo di culto edificato dove si riteneva fosse stato crocifisso l’apostolo Pietro. Ci sono dipinti meravigliosi, come la Flagellazione e la Trasfigurazione di Sebastiano del Piombo o gli affreschi di Giorgio Vasari. In un cortile del convento, inoltre, si trova il cosiddetto Tempietto del Bramante, considerato un capolavoro dell’architettura rinascimentale.
INFO
Per visitare il Bosco Parrasio è necessaria la prenotazione al sito www.accademiadellarcadia.it
Le visite si svolgono di venerdì, dalle 11:00 alle 12:00, sono gratuite e non prevedono una guida.
Chiusura: luglio e agosto
INFORMAZIONI UTILI
Metro: NO
Autobus: 115, 870
ZTL Trastevere
Diurna: lun – sab dalle 6.30 alle 10.00 (festivi esclusi)
Notturna: ven e sab dalle 23:00 alle 3:00 (anche se festivi, da mag a ott anche mer e giov, agosto non attiva)
Tappa successiva: Quercia del Tasso 1 km
Info di servizio: visite il ven dalle 11:00 alle 12:00 (chiuso lug e ago, per prenotare www.accademiadellarcadia.it).
4. La quercia del Tasso – rampa della Quercia (Trastevere)
L’ultimo rifugio del grande poeta
IL LUOGO
Questa tappa si trova lungo la passeggiata del Gianicolo, la suggestiva strada alberata che sale da Trastevere fino a Porta San Pancrazio. Snodandosi in un percorso ricco di testimonianze storiche, culmina in piazza Garibaldi, dove si trova la famosa terrazza da cui si può godere di un meraviglioso panorama su Roma. Partendo da piazza di Sant’Onofrio e guardando il campanile dell’omonima chiesa, bisogna dirigersi a sinistra, oltrepassare il primo punto panoramico e fermarsi appena superata la prima curva. Qui incontriamo una piccola scalinata e una salita, la rampa della Quercia, dove ci imbattiamo in quello che rimane della Quercia del Tasso, l’albero sotto il quale il celebre autore della Gerusalemme Liberata amava fermarsi a riflettere negli ultimi giorni della sua vita.
LA STORIA
Siamo nel 1575 quando, appena completata la Gerusalemme Liberata, Torquato Tasso cade vittima di un esaurimento causato dalla paura di aver portato a termine un lavoro non gradito al Tribunale dell’Inquisizione. Siamo negli anni della Controriforma, e il Concilio di Trento ha da poco stabilito ciò che è conforme alla morale e ciò che è da condannare, compresi gli scritti letterari.
Ossessionato dal terrore che la sua opera sia immorale, Tasso inizia a dare segni di squilibrio. I suoi scrupoli religiosi, le continue autodenunce al tribunale dell’Inquisizione e il comportamento esasperato lo rendono un personaggio scomodo alla corte ferrarese, tanto che il duca Alfonso II d’Este, nel 1579 lo fa imprigionare.
Nel frattempo la Gerusalemme Liberata, revisionata da altre mani, viene pubblicata senza il suo consenso, evento che aggrava ancora di più la situazione psicologica dell’autore, il quale – tornato in libertà nel 1586 – comincia una serie di peregrinazioni in diverse città italiane che lo portano a raggiungere Roma dove, nel 1593, viene data alle stampe la sua personale revisione del poema con il titolo di Gerusalemme Conquistata.
Ma gli anni passati in prigionia lo hanno cambiato profondamente, nel fisico e nella mente, al punto che a soli cinquantun anni decide di ritirarsi in meditazione per prepararsi alla morte, che ormai sente sempre più vicina. È il primo aprile 1595 quando entra nel monastero di Sant’Onofrio al Gianicolo, preparandosi alla sua “fuga dal mondo”. Esce solo di rado per recarsi alla vicina quercia, dove si ferma a meditare, iniziando quella che lui stesso definisce la sua “conversazione in cielo”. Morirà nel monastero il 25 di quello stesso mese.
NELLE VICINANZE
Nella chiesa di sant’Onofrio si può visitare la tomba di Torquato Tasso, mentre l’adiacente monastero ospita il Museo Tassiano, dove sono conservati cimeli e ricordi del poeta, tra cui la sua maschera funeraria. Risalendo la passeggiata del Gianicolo incontriamo prima il Faro degli italiani d’Argentina, realizzato per commemorare il cinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, poi i busti degli eroi del Risorgimento e infine arriviamo a piazza Garibaldi, dominata dal suo monumento equestre, dove non possiamo perderci il meraviglioso panorama sulla città.
INFORMAZIONI UTILI
Metro: NO
Autobus: 115, 870
ZTL: NO
Tappa successiva: Castel Sant’Angelo 1,1 km
5. Castel Sant’Angelo – lungotevere Castello (Borgo)
Beatrice Cenci e il suo fantasma ribelle
IL LUOGO
Il modo migliore per arrivare a Castel Sant’Angelo è attraversando l’omonimo ponte, noto in antichità come Ponte Elio e fatto costruire dall’imperatore Adriano nel 134 d.C. per raggiungere il mausoleo destinato a custodire le sue spoglie. È proprio così che nasce l’imponente monumento che abbiamo di fronte: come una tomba imperiale.
La sua funzione originaria viene meno con l’inizio del V secolo quando, sfruttando la sua mole, viene utilizzato come struttura difensiva di supporto alle Mura Aureliane. Nel Medioevo il mausoleo viene trasformato in fortezza, prima da alcune famiglie nobili e successivamente dai papi che, a partire dal 1365, se ne servono come rifugio nei momenti di pericolo. Ma non solo. Castel Sant’Angelo, infatti, diventa la sede di tribunali e prigioni pontificie, e la piazza su cui si affaccia teatro di esecuzioni capitali.
LA STORIA
Leggenda vuole che un fantasma appaia da queste parti ogni anno la notte dell’11 settembre: è quello di Beatrice Cenci, una sfortunata fanciulla la cui triste vicenda ha ispirato famosi artisti, da Caravaggio a Guido Reni, da Stendhal a Shelley. Per conoscere la sua storia dobbiamo tornare nella Roma di fine XVI secolo.
Figlia del conte Francesco, un nobile noto per i suoi vizi, la sua avarizia e la sua violenza, Beatrice crescendo diventa una bellissima ragazza, attirando le bramosie del padre snaturato, il quale la fa rinchiudere in una fortezza per non vedersi costretto a darla in moglie e a provvedere alla sua dote. Così la giovane si trova costretta a vivere segregata e vessata continuamente dagli abusi del padre finché, d’accordo con la sua matrigna Lucrezia e con i suoi fratelli, decide di ucciderlo.
La mattina del 9 settembre 1598, dopo essere stato stordito con l’oppio, il conte viene finito a colpi di martello sul suo letto. I complici cercano subito di simulare un incidente, gettando il corpo da una balaustra, ma la verità viene presto a galla. Il processo contro i familiari di Francesco Cenci si conclude con la condanna a morte di Lucrezia, di Beatrice e di suo fratello maggiore Giacomo.
Il patibolo viene allestito l’11 settembre 1559 su una piazza Castel Sant’Angelo gremita di folla. Gli spettatori, tra i quali c’è anche Caravaggio, sono talmente accalcati che alcuni muoiono per asfissia, altri annegati nel Tevere. Beatrice e Lucrezia vengono decapitate con la spada, mentre Giacomo viene prima torturato con tenaglie roventi e poi fatto a pezzi davanti al pubblico. Questa storia commuove la popolazione, e da quel momento Beatrice verrà eletta a simbolo dell’opposizione alle angherie dei potenti.
NELLE VICINANZE
Siamo al confine tra Borgo e Ponte, due dei rioni più visitati di Roma. Sulla sponda di Borgo, alla sinistra di Castel Sant’Angelo, basta prendere via della Conciliazione per ritrovarsi in piazza San Pietro, negli orari di apertura raggiungibile direttamente dal Passetto di Borgo, un passaggio sopraelevato costruito per permettere al papa di rifugiarsi nel castello in caso di pericolo. Sull’altra sponda, invece, ci sono alcune delle strade più suggestive di Roma, come via dei Banchi Nuovi, via del Governo Vecchio o via dei Coronari, che ci porta dritti in piazza Navona.
INFO
Il Passetto di Borgo è aperto tutti i giorni dalle 11:30 alle 16:30 per la visita guidata in lingua italiana o dalle 10:00 alle 15:00 per la visita guidata in lingua inglese.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Ottaviano
Autobus: 23, 40, 62, 280, 982
ZTL: NO
Tappa successiva: Pasquino 800 m
Info di servizio
Castel Sant’Angelo: lun – dom dalle 9:00 alle 19:30 (chiusura 1° gen, 1° mag, 25 dic, biglietteria aperta fino alle 18:30)
Passetto di Borgo: 11:30 – 16:30 visita in italiano, 10:00 – 15:00 visita in inglese.
6. Piazza Pasquino (Parione)
La statua parlante, voce contro i potenti
IL LUOGO
Raggiungere questa tappa è di per sé un’esperienza perché attraverseremo alcune delle strade più suggestive del centro di Roma, che dal rione Ponte ci portano in quello di Parione. Da piazza di Ponte Sant’Angelo prendiamo via del Banco di Santo Spirito e poi proseguiamo su via dei Banchi Nuovi e via del Governo Vecchio, alla fine della quale si trova la nostra meta: piazza Pasquino, nome legato alla statua che possiamo vedere ai piedi del palazzo all’angolo. Secondo la tradizione, il suo nome – e successivamente quello della piazza, originariamente nota come piazza di Parione – si deve a tale mastro Pasquino, un popolano noto per la sua vena satirica che intorno al 1500 possiede qui una bottega. La statua a lui intitolata, come stiamo per vedere, diventerà lo strumento mediante il quale il popolo romano metterà a nudo le ipocrisie dei potenti.
LA STORIA
La statua di Pasquino appartiene a un gruppo scultoreo ellenistico che probabilmente decorava il vicino circo voluto da Domiziano nell’85 d.C. per disputare le gare di atletica, trasformato a partire dal 1650 nel simbolo del barocco romano: piazza Navona. Rinvenuta nel 1501 durante i lavori di risistemazione di piazza di Parione, il cardinale Oliviero Carafa la fa collocare su un piedistallo ai piedi del suo nuovo palazzo, dove si trova tuttora.
Presto si diffonde l’usanza, nelle ore notturne, di appendere al collo della statua fogli contenenti satire pungenti, rigorosamente anonime, dirette a colpire i personaggi pubblici più importanti della città. Si tratta di testi brevi, spesso scritti in rima o utilizzando giochi di parole, che prendono il nome di “pasquinate”, per mezzo delle quali il popolo romano si diverte a farsi beffa dei potenti, smascherando malefatte e intrighi di corte. Sono rivolte soprattutto al papa e alle alte sfere della Chiesa, al punto che diversi pontefici provano a disfarsi della statua, ma senza successo. Nemmeno il tentativo di far sorvegliare la piazza giorno e notte riesce a zittire quella che viene considerata la voce del popolo romano, che continua a mietere vittime perfino dopo la decisione di papa Benedetto XIII (1724-1730) di punire con la pena di morte chiunque venga sorpreso ad affiggere una “pasquinata”.
Come esempio dell’arguzia e dell’irriverenza di questi componimenti riportiamo quello più celebre, che recita: Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini (Ciò che non hanno fatto i barbari, hanno fatto i Barberini), indirizzata contro papa Urbano VIII Barberini (1623-1644), colpevole – secondo il popolo – di aver asportato i bronzi del Pantheon per realizzare il Baldacchino di San Pietro.
NELLE VICINANZE
A piazza Navona, qui accanto, possiamo vedere da vicino due capolavori del Barocco: la Fontana dei Quattro Fiumi del Bernini e la chiesa di Sant’Agnese in agone, opera del Borromini. Dai vicoli che circondano la piazza si possono raggiungere luoghi straordinari. Prendendo via Agonale si arriva a piazza di sant’Apollinare, sede del Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps, mentre da via del Salvatore si arriva a San Luigi dei Francesi, la chiesa che conserva tre capolavori del Caravaggio: il Martirio di San Matteo, San Matteo e l’angelo e la Vocazione di San Matteo.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Barberini
Autobus: 46, 62, 64, 916, 916F
ZTL centro storico
Diurna: lun – ven dalle 6:30 alle 18:00 (esclusi festivi), sab dalle 14:00 alle 18:00 (esclusi festivi)
Notturna: ven e sab dalle 23:00 alle 3:00 (esclusi i festivi, non attiva ad agosto)
Tappa successiva: Campo de’ Fiori 350 m
7. Campo de’ Fiori – piazza Campo de’ Fiori (Parione)
Giordano Bruno, martire del libero pensiero
IL LUOGO
Se da piazza Navona prendiamo via della Cuccagna verso corso Vittorio Emanuele II e poi via dei Baullari, raggiungiamo in cinque minuti Campo de’ Fiori, unica piazza monumentale del centro di Roma che non ospiti una chiesa. Il suo nome è dovuto al prato fiorito che si trova qui fino al 1440, anno in cui la piazza viene lastricata e successivamente popolata da numerose locande e alberghi per i pellegrini che giungono a Roma.
Sede del mercato più famoso della città a partire dal 1869, i suoi banchi colorati di frutta e verdura affollano la piazza ancora oggi tutte le mattine, tranne la domenica. Ma questo luogo è famoso soprattutto per essere stato teatro di un’esecuzione illustre, quella di Giordano Bruno, come testimonia la statua che svetta al centro della piazza.
LA STORIA
Vestiti gli abiti di monaco domenicano a soli quindici anni, Giordano Bruno diventa dottore in teologia nel 1575, quando di anni ne ha ventisette. Animato da un’insaziabile passione per lo studio, viene riconosciuto in breve tempo come uno dei più brillanti intellettuali d’Europa, ma la sua passione per la verità lo pone inevitabilmente in contrasto con la cultura dogmatica del tempo.
A causa delle sue posizioni considerate eretiche dalla Chiesa cattolica, è costretto a diverse peregrinazioni che lo portano a stabilirsi in diverse città d’Italia e d’Europa finché, la sera del 23 maggio del 1592, viene arrestato e rinchiuso nelle carceri della Santa Inquisizione di Venezia. Trasferito in quelle romane del Sant’Uffizio l’anno successivo, viene accusato di eresia. Le sue colpe principali sono quelle di non credere alla verginità di Maria, di avere opinioni eretiche sulla Trinità e sull’incarnazione di Cristo, di non credere che la Terra sia al centro dell’universo e addirittura di credere nell’esistenza di infiniti mondi e nella loro eternità.
Nonostante venga torturato e invitato più volte ad abiurare, Giordano rifiuta e l’8 febbraio 1600, al cospetto dei cardinali inquisitori è costretto ad ascoltare in ginocchio la sentenza che lo condanna al rogo. Terminata la lettura della sentenza, si alza e – rivolto ai giudici – pronuncia queste parole: “Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell’ascoltarla”. Dopo aver rifiutato i conforti religiosi, la mattina del 17 febbraio 1600 viene condotto a Campo de’ Fiori con la lingua “in giova”, ovvero bloccata da una briglia di ferro perché non possa parlare. Dopodiché, denudato e legato a un palo nel punto dove oggi sorge la sua statua, viene arso vivo.
NELLE VICINANZE
Intorno a Campo de’ Fiori si trovano alcune dei vicoli e delle piazzette più suggestive di Roma. Sono molti anche i palazzi storici che si trovano a pochi minuti di cammino, come Palazzo Farnese, affacciato sull’omonima piazza e sede dell’Ambasciata di Francia, o Palazzo della Cancelleria, che ospita i tribunali della Santa Sede in piazza della Cancelleria, proprio a due passi dall’elegante palazzetto sede del Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco, il cui ingresso si trova in corso Vittorio 166 a.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Barberini
Autobus: 46, 62, 64, 916, 916F
ZTL centro storico
Diurna: lun – ven dalle 6:30 alle 18:00 (esclusi festivi), sab dalle 14:00 alle 18:00 (esclusi festivi)
Notturna: ven e sab dalle 23:00 alle 3:00 (esclusi i festivi, non attiva ad agosto)
Tappa successiva: San Gregorio al Celio 2,3 km
8. San Gregorio al Celio – piazza di San Gregorio (Celio)
Imperia, la cortigiana sepolta nella chiesa
IL LUOGO
Il punto di riferimento per questa tappa è piazza di Porta Capena, il grande slargo che affaccia sul lato sud ovest del Circo Massimo. Dalla parte opposta rispetto al circo, isolata sul fondo della piazza, vediamo la Casina del Vignola Boccapaduli con la sua fronte a tre arcate. Per raggiungere la nostra meta dobbiamo prendere la strada che si trova alla sua destra, nota come salita di San Gregorio, che ci conduce davanti all’imponente facciata della chiesa omonima. Salendo i gradini della scalinata d’ingresso si entra nel portico esterno della chiesa dove, in fondo alla parete di sinistra, possiamo vedere una tomba la cui lastra ci informa che qui riposa il monsignor Lelio Guidiccioni, morto nel 1643. Questa tomba così elegantemente decorata, però, apparteneva originariamente a una donna. La donna più famosa e desiderata della Roma rinascimentale.
LA STORIA
Tra le cortigiane che frequentano la corte papale e i salotti più in vista dell’aristocrazia romana durante i primi anni del XVI secolo, la più ambita di tutte risponde al nome di Lucrezia de Paris, meglio conosciuta come Imperia Cognati, “la Divina”. Bella, raffinata e colta, sa suonare il liuto, scrive poesie e ha un’eleganza impareggiabile nel modo e nei gusti. Per lei perdono la testa i personaggi più influenti della città, che la ricoprono di ricchezze. Tra i suoi frequentatori più famosi ci sono il potentissimo banchiere Agostino Chigi, uno degli uomini più ricchi d’Europa, e il pittore Raffaello, che pare l’abbia utilizzata come modella per gli affreschi del Parnaso in Vaticano e per quelli del Trionfo di Galatea nella Villa della Farnesina.
Tuttavia, nonostante le tante glorie e le grandi ricchezze, la parabola ascendente di Imperia si interrompe bruscamente nell’agosto del 1512 quando, a soli ventisei anni, decide di avvelenarsi. Prima di morire, chiede di essere seppellita in maniera degna, come una vera signora e non in qualche cimitero sconsacrato, come le prostitute comuni. Grazie all’intervento di Agostino Chigi riesce a ottenere un funerale religioso e uno splendido monumento funebre di marmo decorato all’interno di San Gregorio al Celio.
Tuttavia il suo corpo non riposerà qui per molto tempo. Nel 1643 le sue spoglie vengono disperse e la sua tomba riutilizzata per ospitare il corpo del monsignor Lelio Guidiccioni. Qualcuno ha deciso che quello non può essere il posto per un’ospite che ha trascorso la sua vita nell’immoralità e nel vizio.
Nessuno sa che fine abbiano fatto i suoi resti mortali. Una leggenda vuole che ogni notte il suo fantasma vaghi disperato da queste parti in cerca delle sue povere ossa.
NELLE VICINANZE
Da piazza di San Gregorio parte una strada nota fin dall’antichità: il Clivo di Scauro. Proseguendo su questa salita per circa 100 metri, proprio prima della serie di arcate medievali che la sovrastano, alla nostra sinistra si trova l’ingresso al il sito delle Case Romane del Celio, i cui ambienti affrescati testimoniano il passaggio dalla Roma pagana a quella cristiana. Poco più avanti raggiungiamo piazza dei Santi Giovanni e Paolo e l’omonima basilica, il cui campanile conserva alla base i grandi blocchi appartenuti nel I secolo d.C. al tempio del Divo Claudio.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Circo Massimo
Autobus: 628, C3, L07
Tram 8
ZTL: NO
Tappa successiva: Colle Oppio 1,5 km
9. Colle Oppio – via Mecenate 35 (Colle Oppio)
Michelangelo e il ritrovamento del Laocoonte
IL LUOGO
Questa tappa ci porta sul Colle Oppio – l’altura incastonata tra gli storici rioni Celio, Esquilino e Monti – occupata in gran parte dal parco che conserva i resti della Domus Aurea di Nerone e quelli delle Terme di Traiano. Più precisamente, dobbiamo dirigerci in via Mecenate, la strada che costeggia il parco sul versante dell’Esquilino dove si trovano le cosiddette Sette Sale, la grande cisterna costruita per alimentare l’edificio termale traianeo e che poteva contenere più di 8 milioni di litri d’acqua. Raggiunto il civico 35 a, ci si trova davanti a un cancello che immette sul retro dell’istituto di accoglienza gestito dalle suore di San Giuseppe di Cluny. Ma all’inizio del Cinquecento qui si trovava la vigna del nobile Felice de Fredis, balzata agli onori delle cronache del tempo per un ritrovamento straordinario.
LA STORIA
È la mattina del 14 gennaio 1506 quando Felice de Fredis decide di costruire un edificio nella sua vigna in località “le Capocce”, nome dovuto alla vicinanza delle Sette Sale, i cui ambienti coperti a volta spuntano dal terreno come tante teste. Nel corso degli scavi per realizzare le fondamenta della struttura, viene alla luce quella che sembra essere una scultura antica. La notizia della scoperta fa presto il giro della città, giungendo anche alle orecchie di Giulio II, il papa amante dell’arte che pochi mesi dopo commissionerà la decorazione della Cappella Sistina. Il pontefice chiede a un suo artista di fiducia, Giuliano da Sangallo, di andare a sincerarsi dell’effettivo valore della scultura rinvenuta nella vigna, perché la vorrebbe per il nuovo “cortile delle statue” che Donato Bramante sta allestendo in Vaticano.
Il Sangallo si fa accompagnare sul Colle Oppio da un suo amico scultore, Michelangelo Buonarroti, giunto a Roma per realizzare proprio la tomba di Giulio II. Esaminato il gruppo scultoreo, i due artisti non hanno dubbi: si tratta di quello che Plinio il Vecchio ha visto con i suoi stessi occhi in una residenza dell’imperatore Tito e che ha descritto nella Naturalis Historia. Raffigura Laocoonte, il sacerdote troiano che nell’Eneide di Virgilio viene stritolato insieme ai suoi figli dai mostri marini inviati da Atena per essersi pronunciato contro l’introduzione nella città di Troia del celebre cavallo di legno donato dai greci.
De Fredis vorrebbe tenerla per sé, ma presto cede alle lusinghe di Giulio II, che gli promette una lauta ricompensa. In quel momento il pontefice ha appena effettuato la prima acquisizione di quelli che diventeranno i Musei Vaticani.
NELLE VICINANZE
Dal punto in cui ci troviamo, proseguendo per un centinaio di metri su via Mecenate e attraversando via Merulana, si raggiunge l’Auditorium di Mecenate, la sala adibita a ninfeo frequentata dai letterati di età augustea. Se proseguiamo nella direzione opposta, invece, svoltando a destra in via delle Terme di Traiano, possiamo vedere la cisterna delle Sette Sale. Da qui, prendendo via Fortunato Mizzi, entriamo nel parco di Colle Oppio, custode degli imponenti resti delle Terme di Traiano e, in fondo a viale Serapide, dei sotterranei affrescati della Domus Aurea.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Vittorio Emanuele
Autobus: 16, 117, C3
ZTL: NO
Tappa successiva: Porta Magica 550 m
10. La Porta Magica – piazza Vittorio Emanuele II (Esquilino)
Alchimia ed esoterismo nel cuore di Roma
IL LUOGO
Questa tappa ci porta nella piazza più grande di Roma, piazza Vittorio Emanuele II, al centro del quartiere Esquilino e a poche centinaia di metri dallo scalo ferroviario più importante della città, la Stazione Termini. Conosciuta dai romani semplicemente come piazza Vittorio, è il simbolo multietnico della capitale, sotto i cui portici possiamo trovare decine di attività gestite e frequentate dai membri delle comunità straniere di Roma, soprattutto asiatiche e nordafricane.
Nel giardino che sorge al centro della piazza, alle spalle del ninfeo costruito nel 226 d.C. dall’imperatore Alessandro Severo e noto come Trofei di Mario, possiamo osservare un ingresso murato sui cui stipiti sono incisi degli strani simboli: è la cosiddetta Porta Magica, testimone di una storia misteriosa che risale alla metà del 1600.
LA STORIA
La Porta Magica è l’unica delle cinque porte che si è conservata della secentesca Villa Palombara, demolita alla fine del XIX secolo per far posto a piazza Vittorio. Salvata per il suo alone di mistero, viene sistemata qui dove la vediamo nel 1890, affiancata da due statue del dio egizio Bes provenienti del tempio di Serapide sul Quirinale.
Le iscrizioni e i simboli scolpiti sulla porta – che comprendono una stella di Davide, una croce, vari cerchi con frecce e mezzelune associati a metalli e pianeti – sono legati alla figura enigmatica del marchese Palombara, un nobile noto per essere un appassionato di alchimia e scienze occulte, molto noto nella Roma di metà `600. Qui, nella sua villa dell’Esquilino, fa allestire un laboratorio dove si svolgono convegni segreti ed esperimenti legati alle arti magiche.
La leggenda vuole che il circolo di Villa Palombara venga frequentato per un periodo dal medico e alchimista milanese Giuseppe Borri che, finanziato dal marchese, inizia a portare avanti una serie di esperimenti vòlti alla creazione della mitica pietra filosofale, la sostanza capace di trasformare i metalli in oro. Già accusato dalla Santa Inquisizione per eresia, una mattina il Borri, ricercato dalle guardie papali, scompare misteriosamente lasciando dietro di sé alcune pagliuzze d’oro purissimo, segno della riuscita trasmutazione alchemica, e una misteriosa carta piena di enigmi e simboli magici. Convinto che quei simboli contengano il segreto della pietra filosofale, il marchese Palombara prova a decifrarli, ma senza successo. Nella speranza che un giorno qualcuno possa riuscire a interpretarli, decide di farli scolpire sulle cinque porte di Villa Palombara, una delle quali è quella davanti ai nostri occhi.
NELLE VICINANZE
Prendendo via Carlo Alberto, arriviamo in cinque minuti in piazza di Santa Maria Maggiore, che ospita l’omonima basilica papale, la sola delle quattro ad aver conservato la struttura paleocristiana, decorata al suo interno da meravigliosi mosaici e da un soffitto dorato realizzato alla fine del XV secolo con il primo oro proveniente dalle Americhe. Sul lato opposto della piazza, prendendo via San Giovanni Gualberto, si arriva alla Basilica di Santa Prassede, all’interno della quale sono conservati pregevoli mosaici bizantini e il busto del vescovo Santoni, prima scultura del Bernini.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Vittorio Emanuele
Autobus: 50, 105, 150F, 514, A10
Tram 5, 14
ZTL: NO
(Testi a cura di Marco Eusepi, podcast a cura di Francesca Chiarantano)
SCOPRI: “Roma StoryWalk La Mappa – I percorsi della Storia”