Dal Grand Tour all’occupazione francese
In questo percorso toccheremo Villa Albani, che con le sue collezioni di antichità è diventata uno dei luoghi prediletti del Grand Tour, il viaggio di formazione intrapreso da personaggi illustri della cultura europea tra il Settecento e l’Ottocento. Roma ne è una tappa fondamentale, come testimonia il Viaggio in Italia di Goethe, il cui rapporto con la città è ricordato da un monumento a Villa Borghese a lui dedicato.
Raggiungeremo poi la Basilica di San Paolo fuori le mura, per assistere al disastroso incendio del 1823, dal quale venne semidistrutta.
L’itinerario prosegue a Testaccio, dove ci inoltreremo in quell’oasi di pace che è il Cimitero Acattolico, ultima dimora di artisti di ogni nazionalità. E poi a Trastevere, tappa durante la quale faremo visita al monumento a Giuseppe Gioachino Belli, il poeta che con i suoi versi in romanesco ha dato voce al popolo della città.
Assisteremo agli episodi dell’occupazione napoleonica, dall’assassinio del generale Duphot a Porta Settimiana alla fuga di papa Pio IX, costretto a passare per Porta San Giovanni per mettersi in salvo a Gaeta, fino all’arresto e alla deportazione in Francia di papa Pio VII, prelevato nottetempo dal palazzo del Quirinale.
In un vicolo del rione Borgo scopriremo poi la casa del boia di Roma, il famigerato Mastro Titta, autore di centinaia di esecuzioni, tra cui quella dei giovani carbonari Targhini e Montanari, decapitati a piazza del Popolo, dove una targa ci ricorda il loro sacrificio.
Ascolta “6 Il Settecento e la Roma Napoleonica” su Spreaker.
1. San Paolo fuori le mura – piazzale San Paolo (Ostiense)
La basilica semidistrutta da un rogo
IL LUOGO
La basilica di San Paolo fuori le mura si trova lungo la via Ostiense, a circa due chilometri da Porta San Paolo e dalla cinta aureliana. È una delle quattro Basiliche papali di Roma – la seconda più grande dopo quella di San Pietro – e sorge sul luogo in cui fu sepolto l’apostolo Paolo, martirizzato durante il regno di Nerone. Da allora, la sua tomba inizia a essere meta dei pellegrinaggi dei primi cristiani, fino a quando Costantino fa erigere intorno ad essa una piccola basilica, inaugurata nel 324 d.C.. Presto le dimensioni dell’edificio si rivelano però inadeguate al grande afflusso quotidiano di pellegrini che vi si reca ogni giorno, così viene ricostruita alla fine del IV secolo. Nonostante le numerose modifiche agli interni nel corso dei secoli, la struttura esterna è rimasta invariata. Almeno fino all’evento tragico che stiamo per raccontare.
LA STORIA
La notte del 15 luglio 1823 si sviluppa un grande incendio. Va a fuoco il tetto della Basilica di San Paolo fuori le mura. Probabilmente gli operai che il giorno prima stavano eseguendo un lavoro di manutenzione hanno lasciato inavvertitamente dei tizzoni accesi.
Poco prima dell’alba, le fiamme vengono notate da Giuseppe Perna, un pastore che sta sorvegliando le sue mucche al pascolo nella campagna circostante. L’uomo si precipita ad avvertire i monaci del vicino monastero, che a loro volta suonano le campane per dare l’allarme ufficiale. Il sole è già alto quando i vigili del fuoco raggiungono la basilica, ormai semidistrutta, dopo che ha bruciato per ore. Si salvano solo l’abside, l’arco trionfale, il chiostro e il magnifico ciborio di Arnolfo di Cambio, capolavoro dell’arte Medievale.
Spetta a papa Leone XII, eletto il 28 settembre, l’oneroso e ambizioso compito della ricostruzione di questo simbolo della cristianità. Il 25 gennaio del 1825, il pontefice emana l’enciclica Ad plurimas easque gravissimas, tramite la quale invita tutte le personalità del mondo cattolico a partecipare alla ricostruzione della chiesa. La mobilitazione è incredibile e coinvolge tutte le potenze del mondo occidentale, anche non cattoliche, come lo zar Nicola I Romanov, che invia dalla Russia splendidi blocchi di malachite e lapislazzuli, o il viceré d’Egitto, che dona pregiate finestre e colonne d’alabastro.
I lavori di quella che è considerata la maggiore opera pubblica della Roma dell’Ottocento, durano circa trent’anni, e la basilica che conosciamo oggi viene consacrata da papa Pio IX il 10 dicembre 1854, in occasione della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione.
NELLE VICINANZE
Risalendo la via Ostiense per circa un chilometro, all’altezza del civico 106, s’incontra l’Edicola della Separazione, eretta nel luogo in cui gli apostoli Paolo e Pietro si scambiarono l’ultimo saluto prima di essere giustiziati. Dieci metri più avanti c’è il Museo della Centrale Montemartini, gioiello di archeologia industriale dove, accanto a macchinari di inizio Novecento, sono esposte antichità classiche. Proseguendo per un altro chilometro, si arriva al cospetto della Piramide Cestia e di Porta San Paolo, sede del Museo della via Ostiense.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Basilica San Paolo
Autobus: 23, 769, 792
Ferrovia Roma-Lido (fermata Basilica San Paolo)
ZTL: NO
Tappa successiva: Il cimitero acattolico 2,6 km
Info di servizio: La Basilica è aperta dalle 07:00 alle 19:00 (ingresso libero), il chiostro è aperto dalle 9:00 alle 17:30 (ingresso € 4,00, ridotto € 3,00)
2. Il cimitero acattolico – via Caio Cestio, 6 (Testaccio)
Wilde e “il luogo più sacro della Terra”
Angolo di pace e tranquillità incastonato fra il quartiere Ostiense e il rione Testaccio, per raggiungere il suo ingresso bisogna prendere via Raffaele Persichetti, la strada che s’insinua tra la Piramide Cestia e Porta San Paolo, e svoltare a sinistra su via Caio Cestio fino ad arrivare al civico 6, dove ci accoglie un portale in stile neogotico del Cimitero acattolico, sovrastato dall’iscrizione latina Resurrecturis, ovvero “a coloro che risorgeranno”.
Lasciando alle spalle l’asfalto e il traffico cittadino, ci si immerge in un’oasi fuori dal tempo, circondati da prati verdi, siepi, cipressi e pini, tra i quali fanno capolino bianche lapidi e statue di marmo. Ci troviamo in un sito talmente romantico, quieto ed evocativo che Oscar Wilde lo definisce “il luogo più sacro della Terra”.
LA STORIA
Tutto ha inizio nell’ottobre del 1716, quando papa Clemente XI concede la sepoltura di William Arthur, un illustre protestante di Edimburgo, nella zona accanto alla Piramide Cestia, allora nota come “prati del popolo romano”. È una novità non da poco, perché per la prima volta un defunto non cattolico viene ammesso all’interno della cinta aureliana, seppur a ridosso delle mura. Questa decisione suscita un certo sdegno nei cattolici più intransigenti, tanto che inizialmente i riti funebri protestanti devono essere officiati durante la notte, per evitare rappresaglie. Nonostante questa iniziale intolleranza, da allora diventa consuetudine seppellire i protestanti in questo luogo, compresi quelli còlti dalla morte nel corso del Grand Tour, il viaggio di formazione intrapreso tra Settecento e Ottocento da molti intellettuali e artisti europei.
Per questo motivo il Cimitero acattolico di Testaccio è conosciuto anche come “cimitero degli artisti e dei poeti” – uno dei più antichi d’Europa ancora in uso – al pari del famoso cimetière du Père–Lachaise di Parigi. Le sepolture più visitate sono le stele gemelle del poeta romantico inglese John Keats (1795-1821) e del suo amico pittore Joseph Severn (1793-1879), situate nell’anglo nordest, ma molti altri sono i personaggi celebri qui sepolti, come il poeta Percy Bysshe Shelley, il politico e filosofo Antonio Gramsci e Andrea Camilleri, il popolare scrittore scomparso nel 2019.
Qui dormono fianco a fianco, senza bisogno di recinzioni o fili spinati, persone provenienti da tutto il mondo, appartenenti alle più diverse culture e religioni, facendo di questo luogo l’angolo più cosmopolita della città.
NELLE VICINANZE
Trovandoci qui non si può fare a meno di fermarsi ad ammirare la Piramide Cestia, il monumento funebre di Caio Cestio, uomo politico vissuto nel I secolo a.C. che ha voluto essere sepolto in maniera piuttosto scenografica lungo l’antica via Ostiense. Uscendo dal cimitero e proseguendo su via Caio Cestio, se svoltiamo prima a destra su via Nicola Zabaglia e poi a sinistra su via Galvani, arriviamo in piazza Orazio Giustiniani, sede del mattatoio di Testaccio, ex area industriale oggi dedicata alle esposizioni e alle performance di arte contemporanea.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Piramide
Autobus: 23, 30, 75, 77, 83, 280, 769, 775
Tram 8 (prolungata)
Treno Roma-Lido fermata Roma Porta San Paolo
ZTL: NO
Tappa successiva: Porta San Giovanni 3,4 km
Info di servizio: Lunedi – sabato dalle 9:00 alle 17:00 (ultimo ingresso 16:30)
Domenica e festivi dalle 9:00 alle 13:00 (ultimo ingresso 12:30)
3. Porta San Giovanni – piazzale Appio (San Giovanni)
IL LUOGO
Porta San Giovanni si trova nel punto di incontro di tre quartieri di Roma: al di qua della cinta muraria siamo nel rione Esquilino mentre, uscendo dalla porta, inizia la via Appia Nuova, che divide in due i quartieri Tuscolano, sulla sinistra, e Appio Latino, sulla destra. Tuttavia i romani si riferiscono a questa zona chiamandola semplicemente San Giovanni, per la presenza dell’omonima basilica.
Rispetto alle altre porte della cinta aureliana, solitamente affiancate da robuste torri o bastioni, Porta San Giovanni è costituita da un semplice arco in travertino che stona con le mura appoggiate su di essa. Ciò è dovuto al fatto che è stata edificata solo nel 1574, ben 1300 anni più tardi rispetto al resto delle mura, quando l’originaria Porta Asinaria (che si trova pochi metri più a sinistra) si trovava ormai sotto il piano stradale.
LA STORIA
Nel 1848 i venti rivoluzionari che spirano in Europa arrivano anche a Roma. Il popolo è in rivolta e invoca la guerra contro l’Austria, ma papa Pio IX si rifiuta di avallare un intervento armato contro l’impero asburgico, perché si tratta della più grande potenza cattolica del tempo.
La reazione dei rivoltosi non si fa attendere e culmina con l’agguato mortale al nuovo capo del governo pontificio Pellegrino Rossi, ucciso da un fendente alla giugulare il 15 novembre. Il giorno successivo una folla minacciosa si presenta davanti al palazzo del Quirinale reclamando dal pontefice la laicizzazione dello Stato e l’apertura delle ostilità contro l’impero asburgico. A questo punto Pio IX, vedendosi perduto, decide di fuggire da Roma.
Svestiti gli abiti sacri, il papa si camuffa indossando un paio di occhiali e un grande cappello sulla testa. Poi, uscito da una porta secondaria del palazzo, sale su una carrozza insieme al suo cameriere personale e si dirige verso via Labicana, dove lo attende un uomo fidato, il conte Giraud, ambasciatore di Baviera presso lo Stato Pontificio. Il gruppo di fuggiaschi deve superare un ultimo ostacolo prima di uscire dalla città: Porta San Giovanni. Ma quando la carrozza raggiunge questo luogo, viene bloccata dal corpo di guardia. Sono attimi di terrore per il papa, ma il conte Giraud, grazie alla sua immunità diplomatica, riesce a passare senza bisogno di perquisizioni. È fatta: la carrozza può procedere tranquillamente sulla via Appia diretta verso Gaeta, dove Pio IX sarà al sicuro nei territori del Regno delle due Sicilie.
Rientrerà a Roma solo il 12 aprile 1850, trasferendo la sua residenza dal Quirinale al Vaticano. Saranno gli ultimi 20 anni del “Papa Re”, prima dell’annessione della città al Regno d’Italia.
NELLE VICINANZE
Trovandoci qui, non possiamo non visitare la Basilica di San Giovanni in Laterano, la prima delle quattro basiliche papali maggiori, che conserva numerosi capolavori architettonici. Di fronte alla basilica, al civico 14 della piazza, si trova la Scala Santa. Secondo la tradizione è la scala dell’edificio in cui risiedeva Ponzio Pilato a Gerusalemme, salita da Gesù subito prima di ricevere la sentenza della crocifissione. Portata qui da Elena (la madre dell’imperatore Costantino) nel 326, ancora oggi i fedeli la salgono in ginocchio, assorti in preghiera.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A e C: fermata San Giovanni
Autobus: 16, 81, 85, 87, 218, 360, 590
ZTL: NO
Tappa successiva: piazza Giuseppe Gioacchino Belli 3,7 km
4. Piazza Belli – piazza Giuseppe Gioachino Belli (Trastevere)
La Roma Ottocentesca dei sonetti romaneschi
IL LUOGO
Questa tappa ci porta a Trastevere, più precisamente nella piazza a ridosso di Ponte Garibaldi, che attraversa il fiume sulla punta settentrionale dell’Isola Tiberina. Alle spalle della fermata del tram 8, circondato da aiuole fiorite, possiamo vedere il monumento dedicato al poeta che ha portato il vernacolo romanesco fuori dei confini della città: Giuseppe Gioachino Belli.
È proprio lui quell’uomo elegante, con tanto di cilindro e bastone da passeggio, immortalato dalla scultura che abbiamo davanti. Il suo stretto legame con la città è rappresentato dal bassorilievo del basamento, che raffigura la lupa capitolina, Romolo e Remo e la personificazione del Tevere. Sul retro del monumento, invece, il gruppo di popolani riuniti intorno alla statua di Pasquino simboleggia l’umanità a cui il Belli ha dato voce con i suoi sonetti.
LA STORIA
Questa volta non prendiamo in considerazione un episodio storico in particolare, ma andiamo a scoprire la società romana della prima metà dell’Ottocento, perfettamente raccontata dai 2279 sonetti composti dal Belli. Stiamo parlando di una quantità enorme di versi, circa 32mila, più del doppio di quelli che compongono la Divina Commedia. Il paragone può sembrare azzardato, ma come Dante immortala la civiltà medioevale al tramonto, così nei Sonetti Romaneschi viene rappresentata l’ultima Roma governata dal papa, non a caso definito “papa re”, prima che i moti risorgimentali consegnino la città al Regno d’Italia.
Quella che affiora è una società caratterizzata dalla corruzione e dagli abusi di un gruppo ristretto di governanti che domina incontrastato su un popolo rozzo e volgare. Un popolo che, invece di reagire ai soprusi e darsi da fare per cambiare le cose, preferisce tirare a campare nella pochezza e nell’ignoranza. Per questo motivo Belli sceglie di scrivere i suoi sonetti in dialetto romanesco, che definisce “lingua non di Roma, ma del rozzo e spropositato suo volgo”. Un linguaggio crudo, spesso volgare, attraverso il quale l’autore mette a nudo gli usi, i costumi, i vizi e le superstizioni di personaggi dalla bassa estrazione sociale, dei quali si serve per lanciare frecciate contro il potere e i suoi massimi rappresentanti.
Belli vuole che i suoi sonetti vadano al macero, come scrive espressamente nel testamento. Fortunatamente, però, le ultime volontà del poeta non vengono rispettate e, dopo la sua morte, il figlio Ciro fa pubblicare una parte della sua opera, tenendo fuori i testi più provocatori contro il potere. La prima edizione completa di tutti i sonetti viene pubblicata soltanto nel 1952.
NELLE VICINANZE
Da piazza Belli basta attraversare la strada e prendere via della Lungaretta per ritrovarsi in cinque minuti in piazza di Santa Maria in Trastevere, dove veniamo accolti dal magnifico mosaico duecentesco della basilica omonima, uno dei luoghi di culto cristiani più antichi della città fondato, secondo la tradizione, da papa Callisto I nella prima metà del III secolo. Siamo nel cuore di Trastevere e da qui possiamo perderci nelle decine di vicoli che caratterizzano uno dei quartieri più frequentati e suggestivi della città, pronto a sorprenderci dietro a ogni angolo.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Circo Massimo
Autobus: H
Tram: 8
ZTL: NO
Tappa successiva: Porta Settimiana 650 m
5. Porta Settimiana – via di Porta Settimiana (Trastevere)
Il breve sogno della Repubblica Romana
IL LUOGO
Per raggiungere la nostra meta prendiamo come punto di riferimento Ponte Sisto, l’attraversamento pedonale che porta dritti nel cuore di Trastevere. Superato il ponte, siamo in piazza Trilussa, celebre punto di ritrovo per romani e turisti. Prendendo via di Ponte Sisto, la strada alla destra della piazza, e proseguendo su via di Santa Dorotea, ci troviamo in cinque minuti davanti a Porta Settimiana.
Edificata nel III secolo, nel 1498 viene completamente ricostruita come ingresso per la via Santa (oggi via della Lungara), una delle strade più trafficate dai pellegrini, che da Trastevere si dirigono verso la Basilica di San Pietro. Proprio qui, nel 1797, accade l’episodio considerato il casus belli che provoca l’invasione dello Stato Pontificio da parte dei rivoluzionari francesi e la costituzione della Repubblica Romana.
LA STORIA
È il 20 settembre del 1797 quando Giuseppe Bonaparte, fratello di Napoleone, si stabilisce come ambasciatore a Palazzo Corsini alla Lungara, sede dell’ambasciata francese presso la Santa Sede, a pochi metri da Porta Settimiana. Presto il palazzo diventa un centro di propaganda rivoluzionaria, frequentato da giacobini francesi e romani, che da tempo tramano per sottrarre Roma alle mani di papa Pio VI.
Le manifestazioni antipapali si fanno sempre più frequenti finché, il 28 dicembre dello stesso anno, scoppia un tumulto nel cortile di Palazzo Corsini. Le milizie pontificie di guardia a Porta Settimiana intimano ai francesi di far sgombrare i rivoltosi, ma questi rifiutano. Ha inizio così un vero e proprio scontro armato. Un ospite dell’ambasciatore Bonaparte, il generale Mathurin-Léonard Duphot, si mette alla testa dei rivoluzionari e, sguainata la spada, si getta contro i soldati pontifici. Lo scontro è violento e provoca la morte dello stesso Duphot.
La reazione di Bonaparte non si fa attendere. La sera stessa, indignato per l’accaduto, scrive una lettera di protesta al segretario di Stato pontificio, chiedendogli di raggiungere Palazzo Corsini. Al rifiuto secco del cardinale, Bonaparte, ritenendo offesa la dignità della Francia, decide di lasciare la città.
Neanche un mese dopo, il 10 febbraio del 1798, le truppe francesi entrano a Roma senza incontrare alcuna resistenza, saccheggiando i tesori artistici del Vaticano. Pio VI viene destituito il 15 febbraio, giorno della proclamazione di una Repubblica Romana ispirata al modello francese, che avrà una vita piuttosto breve. Cadrà infatti il 30 settembre 1799, quando le truppe napoletane di re Ferdinando IV entreranno a Roma riconsegnandola pochi mesi più tardi nelle mani del nuovo papa, Pio VII.
NELLE VICINANZE
Da Porta Settimiana basta fare pochi passi su via della Lungara per raggiungere una delle residenze rinascimentali più belle di Roma: Villa della Farnesina. Realizzata per il potente banchiere Agostino Chigi, conserva un apparato decorativo straordinario, eseguito da artisti come Sebastiano del Piombo, Baldassarre Peruzzi e Raffaello, autore della splendida Loggia di Amore e Psiche e del Trionfo di Galatea. Proprio di fronte a Villa Farnesina sorge Palazzo Corsini, sede della Galleria Nazionale di Arte Antica e della prestigiosa Accademia Nazionale dei Lincei.
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Circo Massimo
Autobus: 23, 280
ZTL Trastevere
Diurna: 6:30 – 10:00 dal lun al sab (esclusi i festivi)
Notturna: 23:00 – 3:00 dal ven al sab (anche se festivi), da maggio a ottobre anche mercoledì e giovedì, non attiva ad agosto
Tappa successiva: La casa del boia 1,4 km
6. La casa del boia – vicolo del Campanile, 3 (Borgo)
Mastro Titta, il giustiziere del papa
IL LUOGO
Questa tappa ci porta su via della Conciliazione, la grande strada che collega Roma con la Città del Vaticano. Se ci fermiamo sul piazzale antistante Castel Sant’Angelo e ci voltiamo a sinistra, possiamo già vedere in lontananza due file di palazzi che inquadrano la cupola della Basilica di San Pietro. Proseguendo in quella direzione su via della Conciliazione per circa 200 metri, svoltando alla seconda traversa a destra, raggiungiamo vicolo del Campanile.
Il suo nome si deve al campanile della chiesa di Santa Maria in Traspontina che vediamo sulla destra appena imboccata la strada. Ma la fama di questa via è dovuta soprattutto al palazzetto che incontriamo alla nostra sinistra addentrandoci per pochi passi. Questa, infatti, è stata la casa del boia più famoso della Roma papale: Giovan Battista Bugatti, noto come Mastro Titta.
LA STORIA
Iniziamo questo racconto dando un po’ di numeri. Mastro Titta inizia la sua lunga carriera di boia a soli 17 anni, il 22 marzo del 1796. Da quel giorno fino al 1864 effettua ben 516 esecuzioni capitali, servendo 6 papi, da Pio VI a Pio IX. Un curriculum davvero impressionante.
In cambio dei suoi servigi, i papi gli concedono uno stipendio e una casa vicino a San Pietro, quella che abbiamo davanti, dalla quale si allontana solo quando c’è un lavoro da svolgere. Le esecuzioni, infatti, non hanno luogo in territorio vaticano, ma sull’altra sponda del Tevere: a Piazza del Popolo, Campo de’ Fiori e a Piazza del Velabro. Per questo in città il detto “boia passa ponte” non promette nulla di buono. Per l’occasione Mastro Titta indossa il suo mantello rosso e raggiunge il patibolo, circondato da centinaia di persone trepidanti che aspettano solo l’atto finale del macabro spettacolo. Secondo l’usanza, nel momento in cui i condannati vengono giustiziati, i padri assestano un ceffone ai propri figli maschi, perché ricordino il prezzo che si paga a sfidare la legge.
Il menù offerto dal boia ai condannati è vario: si va dal mazzolamento – l’uccisione con un colpo di mazza – all’impiccagione, dalla decapitazione con la scure (prima della rivoluzione francese) a quella con la ghigliottina. In caso di reati gravissimi, come l’uccisione di un uomo di chiesa, lo show si fa ancora più raccapricciante, con lo squartamento dei cadaveri e l’esibizione degli arti ai quattro angoli del patibolo.
A spettacolo concluso, Mastro Titta ripulisce dal sangue la sua l’attrezzatura e, scortato dalle guardie pontificie, si avvia verso la sua casa sulla riva destra del Tevere, in attesa di una nuova esecuzione.
NELLE VICINANZE
Da qui basta proseguire per 200 metri su via della Conciliazione per arrivare a piazza San Pietro, cuore della cristianità mondiale e Patrimonio dell’umanità Unesco. Siamo letteralmente circondati dalle opere di alcuni dei maggiori artisti della storia: dal Colonnato della piazza, opera del Bernini alla cupola della Basilica progettata da Michelangelo, per non parlare delle meraviglie che ci aspettano all’interno, come il Baldacchino e la Cattedra di San Pietro, sempre opera del Bernini, la Pietà di Michelangelo, il Mosaico della Navicella di Giotto o la Tomba di Clemente VII di Canova.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Ottaviano
Autobus: 23, 40, 62, 982
ZTL: NO
Tappa successiva: Palazzo del Quirinale 2,5 km
7. Palazzo del Quirinale – piazza del Quirinale (Trevi)
Napoleone e l’arresto di papa Pio VII
IL LUOGO
Questa tappa ci porta su uno dei sette colli originari di Roma, il cui nome deriverebbe dalla presenza di un tempio edificato nel IV secolo a.C. dedicato al dio Quirino. Ad accoglierci all’arrivo ci sono la Fontana dei Dioscuri e le statue dei gemelli divini Càstore e Pollùce che un tempo adornavano le vicine Terme di Costantino.
Ma la piazza è famosa soprattutto per il palazzo che ospita, eretto alla fine del Cinquecento come residenza estiva dei papi e col tempo diventato una seconda residenza ufficiale, al pari del Vaticano. Con l’annessione di Roma al Regno d’Italia, l’edificio passa nelle mani dei Savoia, che ne fanno il loro palazzo fino al 2 giugno del 1946: è questa la data in cui il referendum istituzionale decreta la fine della monarchia, e il Quirinale diventa la sede del Presidente della Repubblica italiana.
LA STORIA
Eletto papa nel 1800, Pio VII si trova fin da subito a doversi occupare della una profonda crisi che attraversa lo Stato Pontificio, messo a dura prova dalla Rivoluzione francese e ora oggetto delle mire di Napoleone Bonaparte. Inizialmente il pontefice fa tutto il possibile per salvaguardare il vacillante trono papale, scendendo a patti con Napoleone, stipulando un concordato tra Stato e Chiesa nel 1801 e presenziando alla sua incoronazione a imperatore nella cattedrale di Notre-Dame nel 1804.
Ma ben presto i rapporti tra i due sovrani si guastano irrimediabilmente. Il punto di non ritorno si raggiunge nel maggio del 1809, quando Napoleone, con un decreto emesso a Vienna, annette tutti i territori dello Stato Pontificio all’impero. Solo un mese più tardi, il 10 giugno, le bandiere pontificie dei palazzi del potere romani vengono ammainate per essere sostituite con il tricolore francese. La reazione del papa non si fa attendere e, respingendo il decreto unilaterale di Napoleone – dal Palazzo del Quirinale dove si è rifugiato – lancia la scomunica verso “i ladri del patrimonio di San Pietro”.
La notte tra il 5 e il 6 luglio il generale Radet, su ordine diretto di Napoleone, si presenta al Quirinale per arrestare il papa. Scavalcate le mura dei giardini e forzate le porte del palazzo, i soldati francesi irrompono negli appartamenti papali dove, nonostante siano quasi le tre del mattino, Pio VII li attende vigile. Alla richiesta di Radet di ritirare la scomunica e di rinunciare alla sovranità su Roma e sui possedimenti dello Stato della Chiesa, il papa risponde deciso: “Non possiamo. Non dobbiamo. Non vogliamo”.
Vivrà da prigioniero per quasi cinque anni, fino al 24 maggio del 1814, quando tornerà a Roma accolto dal popolo esultante.
NELLE VICINANZE
Oltre al valore storico, il Palazzo del Quirinale è un vero e proprio museo, con decine di sale e ambienti visitabili, tra cui i meravigliosi giardini, testimoni di un patrimonio artistico, storico e culturale di inestimabile valore. Dalla piazza, procedendo per circa 400 metri su via del Quirinale, si arriva all’incrocio delle Quattro Fontane, chiamato così per la presenza ai quattro angoli della strada di altrettante fontane. Realizzate alla fine del Cinquecento, hanno come soggetto due figure maschili, il Tevere e l’Arno, e due femminili, Diana e Giunone.
INFO
Il palazzo del Quirinale è visitabile dalle 9.30 alle 16.00 (ultimo ingresso ore 14:30) nei seguenti giorni: mercoledì, venerdì, sabato e domenica.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Barberini
Autobus: 64, 70, 71, 117, 170, H
ZTL centro storico
Diurna: lun – ven dalle 6:30 alle 18:00 (esclusi festivi), sab dalle 14:00 alle 18:00 (esclusi festivi)
Notturna: ven e sab dalle 23:00 alle 3:00 (esclusi i festivi, non attiva ad agosto)
Tappa successiva: Piazza del Popolo 1,6 km
Info di servizio: Visitabile mer, ven, sab e dom dalle 9:30 alle 16:00 (ultimo ingresso 14:30)
8. Piazza del Popolo (Campo Marzio)
Una ghigliottina per Targhini e Montanari
IL LUOGO
Entrando in Piazza del Popolo dalla porta omonima, ci si rende subito conto di trovarsi in uno dei luoghi più suggestivi di Roma. Al centro svetta l’Obelisco flaminio, innalzato nel 10 a.C. nel Circo Massimo per celebrare la conquista dell’Egitto e trasferito qui nel 1589, mentre sul fondo della piazza, separate dalle chiese gemelle di Santa Maria in Montesanto e Santa Maria dei Miracoli, ha inizio il famoso “tridente” costituito da via del Babuino, via del Corso e via di Ripetta.
Fino all’inizio dell’800 la piazza non aveva l’aspetto monumentale odierno, ma era un semplice slargo, spesso utilizzato per le esecuzioni capitali. Una di queste è rimasta impressa nella mente dei romani, tanto da essere ricordata da una lapide posta sul muro della caserma dei carabinieri che fronteggia la chiesa di Santa Maria del Popolo, a ridosso della porta.
Nel 1825 lo Stato pontificio deve fare i conti con i tumulti provocati da una popolazione stanca di vivere sotto il giogo di un potere assoluto e dispotico, per nulla aperto alle nuove idee liberali che circolano in Europa. Spesso il papa deve ricorrere all’intervento delle truppe pontificie per le ribellioni più violente, molte delle quali istigate da cittadini appartenenti a vere e proprie società segrete: tra queste la più nota è la Carboneria. Tra le sue fila militano due rivoluzionari venticinquenni, Angelo Targhini e Leonida Montanari che, venuti a sapere di un affiliato, tal Filippo Spada, che ha intenzione di spifferare alle autorità le identità e i piani dei suoi compagni carbonari, decidono di toglierlo di mezzo.
Il loro piano però non va a buon fine, perché Spada riesce a sopravvivere prima alla coltellata inflittagli da Targhini e poi al colpo di grazia tentato da Montanari. I due vengono rintracciati, arrestati e condannati. La sentenza deve servire da lezione per chiunque trami contro il governo ed è la più dura che si possa immaginare: decapitazione per mezzo di ghigliottina. Il patibolo viene allestito il 23 novembre del 1825 in una piazza del Popolo gremita e il boia incaricato a far cadere la lama sulle teste dei due giovani è il celebre Mastro Titta.
Invitati a pentirsi di fronte a Dio, i due condannati rifiutano, affrontando la loro fine con una serenità e una sfrontatezza entrata nell’immaginario collettivo. Il primo a poggiare il collo sulla ghigliottina è Targhini, che guarda la lama con una risata beffarda prima che questa gli porti via la testa. Poi è il turno di Montanari, che saluta Mastro Titta sarcasticamente dicendogli: “Addio, collega!”.
NELLE VICINANZE
Appena entrati da Porta del Popolo, alla nostra sinistra si trova la chiesa di Santa Maria del Popolo. Restaurata dal Bernini, al suo interno custodisce due capolavori di Caravaggio, la Conversione di san Paolo e la Crocifissione di san Pietro, nonché l’Assunzione di Annibale Carracci e diversi affreschi del Pinturicchio. Nei sotterranei è ospitato il Museo Leonardo da Vinci (il cui ingresso è al lato della chiesa) che espone studi e bozzetti originali delle sue opere, insieme a macchinari riprodotti sulla base di codici manoscritti dello stesso Leonardo.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Flaminio
Autobus: 61, 89, 119, 120F, 150F, 160, 490, 495, 590
Tram 2
Treno linea Roma/Viterbo
ZTL centro storico
Diurna: lun – ven dalle 6:30 alle 18:00 (esclusi festivi), sab dalle 14:00 alle 18:00 (esclusi festivi)
Notturna: ven e sab dalle 23:00 alle 3:00 (esclusi i festivi, non attiva ad agosto)
ZTL Tridente
lun – ven dalle 6:30 alle 19:00 (esclusi festivi)
sab dalle 10:00 alle 19:00 (esclusi festivi)
Tappa successiva: Monumento a Goethe 1,1 km
9. Monumento a Goethe – viale San Paolo del Brasile (Villa Borghese)
Roma, capitale del Grand Tour
Questa tappa ci porta a passeggio nel parco più celebre e frequentato del centro: Villa Borghese, nel cuore del quartiere Pinciano. Essendo molto estesa (80 ettari), ha numerosi ingressi, ma il più vicino alla nostra meta è quello di Porta Pinciana, che si apre alla fine della celeberrima via Veneto. Superata la porta, infatti, basta proseguire per circa 400 metri su viale San Paolo del Brasile per arrivare davanti al monumento dedicato a Johann Wolfgang von Goethe, lo scrittore e poeta tedesco che ha vissuto a Roma un momento fondamentale della sua formazione intellettuale, umana e spirituale. Opera in marmo di Carrara dello scultore Valentino Casali, donato alla città dall’Imperatore tedesco Guglielmo II come simbolo di amicizia tra Germania e Italia, il monumento è stato inaugurato il 5 agosto 1904 alla presenza di re Vittorio Emanuele III.
LA STORIA
Nel XVIII secolo il Grand Tour è diventato una consuetudine tra i rampolli dell’aristocrazia, gli intellettuali e gli artisti di tutta Europa. Consiste in un lungo viaggio di formazione culturale che ha come meta prediletta l’Italia, per il suo clima mite, le sue bellezze paesaggistiche e soprattutto i suoi inestimabili tesori artistici e archeologici. Roma, in particolare, è una tappa imprescindibile di questo viaggio.
Goethe soggiorna in città in due diversi momenti tra l’ottobre del 1786 e il giugno del 1788, andando ad abitare in un palazzo che ospita altri artisti provenienti dalla Germania, lo stesso che oggi si trova in via del Corso 18, sede del Museo Casa di Goethe. Ha 37 anni e, per la prima volta nella sua vita, vede con i propri occhi monumenti e luoghi dell’antichità classica che fino a quel momento ha solo immaginato, rimanendone letteralmente incantato. Nel corso delle sue visite alle meraviglie della città eterna si premura di descrivere minuziosamente non solo le caratteristiche dei luoghi visitati, ma soprattutto le emozioni che prova e le continue sensazioni di stupore che gli scuotono l’animo.
Quarant’anni dopo la sua visita, tutte queste impressioni confluiscono nel saggio intitolato Viaggio in Italia, in cui l’autore offre un resoconto del suo personale Grand Tour parlando della città in questi termini: “Roma è la capitale del mondo. In questo luogo si riallaccia l’intera storia del mondo, e io conto di essere nato una seconda volta, d’essere davvero risorto, il giorno in cui ho messo piede a Roma. Le sue bellezze mi hanno sollevato a poco a poco fino alla loro altezza”.
NELLE VICINANZE
Dal punto in cui ci troviamo, basta percorrere 200 metri su viale Goethe e svoltare a sinistra su viale del Museo Borghese per raggiungere la Galleria Borghese, uno dei musei più importanti d’Italia, in cui sono esposte opere di artisti come Bernini, Caravaggio, Raffaello, Tiziano, Canova e molti altri. Villa Borghese ospita molti altri luoghi d’interesse, come il laghetto con l’isolotto del Tempio di Esculapio, il Globe Theatre – una riproduzione dell’originale teatro Shakespeariano – il Bioparco e il Museo civico di zoologia.
INFORMAZIONI UTILI
Metro A: fermata Flaminio
Autobus: 61, 89, 120F, 150F, 160, 490, 495, 590, C3
ZTL centro storico
Diurna: lun – ven dalle 6:30 alle 18:00 (esclusi festivi), sab dalle 14:00 alle 18:00 (esclusi festivi)
Notturna: ven e sab dalle 23:00 alle 3:00 (esclusi i festivi, non attiva ad agosto)
Tappa successiva: Villa Albani 1,7 km
10. Villa Albani – via Salaria, 92 (Trieste-Salario)
Winckelmann e la nascita dell’archeologia
IL LUOGO
Come punto di riferimento per questa tappa prendiamo piazza Fiume, il grande slargo attraversato da corso d’Italia che conserva i resti dell’antica Porta Salaria delle Mura Aureliane. Da qui bisogna prendere proprio la via Salaria, che qui inizia, e percorrerla per circa 300 metri fino ad arrivare al civico 92, dove ci accoglie l’elegante cancello d’ingresso di Villa Albani.
Si tratta della vasta tenuta che il cardinale Alessandro Albani, nipote di papa Clemente XI, si è fatto costruire tra il 1747 e il 1763 per accogliere la sua inestimabile raccolta di antichità. Una vera e propria villa-museo in cui esporre, fra i grandi saloni interni e gli otto ettari di parco, le centinaia di sculture che il cardinale colleziona, tra le quali figurano capolavori dell’arte romana e rari originali greci.
L’ambiente colto e raffinato della corte papale di inizio Settecento in cui cresce Alessandro Albani, gli trasmette fin da giovanissimo la passione per l’arte. A poco più di vent’anni il futuro cardinale possiede già una consistente collezione di opere antiche. Una collezione che è destinata a crescere esponenzialmente, grazie agli scavi archeologici che egli stesso promuove nei dintorni di Roma e alle acquisizioni personali che effettua negli anni successivi.
La sua raccolta di antichità diventa presto talmente nutrita da indurlo a farsi costruire una residenza destinata ad accoglierla. Non si tratta, però, di un mero deposito, ma di un complesso architettonico pensato come una cornice per le opere d’arte. Un vero e proprio museo privato, insomma, tappa obbligata per tutti gli amanti dell’arte antica di passaggio a Roma, destinato a diventare un circolo culturale europeo a tutti gli effetti.
La sistemazione ordinata delle varie sculture nelle sale e nel parco della villa è opera di Johann Joachim Winckelmann. Poliedrico studioso tedesco, giunge a Roma nel 1755 e due anni più tardi viene nominato dal cardinale Albani bibliotecario e curatore delle sue opere d’arte. Appassionato anch’egli di arte classica e dotato di una cultura fuori dal comune, a Villa Albani Winckelmann ha modo di studiare meticolosamente le sculture e i testi antichi, venendo riconosciuto presto come un’eminenza nel campo dell’arte classica, tanto da essere nominato nel 1764 Soprintendente alle antichità di Roma. Unendo all’erudizione antiquaria tipica del collezionismo settecentesco lo spirito classificatorio proprio dell’Illuminismo, il suo metodo di studio porta alla creazione di una nuova scienza: l’archeologia.
NELLE VICINANZE
Prendendo via di Villa Albani – la strada che costeggia il lato destro della villa – e percorrendola fino alla fine, si giunge a una scalinata che porta su via Frosinone. Se proseguiamo per un centinaio di metri su questa strada, giungiamo a via Nizza, dove si trova l’edificio dalla superficie specchiata che ospita il Macro, il Museo di Arte Contemporanea di Roma. Realizzato su un’area precedentemente occupata dalla fabbrica storica della Birra Peroni, comprende varie sale espositive e spazi dedicati all’arte contemporanea in ogni sua forma.
INFO
Villa Albani è visitabile compilando l’apposita richiesta sul sito www.fondazionetorlonia.org
Macro di via Nizza aperto dal martedì alla domenica dalle 11 alle 19
INFORMAZIONI UTILI
Metro B: fermata Policlinico
Autobus: 38, 80, 89
Tram 3L, 19
ZTL: NO
Info di servizio: Villa Albani è visitabile compilando l’apposita richiesta sul sito www.fondazionetorlonia.org
(Testi a cura di Marco Eusepi, podcast a cura di Francesca Chiarantano)
SCOPRI: “Roma StoryWalk La Mappa – I percorsi della Storia”